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  • Giovedì 13 maggio 2010

Ricomincio da Tampa

Perché i repubblicani hanno deciso di fare in Florida la loro convention del 2012?

di Francesco Costa

ST. PAUL, MN - SEPTEMBER 03: A cowboy hat sits on a delegate chair among signs on day three of the Republican National Convention (RNC) at the Xcel Energy Center on September 3, 2008 in St. Paul, Minnesota. The GOP will nominate U.S. Sen. John McCain (R-AZ) as the Republican choice for U.S. President on the last day of the convention. (Photo by Justin Sullivan/Getty Images)
ST. PAUL, MN - SEPTEMBER 03: A cowboy hat sits on a delegate chair among signs on day three of the Republican National Convention (RNC) at the Xcel Energy Center on September 3, 2008 in St. Paul, Minnesota. The GOP will nominate U.S. Sen. John McCain (R-AZ) as the Republican choice for U.S. President on the last day of the convention. (Photo by Justin Sullivan/Getty Images)

Il partito repubblicano statunitense ha scelto la città di Tampa, in Florida, per la sua convention presidenziale del 2012. Le altre città in lizza erano Salt Lake City, in Utah, e Phoenix, in Arizona. Di cosa si tratta lo sapete tutti, ma hai visto mai: lo spettacolare festival a metà tra il congresso politico e la convention aziendale durante il quale i partiti ufficializzano la loro scelta per il candidato da presentare alle elezioni presidenziali. Perché a questo giro i repubblicani hanno deciso di farla proprio a Tampa? Perché hanno deciso così presto, mentre i democratici si prenderanno ancora qualche mese?

La prima ragione è che Tampa si trova in Florida e la Florida è uno dei cosiddetti swing states, gli stati viola: quelli sempre in bilico tra democratici e repubblicani, e che quindi spesso decidono l’esito finale del voto. La Florida inoltre è il più popoloso tra gli swing states, e porta in dote ventisette grandi elettori. Le convention fanno vincere le elezioni? No, ovviamente. Non c’è niente che da solo faccia vincere le elezioni, ma tutto fa brodo: decidere di tenere una convention in un determinato stato – oltre a portare su quel territorio grandi attenzioni mediatiche e una montagna di quattrini – è segno di interesse e attenzione. Farlo in uno stato che nel 2000 decise da che parte stare per appena cinquecento voti può fare la differenza.

La seconda ragione è che la Florida è uno stato pieno di latinoamericani. Fino al 2006 la comunità latina ha rappresentato un grande bacino di voti per i repubblicani. Sebbene la destra italiana fatichi a comprenderlo, opponendosi al voto agli immigrati anche per ragioni elettorali, la realtà è che gli immigrati – naturalizzati o no – votano prevalentemente partiti conservatori: hanno posizioni conservatrici sui cosiddetti temi etici (aborto, diritti civili, matrimoni gay), sono molto religiosi e apprezzano i politici che fanno della “difesa della famiglia” la loro bandiera. A forza di legislazioni repressive e demagogie populiste sull’immigrazione da parte dei repubblicani, però, la comunità latina s’è un po’ rotta le scatole, e dal 2006 una sua buona parte ha cominciato a votare democratico. Lo studio dei flussi elettorali e demografici parla chiaro: se i repubblicani continueranno ad alienarsi la comunità latina, non avranno grandi speranze di riconquistare la Casa Bianca. Scrive Chris Weigant su Huffington Post:

La politica contro gli immigrati latini può garantire ai repubblicani un vantaggio nel breve termine, ma può anche alienare loro i consensi di questa comunità per un’intera generazione. E i latinoamericani sono sia il più grande gruppo etnico degli Stati Uniti, nonché quello che cresce più velocemente. Questo genere di politiche potrebbe ottenere l’effetto di regalare l’intera comunità latinoamericana ai democratici, come già avvenuto in passato con gli afroamericani.

La terza ragione è speculare alla seconda, ed è che sia Salt Lake City che Phoenix sarebbero state delle scelte identitarie e quindi difensive. Salt Lake City è nello Utah, roccaforte repubblicana e stato composto a grandissima maggioranza da bianchi; Phoenix è la capitale dell’Arizona, e decidere oggi di tenere lì la convention sarebbe equivalso inevitabilmente a un sostegno indiscriminato alla discussa legge sull’immigrazione di cui si è molto parlato nelle ultime settimane. Inoltre Phoenix in agosto è una vera fornace, e questo avrebbe reso ulteriormente complicata la gestione di un evento del genere.

La quarta ragione è la speranza che questa decisione rafforzi il partito repubblicano della Florida in vista delle elezioni di metà mandato del prossimo novembre. In Florida infatti si tiene una delle elezioni più interessanti di questo giro. Tra i repubblicani si contendevano un seggio al senato il governatore Charlie Crist, moderato e popolare, più volte in odore di candidatura alla Casa Bianca, e Marco Rubio, idolo degli ultraconservatori e dei tea party. Ma ultimamente tra i repubblicani i moderati vanno poco di moda, e dopo mesi in cui Rubio ha surclassato Crist nei sondaggi e nella raccolta fondi, il governatore della Florida ha deciso di lasciare il partito repubblicano e candidarsi alle elezioni come indipendente. Se i sondaggi fatti in vista delle primarie repubblicane non gli davano alcuna chance di spuntarla su Rubio, infatti, i sondaggi fatti sull’intero elettorato lo danno in testa. Insomma, i repubblicani rischiano di perdere – per colpa loro, e dei loro elettori – un seggio al senato la cui conquista sembrava scontata. E tutto fa brodo, anche da qui a novembre.