Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.
domenica 31 Ottobre 2021
Dagli amanti dell’accuratezza certosina nella fattura dei giornali, che molti lettori lamentano si sia perduta (se c’è mai stata), è stata notata la rara precisione con cui il Giornale ha disposto gli opportuni accenti nell’usare la parola “débâcle” in un occhiello di prima pagina di venerdì: le parole francesi sono spesso riportate sui giornali italiani trascurando gli accenti tipici di quella lingua, e ancora di più quando si tratta di accenti circonflessi, inesistenti da noi. E infatti “débâcle” è spesso riportata come “debacle”: lo faceva lo stesso Giornale nel titolo di un suo articolo online del giorno prima, ma anche la Stampa e il Sole 24 Ore sul quotidiano (sul sito invece era corretto). Ma ci sono anche casi in cui ci si spinge fino agli accenti grave o acuto, ma non al circonflesso.
(sui termini francesi nell’informazione italiana aveva scherzato il direttore di Internazionale un paio d’anni fa)
domenica 31 Ottobre 2021
Venti giorni fa una sola azienda ha comprato per un giorno tutte le pagine pubblicitarie del Corriere della Sera: una strana azienda, su cui il Post ha indagato e raccolto informazioni.
“L’edizione di martedì 12 ottobre del Corriere della Sera aveva 56 pagine, di cui 25 occupate da inserzioni pubblicitarie. Con una scelta assai rara, notata da diversi lettori (il rosso della comunicazione era piuttosto visibile), tutte le inserzioni pubblicitarie erano state comprate da un’unica azienda (11 pagine intere e 14 inserti di varia grandezza): Avyium, un sito di e-commerce piuttosto sconosciuto, in cui, suggerivano le pubblicità non tanto esplicite, sono in vendita prodotti di vario tipo, dagli alimentari alla tecnologia. Lo stesso giorno, Avyium aveva pubblicato diverse inserzioni nell’edizione cartacea della Gazzetta dello Sport (con cui collaborava già per articoli promozionali) e aveva trasmesso alcuni suoi spot su La7. La pubblicità di tutte queste testate è gestita da CairoRCS Media”.
domenica 31 Ottobre 2021
Le rilevazioni Audiweb coinvolgono in totale un numero molto esteso di siti di news, oltre a quelli citati nelle tabelle: questi sono i numeri ad agosto (utenti unici/mese) di alcuni di quelli più noti tra i nazionali meno grandi che non sono nelle prime posizioni delle classifiche di cui sopra.
Affari Italiani 2.829.301
Dagospia 2.469.721
Agi 2.012.812
Blitzquotidiano 1.118.401
Linkiesta 840.277
Rolling Stone 627.004
Tag43 65.236
(sugli andamenti di Tag43, nuovo progetto dell’ex direttore del sito di news Lettera43 – che aveva chiuso dopo dieci anni nel 2020 – c’è una prudente analisi di Datamediahub)
domenica 31 Ottobre 2021
Il sito Prima Comunicazione ha pubblicato uno schema dei dati di traffico di agosto dei siti web estraendo una varietà discontinua di siti di informazione. Ricordiamo che non tutti i siti sono iscritti ad Audiweb, e che questi sono dati non esatti, elaborati con un sistema misto di rilevazioni (sistema sulla cui efficienza ci sono tra l’altro investimenti economici straordinariamente più esigui di quelli che per esempio ci sono sulle rilevazioni televisive Auditel). Qui c’è una sintesi maggiore che comprende solo i primi venti siti di news generalisti (c’è un refuso, la seconda colonna di dati indica luglio).
(se vi appassionano le classifiche, e a dimostrazione della varietà delle rilevazioni possibili, qui ci sono i siti di news generalisti calcolati da un’altra società, Comscore, a settembre: sempre elaborati da uno schema di Prima Comunicazione, con altri iscritti e aggregazioni diverse)
domenica 31 Ottobre 2021
La Banca d’Inghilterra, ovvero la banca centrale del Regno Unito, ha diffuso uno studio interno che propone ai suoi responsabili di usare nelle comunicazioni pubbliche – documenti, comunicati, o interventi orali – formulazioni più semplici e che stiano sul punto, dato che i giornali spesso tendono a riprenderle senza un lavoro di maggiore chiarezza e spiegazione: “il giornalista affronta una scelta, scrivere articoli che soddisfino le attese dei lettori farà vendere più copie, ma richiede uno sforzo. Parafrasare la banca centrale può non corrispondere ai desideri del lettore, ma è più facile”. Per far arrivare chiaro il messaggio della Banca, meglio quindi usare frasi brevi e indicare immediatamente il punto delle comunicazioni.
domenica 31 Ottobre 2021
La prima illuminante scoperta fatta dalle testate mondiali che negli scorsi anni hanno spostato priorità e risorse sulla costruzione di programmi di abbonamento online è stata che ottenere nuovi abbonati è solo metà del lavoro: l’altra metà è trattenere quelli che decidono di andarsene, e cancellano gli abbonamenti. La quota di abbonamenti di un giornale non è mai un capitale stabile da far crescere e basta, ma va conservato con attenzioni e strategie che sono in parte diverse da quelle messe in atto per convincere nuovi lettori ad abbonarsi.
