Quattro regole per le regole

Io non credo siano sbagliate le preoccupazioni del PD sui rischi che il risultato delle primarie sia influenzato da votanti che in linea logica non dovrebbero partecipare alla scelta del candidato premier del centrosinistra. È giusto che i veri elettori del centrosinistra siano tutelati, è giusto che non succedano cose spiacevoli e motivo di conflitti e recriminazioni successive. È giusto capire quali rischi ci sono e introdurre degli eventuali accorgimenti. Ma questo deve avvenire a quattro condizioni:

1. non si devono accampare rischi inesistenti e terrorismi su precedenti inventati. Il PD ha ormai una cospicua storia di organizzazione delle primarie e si è sempre detto orgoglioso dei loro successi, ancor più per quelle nazionali. Quando le primarie hanno avuto dei guai – casi rarissimi, e una decina di firme inventate non fanno broglio – i guai hanno rivelato problemi locali – di cui tenere conto – e non limiti del sistema delle primarie così come è concepito.

2. non si deve inventare una categoria di “non elettori del centrosinistra”, che è una contraddizione in termini. Se il paese si dividesse tra “elettori del centrosinistra” e “non elettori del centrosinistra” non si farebbero le elezioni. Esistono molte persone che non sanno chi voteranno, e molte non lo sapranno fino all’ultimo, ed è un loro diritto. Io stesso andrò a votare alle primarie e non ho ragioni per escludere oggi la possibilità di non votare alle elezioni: e immagino molti altri. Aggiungo: se ci sono persone che non hanno mai votato il centrosinistra e che sono disposte a farlo se il candidato fosse Matteo Renzi – un uomo del PD, si dà il caso – quelli sono elettori del centrosinistra quanto lo sono io ed è giusto che siano presi in considerazione nella scelta. Sarebbe buffo che il PD preferisca un candidato (del PD) che dia al PD meno voti a un candidato (del PD) che dia al PD più voti.

3. non si citi l’esempio americano. In molti degli Stati Uniti le regole sulle primarie sono definite da una cosa che qui non esiste: la dichiarazione di “affiliazione” a un partito – non vincolante – che viene fatta quando ci si registra per il voto. E non in tutti gli stati è richiesta. In altri stati vota chi vuole, e si può votare per le primarie di uno o dell’altro partito Quindi nessuno dei limiti eventualmente proposti qui sia sostenuto con l’alibi di un preteso modello americano, che non esiste o è molto vario e libero.

4. non si dia l’impressione che si cambino delle regole che si sono dimostrate valide e soddisfacenti in altri casi per via dell’unica novità esistente, ovvero la candidatura Renzi e la sua attrattiva per nuovi elettori. Nel 2005 si votò nell’unico precedente italiano di primarie per il candidato premier: vinse Prodi (uomo capace di prendere voti al centrodestra), furono tutti soddisfatti e quell’occasione è citata ancora oggi come un grande successo politico e organizzativo. Per fare le cose diversamente e in modo insospettabile ci vogliono prove indiscutibili che sia necessario e che qualcosa sia diverso.


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Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).