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  • Venerdì 21 novembre 2014

Il tariffario dei sacramenti

Papa Francesco ha criticato molto duramente la consuetudine di alcune parrocchie di celebrare matrimoni e battesimi dietro pagamento di una cifra esatta

Pope Francis (C) celebrates several weddings as part of a mass at St Peter's basilica on September 14, 2014 at the Vatican. AFP PHOTO / ALBERTO PIZZOLI (Photo credit should read ALBERTO PIZZOLI/AFP/Getty Images)
Pope Francis (C) celebrates several weddings as part of a mass at St Peter's basilica on September 14, 2014 at the Vatican. AFP PHOTO / ALBERTO PIZZOLI (Photo credit should read ALBERTO PIZZOLI/AFP/Getty Images)

Venerdì 21 novembre nella chiesa di Santa Marta a Roma papa Francesco ha tenuto un’omelia molto severa nei confronti dell’abitudine di alcune parrocchie cattoliche di istituire una specie di tariffario per celebrare cerimonie come matrimoni e battesimi. Il Papa ha ricordato che «la redenzione di Dio è gratuita» e che un comportamento del genere da parte di una certa parrocchia «scandalizza» le persone e costituisce peccato.

Il Papa ha preso spunto dal brano di Vangelo previsto per oggi dal cosiddetto “rito romano”, un testo della Chiesa che ordina i brani dell’Antico e del Nuovo Testamento da leggere in ciascun giorno dell’anno. Il brano di oggi era tratto dal 19esimo capitolo del Vangelo di Luca ed è incentrato su una scena in cui Gesù Cristo entra in un tempio ebraico di Gerusalemme e caccia dal posto quelli che il Vangelo definisce «i venditori», accusandoli di aver reso il tempo «una spelonca di ladri». L’episodio è generalmente noto come “la cacciata dei mercanti”, è presente in tutti e quattro i Vangeli – quello che descrive più dettagliatamente l’episodio è quello di Giovanni – ed è stato il soggetto di diversi quadri anche piuttosto noti, nel corso della storia. Una delle interpretazioni più letterali del testo (che è anche quella predicata dal Papa, oggi) suggerisce che la chiesa, secondo Gesù Cristo, debba essere un luogo dedito alla gratuità e che le cerimonie nelle quali vengono contratti dei sacramenti – cioè dei legami fra il credente e Dio – non possano essere “pagate”, in nome del rapporto disinteressato fra il credente e il proprio Dio e viceversa (una delle altre interpretazioni suggerisce che l’episodio dei mercanti rappresenti una critica alle religioni pagane, dove la divinità consisteva in una entità onnipotente alla quale chiedere dei favori, in cambio di certi atti o sacrifici).

Papa Francesco ha raccontato di pensare «allo scandalo che possiamo fare alla gente con il nostro atteggiamento» e che ha detto «ci sono due cose che il popolo di Dio non può perdonare: un prete attaccato ai soldi e un prete che maltratta la gente», invitando i credenti a “ribellarsi” al proprio parroco se questo istituisce un tariffario. Il Papa ha anche raccontato un proprio aneddoto personale legato al tema:

Una volta, appena sacerdote, io ero con un gruppo di universitari, e voleva sposarsi una coppia di fidanzati. Erano andati in una parrocchia: ma, volevano farlo con la Messa. E lì, il segretario parrocchiale ha detto: ‘No, no: non si può’ – ‘Ma perché non si può con la Messa? Se il Concilio raccomanda di farlo sempre con la Messa …’ – ‘No, non si può, perché più di 20 minuti non si può’ – ‘Ma perché?’ – ‘Perché ci sono altri turni’ – ‘Ma, noi vogliamo la Messa!’ – ‘Ma pagate due turni!’. E per sposarsi con la Messa hanno dovuto pagare due turni.

Non ci sono dati per capire quanto effettivamente sia diffuso il fenomeno. In molte parrocchie, in seguito a una cerimonia come un battesimo o un funerale, è pratica comune lasciare un’offerta libera alla parrocchia che l’ha ospitato, anche per compensare eventuali costi sostenuti dalla comunità per celebrare il rito (l’acquisto dei materiali da celebrazione come abiti e candele o banalmente il riscaldamento della chiesa che ha ospitato la cerimonia).

Quella del “tariffario” pubblicato da alcune parrocchie è una questione che avanti da diversi anni, almeno in Italia. Fra il 1993 e il 1994 il Sinodo dei vescovi di Milano parlò di “libera offerta” e stabilì che «la celebrazione delle nozze» fosse «pure occasione per esprimere la carità, con gesti di condivisione verso i poveri, e per mostrare attenzione alle necessità della comunità parrocchiale: in tal senso sia vissuta anche la consuetudine di dare una libera offerta alla parrocchia». Nel 2002, il Corriere della Sera scriveva che il Vicariato di Roma – un ente che sovrintende a tutte le parrocchie della città – in occasione del passaggio dalla lira all’euro aveva inviato a tutte le parrocchie una circolare in cui indicava il cambio di prezzi da praticare in occasione della celebrazione di un rito.

L’ obolo per la celebrazione di una messa, che prima era di sole 15.000 lire, passa a 10 euro (19.363 lire). L’ offerta massima per un matrimonio, che prima era di 450.000 lire, aumenta a 270 euro (523.000 lire). La circolare precisa che la cifra riguarda i matrimoni celebrati per gli «esterni», mentre per i parrocchiani l’offerta rimane libera, così come per battesimi e funerali.

Nel settembre del 2014 un documento del vescovo della diocesi di Alife-Caiazzo (che fa parte dell’arcidiocesi di Napoli) ha scritto che «coloro che contraggono il matrimonio sono tenuti a contribuire alle necessità della Comunità parrocchiale (manutenzione dell’edificio sacro, spese per il culto, aiuto ai poveri…) con una congrua offerta. Per ragioni di giustizia e di carità, si chiede che tale offerta sia equivalente almeno al costo di un coperto del banchetto di nozze per i fedeli della Diocesi di Nife-Caiazzo e di due per quelli provenienti da altre Diocesi». Secondo il quotidiano online oggiBenevento si tratta cioè di una cifra compresa fra i 110 e i 400 euro.

foto: ALBERTO PIZZOLI/AFP/Getty Images