Questo lavoro è diventato un impegno e una preoccupazione centrale nelle aziende giornalistiche, ancora di più quest’anno, passato il periodo più intenso della pandemia (e per gli americani delle elezioni) in cui gli abbonamenti erano molto aumentati per maggior bisogno di informazioni e domanda di giornalismo di qualità: nel 2021 c’è stata una specie di calo di motivazioni, e la questione della “customer retention” è diventata rilevantissima. I siti di news la affrontano soprattutto con sconti e offerte, con comunicazioni motivazionali (“sostieni il giornalismo di qualità”) o con arricchimento dell’offerta di contenuti e servizi per gli abbonati (o ancora, con poca correttezza, costruendo ostacoli nel percorso di cancellazione). Il sito NiemanLab ha fatto una ricerca sulle motivazioni per cui un campione di suoi lettori abbonati a testate americane ha cancellato i propri abbonamenti: le due maggiori motivazioni sono una economica e una di dissenso politico (la prima è affrontabile con sconti e offerte, pratica non tanto lungimirante; la seconda è delicata, perché prenderla in considerazione significa abdicare alla propria indipendenza di linea editoriale). Qui ci sono tutte le 503 risposte divise per testata (sono testate americane o anglofone).
domenica 31 Ottobre 2021
Non solo a Repubblica ma anche al Sole 24 Ore, dove è stato avviato un piano di incentivi all’uscita (due anni di stipendio a chi lascia) e ci saranno prossimi prepensionamenti: la riduzione sarà di 60 giornalisti su 273, riferisce il Fatto. Sarà anche chiusa la stamperia abruzzese di Carsoli.
domenica 31 Ottobre 2021
Se avete visto quel buon film di Spielberg che si chiama The Post, dedicato alla pubblicazione dei “Pentagon papers” sul Washington Post nel 1971, ricorderete che una questione delicata ed eticamente critica nella storia fu l’amicizia dell’editrice del giornale con il ministro della Difesa McNamara (e lo era stata quella con il presidente Kennedy), e il rischio che questo rapporto condizionasse le scelte giornalistiche.
È un vecchio tema del giornalismo importante e potente, quello delle relazioni amichevoli che inevitabilmente finiscono per crearsi tra i maggiori responsabili delle testate (editori, direttori) e rappresentanti del potere politico con proprie agende e priorità che dipendono molto dal ruolo dei giornali. Eliminare queste relazioni personali è raramente realistico, e l’obiettivo dovrebbe essere quello di tenerle più al di fuori possibile dell’ambito in cui i giornali lavorano, e non dare ai lettori occasioni di sospetto o diffidenza (il modo numero uno è rendere più invisibile ed estraneo l’editore, che come abbiamo visto spesso avviene poco nei maggiori quotidiani italiani). È anche vero che la trasparenza su questo tipo di relazioni con la politica può essere a sua volta un approccio corretto con i lettori, laddove il giornale ritenga di poter essere convincente sulla propria indipendenza: non è facile, soprattutto di questi tempi, ma è quello che sembra aver scelto il Corriere della Sera decidendo di dare evidenza ed esibire un affettuoso incontro – sottolineando i “moltissimi anni di amicizia” – tra il proprio editore Urbano Cairo e il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi.
