• Mondo
  • Venerdì 21 maggio 2010

I conflitti d’interesse sulla macchia di petrolio

Il New York Times elenca alcuni dei conflitti d'interesse che diminuiscono la chiarezza sulle responsabilità della BP

Sono diversi i conflitti d’interesse in campo dopo l’affondamento della piattaforma Deepwater Horizon, che ha disperso e sta tuttora disperdendo tonnellate di petrolio nel golfo del Messico.

La legge sull’inquinamento da petrolio del 1990 — passata dopo il disastro della Exxon Valdez — ha stabilito che le aziende incriminate debbano prendere parte attivamente alla pulizia della perdita che hanno creato. Se da un lato questo li obbliga a una maggiore responsabilità, dall’altro crea complicazioni che portano inevitabilmente a una minor chiarezza delle operazioni. Il New York Times elenca tre conflitti d’interessi.

Primo caso: le organizzazioni ambitentaliste stanno raccogliendo migliaia di campioni che serviranno poi a stabilire quali sono state le conseguenze del disastro: acque, sedimenti marini, tessuti animali, rilevamenti che diventeranno poi prove per stabilire le responsabilità della BP, l’azienda che possiede la piattaforma petrolifera. Il problema è che il laboratorio in cui i campioni verranno analizzati, scelto dai funzionari federali, è di proprietà di un’azienda texana che si occupa di rilevamenti petroliferi e che ha tra i propri clienti proprio la BP.

Secondo caso: molti volontari, sempre di gruppi ambientalisti, stanno aiutando gli uccelli infetti dal petrolio, raccogliendo dati e informazioni da potere poi usare per calcolcare le sanzioni sulla perdita. Ma gli ufficiali federali hanno detto loro che quel lavoro dev’essere svolto da una compagnia ingaggiata dalla BP, non da volontari: l’azienda è responsabile, e lei deve occuparsene.

Terzo caso: le “porte girevoli”, come le definisce il New York Times, tra l’azienda e il governo. Un esempio: il vicesottosegretario della sezione risorse e territorio del dipartimento degli Interni è Sylvia Baca, che ha lavorato per otto anni alla BP. La sua sezione supervisiona la Minerals Management Service, che a sua volta regolamenta le trivellazioni. Le politiche anti-conflitto d’interessi le vietano di prendere parte a decisioni che riguardano direttamente il disastro in Louisiana, ma è chiaro che il suo passato può gettare ombre sulla trasparenza della supervisione delle compagnie petrolifere.