Il grosso problema di Renzi con la comunicazione

Matteo Renzi è convinto di avere un problema con la comunicazione. «Mi sono accorto che non sempre riusciamo a comunicare le cose che facciamo come vorremmo», ha scritto martedì su Facebook: «Per questo anziché rincorrere le urla, le polemiche, gli insulti stiamo facendo uno sforzo certosino per raccontare quello che abbiamo fatto e che stiamo facendo». Nella pratica, lo “sforzo certosino” si è concretizzato in una serie di iniziative comunicative che persino i professionisti del settore fanno fatica a seguire.

Al momento, Renzi ha tre account social network che usa di frequente e in maniera alternata. Dalla sua pagina Facebook compare spesso in dirette in cui risponde alle domande degli spettatori, nel corso dell’appuntamento #matteorisponde. Ha una newsletter, un sito e un blog. Ha una pagina di sostegno ufficiale, In Cammino, con una sua pagina Facebook e un suo profilo Twitter. Ha il sito del partito, con relativa pagina Facebook, su cui vengono mandati in diretta due eventi fissi giornalieri a cui partecipa spesso di persona: #orenove, una rassegna stampa mattutina, e #terrazzaPD, un talk show serale. Ha una serie di pagine Facebook non ufficiali, come Matteo Renzi News e Adesso ti informo. Ha rifondato il giornale di partito, L’Unità, che però ora si trova in grossi guai. Da pochi giorni ne ha fondato un altro ancora, Democratica, che si scarica da internet.

Renzi ha un rapporto altrettanto irrequieto con lo staff che segue la sua comunicazione e quella della segreteria nazionale del partito, un gruppo nel quale si sono succeduti giornalisti ed esperti come Filippo Sensi, Jim Messina, Alessio De Giorgi, Alessia Rotta, Francesco Nicodemo, Matteo Richetti, Michele Anzaldi, Simona Ercolani e molti altri.

La ragione di questo affastellarsi di progetti e di consulenti è che Renzi ritiene che il suo buon operato quando era al governo per qualche ragione non venga apprezzato a sufficienza dagli italiani. E questo si riflette nel calo del suo partito nei sondaggi, in quello della stima che hanno gli italiani nei suoi confronti e nei pessimi risultati alle elezioni degli ultimi due anni. Quello dei problemi di comunicazione è un tema che Renzi solleva oramai da più di un anno. Nella newsletter del maggio 2016 si domandava come mai gli italiani non avessero apprezzato il taglio delle tasse e chiedeva ai suoi lettori di aiutarlo «a capire dove ho sbagliato».

Nel corso dei mesi, ha provato a fornire alcune risposte a questa domanda. Ha ammesso parte delle sue responsabilità personali, ma soprattutto ha incolpato fenomeni esterni: le “fake news”, i social network, l’uso di una comunicazione non abbastanza virale e “cattiva”. Ci sono altre ragioni che si potrebbero citare. Ad esempio, è molto probabile che gli italiani non abbiano percepito un abbassamento delle tasse, perché le tasse sono scese per poche persone.

È impossibile tornare indietro nel tempo e spostare un po’ di risorse dai pensionati alle fasce di popolazione che hanno mostrato meno fedeltà elettorale al PD. Inoltre non credo che combattere le “fake news” o usare una comunicazione più aggressiva e virale cambierà molto le cose. La soluzione al problema di Renzi è, allo stesso tempo, più semplice e più complicata. Quello che a Renzi manca oggi è uno slogan, un’idea, una “narrazione”: non è importante quante pagine fan, quanti profili e quanti giornali uno ha a disposizione se non ha un messaggio da mandare.

Il messaggio, Renzi lo sa benissimo, è il cuore della comunicazione politica. Ma quello che traspare dai suoi ultimi post su Facebook è a dir poco sconfortante. Renzi sembra chiedere ai suoi elettori di ricordare quanto è stato bravo al governo e di rinnovargli la loro fiducia. Il suo messaggio è umile e dimesso, come quando scrive: «Noi non odiamo nessuno. Noi, semplicemente, proviamo a realizzare i nostri progetti». A quali progetti e a quali idee aspiri, però, non è chiaro. La visione del futuro è totalmente assente dai suoi messaggi. Negli ultimi sei mesi, l’unica proposta concreta che ha portato avanti è stata l’elezione diretta del presidente della Commissione europea, un tema che difficilmente scalda i cuori degli italiani. È questo che ha perduto negli ultimi anni: un progetto, accompagnato da poche idee chiare che siano in grado di dare concretezza alla sua visione.

È esattamente il contrario di quello che gli ha consentito in pochi anni di fare una scalata senza precedenti, quando presentandosi come il portatore di un grande rinnovamento, giovanile e dissacrante, è riuscito in due anni a passare da sindaco di Firenze a presidente del Consiglio dei ministri. La sua lunga prova di governo, però, e la mancanza oggettiva di risultati spettacolari, ha rapidamente logorato questa narrazione, che però non è stata ancora sostituita da una nuova. Se le elezioni saranno davvero il prossimo anno, Renzi ha ancora molto tempo per trovarne una, ma una cosa è certa: non sarà implorando i suoi elettori di ricordare i suoi fastosi anni di governo che otterrà una nuova, spettacolare vittoria.

Davide De Luca

Giornalista. Ho scritto per l’Arena di Verona e per l’Agence Europe di Bruxelles. Ho collaborato ad alcuni libri d’inchiesta su CL e la finanza cattolica. Mi piacciono i numeri e l’economia e cerco di spiegarli in modo semplice. Su Twitter sono @DM_Deluca