(va detto che solo la sera successiva la televisione di Urbano Cairo, La7, ha trasmesso una serata speciale con l’ex magistrata Ilda Boccassini dedicata in gran parte a raccontare tutte le accuse più gravi contro Silvio Berlusconi)
domenica 31 Ottobre 2021
Le tensioni intorno alla sezione delle opinioni del Wall Street Journal di cui avevamo parlato domenica scorsa si sono rinnovate in questi giorni dopo che il giornale ha deciso di pubblicare una lettera dell’ex presidente Donald Trump piena di falsificazioni pericolose sul risultato delle elezioni: il giorno seguente il giornale ha risposto alle accuse ricevute rivendicando la scelta in un editoriale polemico. L’editoriale conveniva sul fatto che la lettera fosse piena di bugie e aveva toni critici e sprezzanti nei confronti di Trump, ma sosteneva che la stessa “monomania” di un ex presidente di questo rilievo e le sue fesserie (“bananas”) siano una notizia. I critici della scelta hanno obiettato soprattutto al passaggio dell’editoriale che sostiene che “i lettori siano in grado di valutare le sue affermazioni”: è infatti evidente e dimostrato storicamente che le falsificazioni di Trump – e quelle di molti altri a cui i giornali di tutto il mondo danno ospitalità – vengano prese per vere da grandi quote di lettori ed elettori. E la successione di correzioni e smentite alla lettera di Trump contenute nell’editoriale del Wall Street Journal sarebbe stata più efficace e opportuna se pubblicata nella stessa edizione del giornale, e non l’indomani.
domenica 31 Ottobre 2021
Tra le molte cose raccontate nei giorni scorsi dalle inchieste su Facebook nate dalla diffusione di una grande quantità di documenti interni messi a disposizione di un gruppo di testate internazionali, ce n’è una che riguarda meccanismi che coinvolgono i giornali stessi. Secondo alcune ricerche interne che avrebbero confermato quella che è da anni una valutazione intuitiva frequente, le dinamiche di Facebook favorirebbero una maggiore promozione degli articoli giornalistici divisivi e capaci di creare polemiche e indignazione, e in particolare quelli diffusi dai siti di news più conservatori o di destra. Avendo i giornali di tutto il mondo investito molto negli scorsi anni sul prezioso traffico proveniente da Facebook, questa conclusione rivela che Facebook incentiva le testate a produrre più articoli con tale effetto, e a usare tale effetto come criterio di scelta degli articoli da pubblicare, e da pubblicare su Facebook (che ha continuato ad applicare gli stessi algoritmi anche dopo aver annunciato che avrebbe cercato di rimediare): la resistenza a questo incentivo, naturalmente, ha a che fare con l’autonomia e con la capacità di ogni singola testata di resistere alle tentazioni.
domenica 24 Ottobre 2021
Lo abbiamo citato altre volte su Charlie, e questa settimana Ben Smith del New York Times è stato protagonista e responsabile di conseguenze ancora più rilevanti nel mondo dei giornali internazionali (vedi sotto). Ma la cosa interessante da commentare da qui è l’assenza in Italia di un lavoro giornalistico di divulgazione sui giornali (esclusi i presenti, ovvero una newsletter), che viene svolto invece abitualmente in molta autorevole stampa internazionale: dove le testate hanno giornalisti dedicati a raccontare ai lettori le vicende del business dell’informazione allo stesso modo con cui ne hanno competenti e impegnati su altri settori, dalla moda, alla tecnologia, alla televisione, alle automobili, ai libri (Joe Pompeo a Vanity Fair, Margaret Sullivan al Washington Post, Jim Waterson al Guardian, per dirne alcuni). È un peccato perché la domanda c’è (lo si vede, scusate se ci ripetiamo, dalle estesissime attenzioni che ha guadagnato questa newsletter) e un buon lavoro di reporting potrebbe spiegare molte cose interessanti e utili ai lettori: ma una consuetudine un po’ omertosa e un po’ autopromozionale fa sì che in Italia ci sia poca disponibilità a rendere pubbliche le cose dei giornali o a renderle pubbliche con sincerità, che si tratti dei giornali propri o di quelli altrui (ma è successo anche con la storia tedesca di questa settimana che raccontiamo tra poco, quando un editore ha deciso di non pubblicare le accuse contro i concorrenti della Bild). Ed è un peccato non perché ci siano da svelare cose particolarmente disdicevoli (forse anche), ma perché anche nel business dei giornali ci sono cose da far capire e storie interessanti da raccontare: quella cosa che fa il giornalismo.
domenica 24 Ottobre 2021
Il 15 novembre inizia una nuova edizione – la terza – della serie di lezioni online del Post sul giornalismo (“10 lezioni sul giornalismo“): ci si può iscrivere fino al 10 novembre.
domenica 24 Ottobre 2021
Il sito Professione reporter ha intervistato il direttore del Post Luca Sofri dentro una sua serie di conversazioni sull’attualità dell’Ordine dei Giornalisti.
“- Però l’Ordine è a tutela delle garanzie del lettore, perché l’Ordine sanziona o dovrebbe sanzionare eventuali comportamenti scorretti del professionista.
– Sì, ma non lo fa. Sappiamo tutti benissimo che non lo fa, non lo fa mai. Sappiamo anche che sarebbe molto difficile farlo. Il terreno dell’informazione accurata, di che cosa sia vero e cosa no, eccetera, è un terreno scivolosissimo e difficile da regolare e condividere, soprattutto in termini di grandi partigianerie e polarizzazioni come oggi. Ma faccio l’esempio più palese: esiste in diverse Carte condivise dell’etica giornalistica, l’impostazione e la richiesta che ogni contenuto promozionale e pubblicitario sui giornali sia segnalato al lettore. Bene, questa richiesta scritta e condivisa da tutti quanti è quotidianamente disattesa su tutti i giornali e sui maggiori quotidiani. È solo un esempio, ma non mi sembra che esista alcuna vigilanza rispetto alla correttezza nei confronti del lettore”.
domenica 24 Ottobre 2021
Sia Anna Masera, nella rubrica citata qui sopra, sia il direttore di Domani Stefano Feltri sono tornati sull’eventualità dei “micropagamenti” per permettere ai lettori di acquistare online singole copie dei giornali o addirittura singoli articoli (la prima è possibile in Italia solo per poche testate, non le maggiori): è una richiesta che arriva spesso dai lettori, ma che ha per gli editori delle controindicazioni che avevamo spiegato su Charlie l’anno scorso.
“Per gli editori è molto più remunerativo un abbonato rispetto a chi acquista un singolo articolo. Il calcolo è presto fatto: per rimpiazzare un abbonamento da 90 euro all’anno servono 450 micropagamenti da 20 centesimi ciascuno, oppure 90 da 1 euro”.
domenica 24 Ottobre 2021
Una polemica sgradevole ha riguardato l’inviata di Repubblica Annalisa Cuzzocrea questa settimana: Cuzzocrea si occupa con competenza, attenzione e discrezione di politica da molti anni, e in un tweet su una seduta parlamentare di questa settimana ha citato – una nota “di colore” frequente nei resoconti di questo genere – il colore del vestito di Giorgia Meloni del partito Fratelli d’Italia, che Cuzzocrea ha percepito come nero. Il colore in realtà era blu, ma la svista è stata accolta da Meloni – per una comprensibile ipersensibilità sul tema – come un’allusione subdola, a cui Meloni ha reagito polemicamente sui social network incentivando una serie di attacchi online molto violenti e minacciosi nei confronti di Cuzzocrea, che nel frattempo si era spiegata e aveva constatato l’errore. A peggiorare le cose, il quotidiano Libero del giorno dopo ha messo la questione in prima pagina con toni polemici nei confronti di Cuzzocrea e raccontando ai propri lettori la sua neutrale descrizione del colore (sbagliato) come se fosse stata un’accusa.
domenica 24 Ottobre 2021
Come sanno i più fedeli lettori di Charlie, la direzione del Sole 24 Ore offre ogni settimana una eccezionale quota di spazio all’editore (dai tre ai cinque articoli) nella persona del presidente di Confindustria Carlo Bonomi, destinando una giornalista fissa a “coprire” il settore delle sue dichiarazioni come si fa di solito con più concreti e significativi temi di attualità. Questa settimana, con i consueti richiami in prima pagina e le foto del presidente, lo spazio della proprietà è stato ospitato nei numeri di martedì, mercoledì, venerdì e oggi, domenica.
domenica 24 Ottobre 2021
È stata notata, in una pagina pubblicitaria acquistata dalla Federazione Nazionale della Stampa (il sindacato unitario dei giornalisti) su alcuni quotidiani di domenica scorsa, la scelta dell’immagine che per la FNSI stessa rappresenterebbe – nel 2021 – la professione giornalistica.
domenica 24 Ottobre 2021
L’ambasciatore ungherese in Italia ha scritto una lunga lettera di critica e correzioni al quotidiano Repubblica a proposito di un articolo in cui ritiene che ci fossero degli errori a proposito del suo paese: Repubblica non l’ha pubblicata, lui una settimana fa l’ha messa su Facebook, e chiunque abbia ragione (il governo ungherese non si è mostrato molto attento alla libertà di espressione negli ultimi anni, e ha già cercato di intervenire nella narrazione di sé sui giornali europei), l’ambasciatore ha trovato una formulazione spiritosa per esporre le sue versioni dei fatti contestati.
domenica 24 Ottobre 2021
Il Sole 24 Ore ha pubblicato un articolo di aggiornamento sulla questione dei compensi per i giornali da parte delle società che offrono servizi di rassegna stampa (il Sole 24 Ore è molto parte in causa, letteralmente).
“Che si tratti di colossi del web o anche di società di media monitoring la partita va avanti da lungo tempo e, nel caso delle società di rassegne stampa, si è spostata nelle aule di tribunale dove la Fieg (Federazione degli editori), ma anche editori singoli come il Gruppo 24 Ore (che edita questo giornale) hanno incrociato le lame in particolare con le due società che storicamente non riconoscono alcun compenso agli editori e che sono anche quelle di maggiori dimensioni: L’Eco della Stampa e Data Stampa, che insieme fanno circa l’80% del mercato.
La maggior parte degli operatori nei servizi di rassegna stampa ha riconosciuto il diritto degli editori di essere remunerati per l’uso dei propri articoli. Ma dalla partita si sono per anni chiamate fuori le due principali società che solo nella primavera scorsa hanno raggiunto un accordo con Promopress, che rappresenta alcuni editori aderenti a Fieg. Tuttavia, di tale accordo non beneficiano alcuni grandi gruppi editoriali, tra cui il Gruppo 24 Ore, che quindi tuttora non ricevono alcun compenso. Un peso non indifferente nella questione lo ha avuto la decisione di Agcom del maggio 2020, favorevole al Gruppo 24 Ore proprio contro L’Eco della Stampa. L’editore del Sole 24 Ore, infatti, ha ottenuto dall’Autorità l’ordine impartito a L’Eco della Stampa di rimuovere entro due giorni, dal proprio servizio stampa e dai propri archivi, gli articoli del Sole 24 Ore contenenti l’indicazione “riproduzione riservata””.
domenica 24 Ottobre 2021
L’Evening Standard è un quotidiano “tabloid” di Londra che ha quasi due secoli ed è diventato una freepress nel 2009: è più “presentabile” dei più screditati tabloid britannici ed è di proprietà dell’imprenditore russo Alexander Lebedev, uno dei cosiddetti “oligarchi”, ex ufficiale del KGB, che possiede anche il quotidiano Indipendent. La “presentabilità” del giornale si deve anche al fatto che i suoi ultimi direttori sono stati due personaggi con forti relazioni nella politica nazionale: l’ex cancellieri George Osborne e la giornalista Emily Sheffield, cognata dell’ex primo ministro David Cameron. Giovedì Sheffield ha annunciato le sue dimissioni dopo soli 15 mesi, molto faticosi, per le difficoltà economiche del giornale che avevamo raccontato qualche mese fa, aggravate dalla pandemia (il giornale è distribuito gratuitamente soprattutto nelle stazioni della metropolitana).
– I famigerati tabloid britannici, una piccola mappa
domenica 24 Ottobre 2021
Il Foglio aveva pubblicato la settimana scorsa un’intervista interessante e ricca con lo storico Emilio Gentile, a proposito di populismi e fascismi: Gentile ha però contestato in due successive lettere l’intervista, spiegando – oltre a smentire alcune parole che gli venivano attribuite – di avere esplicitamente detto al giornalista di non voler dare interviste e che quella tra loro doveva ritenersi una conversazione privata.
L’articolo è tuttora online senza indicazioni aggiornate.
domenica 24 Ottobre 2021
A conferma della perdita di fiducia delle redazioni nei confronti del ruolo e delle opportunità costituite dai Comitati di redazione (ovvero gli organi di rappresentanza dei giornalisti eletti in ciascun giornale, dedicati soprattutto al rapporto con la direzione e la proprietà), le elezioni del “cidierre” al Corriere della Sera sono state immediatamente invalidate dalle dimissioni degli eletti, che non si erano candidati (nessuno si era voluto candidare).
domenica 24 Ottobre 2021
È stata annunciata la chiusura di Believer, rivista culturale californiana che aveva avuto grandi ammirazioni e consensi internazionali per l’inventiva grafica e di contenuti quando era nata nel 2003 dall’idea di un gruppo di giovani autori molto di moda in quel momento e con la complicità del gruppo di McSweeney’s, il sito creato dallo scrittore Dave Eggers. L’editore attuale ha spiegato la decisione con l’insostenibilità economica del magazine.
(in Italia Internazionale ha tradotto a lungo una amata rubrica di Nick Hornby pubblicata da Believer; e il settimanale Diario – chiuso nel 2009 – aveva nei suoi ultimi mesi scelto un restyling grafico ispirato a Believer)
domenica 24 Ottobre 2021
D, il “femminile” allegato a Repubblica che 25 anni fa fu una creazione grafica ed editoriale decisamente nuova e creativa nell’ambito dei magazine settimanali allegati ai quotidiani, ha da questa settimana il primo responsabile maschio della sua storia, Emanuele Farneti, da poco ex direttore di Vogue Italia (il cui editore Condé Nast sta riorganizzando molte delle sue testate europee e il loro coordinamento). La direttrice uscente di D Valeria Palermi aveva contestato a luglio in un editoriale – informato o preveggente – il fatto che la quota di direttrici dei giornali stesse calando persino nei femminili. Farneti sarà direttore di quello che il gruppo GEDI (l’editore di Repubblica) chiama “hub Moda e Beauty”, ovvero la redazione congiunta carta/digitale creata per raccogliere maggiori investimenti pubblicitari da parte degli inserzionisti di quei settori.
domenica 24 Ottobre 2021
Dall’articolo del Post:
“Giovedì Facebook ha annunciato di aver raggiunto un accordo con i giornali francesi riuniti nell’associazione di categoria APIG (l’Alleanza della stampa d’informazione generalista), che prevede il pagamento ai giornali dei diritti di pubblicazione dei contenuti editoriali sul social network. L’APIG è un sindacato che rappresenta 300 tra giornali e riviste d’informazione politica e generalista in Francia, tra cui alcuni dei maggiori giornali francesi, come Le Monde e Le Figaro. È il secondo importante accordo che l’APIG conclude quest’anno con le grandi multinazionali tecnologiche, dopo quello faticosamente raggiunto a gennaio con Google“.
domenica 24 Ottobre 2021
L’articolo di cui sopra ha un passaggio che è utile riportare perché conferma una cautela che abbiamo spesso ripetuto qui su Charlie a proposito dei numeri di abbonati diffusi dalle testate anche in Italia, numeri che non hanno nessuna verifica esterna e terza.
“Negli stessi giorni News Corp ha annunciato che la quota di abbonamenti al Wall Street Journal stava aumentando: ad agosto, il numero totale degli abbonati era cresciuto quasi del 10%, raggiungendo 3,45 milioni, di cui 2,72 abbonamenti digitali. Ma un responsabile della redazione digitale mi ha spiegato che questi numeri sono ingannevoli – e implausibili – perché comprendono “abbonamenti aziendali e scolastici e offerte istituzionali” che propongono sconti fino al 90% per gonfiare il numero complessivo”.
domenica 24 Ottobre 2021
Il sito della Columbia Journalism Review ha pubblicato un lunghissimo e documentato articolo che fa la storia di questi anni in uno dei quotidiani più grandi e illustri del mondo, il Wall Street Journal. Dove uno dei tratti più noti e peculiari è da sempre la rigida separazione tra le pagine dei commenti e delle opinioni e quelle del giornale prodotto dalla redazione: che ha permesso la convivenza tra posizioni conservatrici spesso sfacciatamente faziose nelle prime e un giornalismo autorevole e rigoroso nelle seconde. Ma dalla prima campagna elettorale di Trump a oggi questa distinzione è andata confondendosi, con le pagine delle opinioni sempre più estreme e libere nel loro emanciparsi dai fatti e dai rigori giornalistici, e le altre sempre più soggette a interventi censori da parte della direzione del giornale, che ha una lunga storia ma dal 2007 è stato acquisito dalla grande multinazionale editoriale News Corp di Rupert Murdoch, con la garanzia di un comitato che dovrebbe vigilare sull’integrità giornalistica delle scelte maggiori. Nell’ultimo anno le contestazioni all’interno della redazione nei confronti della perdita di credibilità causata da alcuni articoli di opinionisti esterni sono cresciute, ma la proprietà e la direzione non sembrano intenzionate a cambiare regime (anzi, si dice che Murdoch stia muovendo il suo impero giornalistico americano in direzione di un appoggio a una candidatura di Trump nel 2024), pur convenendo sulla necessità che il giornale allarghi il suo potenziale pubblico: ma farlo continuando ad accontentare quello maschio, bianco e conservatore non è facile, racconta l’articolo della CJR.
Alcuni articoli del Post sulla storia e le storie del Wall Street Journal:
– I 130 anni del Wall Street Journal (2019)
– Anche al Wall Street Journal si litiga sulla sezione delle opinioni (2020)
– Il Wall Street Journal è diviso sul suo futuro (2021)
domenica 24 Ottobre 2021
Anna Masera, che è stata tra i più precoci a seguire l’innovazione e il digitale tra i giornalisti delle testate italiane tradizionali, è tra i dipendenti del gruppo GEDI coinvolti nei “prepensionamenti” che hanno agitato molto le redazioni del gruppo in questi mesi. Di conseguenza, chiuderà il suo spazio – unico in Italia nel suo genere – di “public editor” della Stampa, che non sarà assegnato a nessun altro. Lo ha raccontato lei stessa nella rubrica suddetta, rivendicando l’utilità della costruzione di un rapporto più affidabile con i lettori.
“il declino dei giornali è anche morale: la tendenza è quella di abbandonare l’attenzione alla deontologia per acchiappare clic nella speranza di alimentare la magra raccolta pubblicitaria. La conseguenza? La fiducia generale del pubblico nelle notizie è bassa. Secondo l’Edelman Trust Barometer, il 75% degli italiani ritiene che i giornali non stiano facendo bene il loro lavoro. Una percentuale superiore del 14% alla media delle 27 nazioni analizzate. Questa è una brutta notizia per la credibilità del giornalismo. Il sistema basato su traffico e pubblicità oltre a non funzionare più economicamente ha compromesso la qualità”.
domenica 24 Ottobre 2021
La storia della settimana nell’editoria giornalistica mondiale sono state le dimissioni del direttore del quotidiano tedesco Bild in seguito a un articolo di Ben Smith del New York Times: è la storia della settimana perché ha dentro diverse cose grosse.
– La Bild è uno dei più importanti quotidiani tedeschi, famigerato per la quota di sensazionalismo aggressivo e spesso retrogrado, paragonabile a quella dei più famosi tabloid inglesi.
– L’editore della Bild è Axel Springer, una multinazionale dell’editoria tra le più potenti del mondo, e con una lunga presenza di rilievo nella storia politico-mediatica tedesca.
– Axel Springer sta aumentando il suo potere e la sua attività internazionale acquistando, con grandi investimenti ma anche con operazioni aggressive e accorte, alcune importanti testate digitali fuori dalla Germania: la più recente è Politico, sito di politica statunitense che ha da anni un grosso credito e importanza nell’informazione americana e non solo americana (un lungo articolo su Vanity Fair americano ha raccontato questo lato della storia della settimana).
– Il direttore della Bild era stato brevemente sospeso lo scorso aprile (forse lo ricorderete) dopo le accuse di comportamenti inappropriati nei confronti di alcune dipendenti del giornale: la proprietà aveva fumosamente dichiarato di aver fatto un’indagine interna che aveva rivelato come ci fosse stato qualcosa di inadeguato, ma niente che meritasse interventi più severi, e il direttore Reichelt era tornato al suo posto.
Questo era il contesto su cui è intervenuto domenica scorsa Ben Smith – il più importante “media columnist” del mondo, le cui rubriche settimanali sul New York Times sono diventate attesissime dal mondo dell’informazione per la probabilità che contengano scoop o notizie in anteprima – raccontando meglio ai lettori statunitensi sia cosa sia il nuovo editore di Politico, sia le accuse contro Reichelt, e aggiungendoci nuove rivelazioni raccolte da Smith da ulteriori fonti aggregate a un lavoro giornalistico fatto dal settimanale tedesco Spiegel e alla storia di come un altro gruppo editoriale avesse censurato un proprio articolo sulle accuse stesse. E ottenendo così quello che Axel Springer aveva scongiurato di fare ad aprile: la sostituzione del direttore della Bild.
domenica 17 Ottobre 2021
Il “Fondo per il pluralismo” è la quota di soldi pubblici che lo stato ha allocato per finanziare le attività di alcuni giornali, soprattutto attraverso il sistema dei “contributi diretti”, di cui abbiamo parlato molte volte. Malgrado il nome, nella pratica non contribuisce a particolari pluralismi, se non nel senso di aumentare i ricavi – e aiutare la sopravvivenza – di alcuni giornali che però non hanno niente di peculiarmente diverso da quelli che quei contributi non li ricevono: con l’eccezione maggiore di quelli destinati alle minoranze linguistiche e quindi scritti in lingue diverse dall’italiano.
Da qualche anno il fondo è alimentato anche da una quota del canone Rai pagato in bolletta, e insieme ad altri finanziamenti assottiglia il totale ricevuto effettivamente dalla Rai: questa cosa irrita e frustra la Rai, che come si sa fatica molto a far quadrare i conti. Quindi, in un tentativo tipico dei debuttanti alla guida della Rai, il nuovo amministratore delegato Fuortes ha provato a fare delle proposte per garantire maggiori ricavi alla Rai, tra cui la riconquista di quella quota oggi stornata verso il finanziamento di alcuni giornali. Ipotesi che ha allarmato la Federazione degli editori dei giornali che ha immediatamente protestato con la gravità retorica che le è abituale, senza porsi neanche in questa occasione il problema del discredito su quei contributi derivato dal fatto che per molte testate beneficiate la definzione di “cooperativa” o “non profit” è del tutto pretestuosa: tantissimi italiani pagano il canone del servizio pubblico Rai e i loro soldi vengono destinati a un gruppo di giornali e siti in concorrenza sleale con gli altri.
domenica 17 Ottobre 2021
Grazie a chi ha raccolto l’invito della settimana scorsa a raccontare a Charlie (rispondendo a questa mail) storie interessanti intorno ai destini e ai progetti dei giornali: alcuni spunti li abbiamo ripresi e seguiti già oggi, di altri ci stiamo occupando.
domenica 17 Ottobre 2021
Che domenica scorsa per un lapsus banale quanto evitabile abbiamo chiamato Fabio il direttore uscente del Tirreno, Stefano Tamburini. Fabio Tamburini è invece tuttora il direttore del Sole 24 Ore. Chiediamo scusa.
Una seconda correzione: il sito della Gazzetta del Mezzogiorno (tuttora chiusa) non è aggiornato dai giornalisti, ma da un feed automatico di notizie di agenzia. Doppiamente scusa.
Entrambi gli errori sono stati corretti nell’archivio web della newsletter.
domenica 17 Ottobre 2021
La Gazzetta del Mezzogiorno, il quotidiano più radicato in Puglia e Basilicata, è da circa tre anni in una complicata crisi, ha cambiato diversi editori e ha dovuto interrompere più volte la pubblicazione. Dopo aver dichiarato fallimento a giugno 2020 e dopo un esercizio provvisorio andato molto male, a novembre 2020 era stato aperto un bando per l’affitto della testata a un nuovo editore fino a luglio 2021, vinto dalla società Ledi, con la speranza di trovare poi un compratore definitivo. Alla fine di questo periodo, e quindi da agosto, il giornale ha smesso di essere pubblicato, e i suoi 136 dipendenti (di cui circa 70 giornalisti) sono stati messi in cassa integrazione. Gli sviluppi più recenti sono che quest’estate Ledi e un’altra società, Ecologica Spa, hanno fatto una proposta di concordato preventivo: che nell’ambito delle procedure fallimentari significa fare una proposta per risanare i debiti di un’azienda e diventarne proprietari, in questo caso proprietari del giornale (dopo aver dimostrato di avere certi requisiti per rilanciarlo a lungo termine). La proposta che si è aggiudicata La Gazzetta del Mezzogiorno è stata quella di Ecologica Spa: la scorsa settimana l’esito è stato confermato dal tribunale di Bari, dopo un ricorso di Ledi. Ora Ecologica ha due possibilità: comportarsi come un editore e scegliere un nuovo direttore, una nuova sede (ma si parla anche della possibilità che inizialmente il giornale ricominci in smart working) e far ripartire il giornale, oppure affittarlo a un editore più esperto (Ecologica Spa si occupa di smaltimento di rifiuti). Nell’ultima settimana si è parlato di un possibile interesse dell’editore Angelucci (che pubblica anche Libero e Il Tempo, tra gli altri), ma sembra che al momento le parti non riescano a trovare un accordo soddisfacente per entrambe. Durante l’assenza della Gazzetta del Mezzogiorno, intanto, la concorrenza si è mossa: ad agosto il Nuovo Quotidiano di Puglia ha aperto una sede a Bari.
domenica 17 Ottobre 2021
Abbiamo parlato in più occasioni delle preoccupazioni intorno al futuro dei giornali locali, in Italia e all’estero. La questione è particolarmente grave negli Stati Uniti, dove si stima che abbiano chiuso 1.800 giornali locali tra il 2004 e il 2018: 6AM City è un’azienda editoriale nata nel 2016 che fa newsletter cittadine con cadenza quotidiana e che vuole occupare questo vuoto d’informazione locale: non è una cosa nuova (il Post ha inaugurato quest’anno una newsletter settimanale dedicata a Milano), ma nelle ultime settimane se n’è tornato a parlare per la conferma che il progetto starebbe andando molto bene e si espanderà da 8 a 24 città. Qualche mese fa anche il sito Axios, che offre un servizio molto simile con Axios Local, aveva annunciato l’aumento delle città coperte dalle newsletter, da 6 a 14.
I due modelli sono simili ed entrambi gratuiti, ma quello di 6AM è probabilmente più interessante perché è partito da zero come newsletter di una città, Greenville in South Carolina, e poi ha visto opportunità maggiori (mentre Axios Local è nato come parte di un’azienda più grande). Le newsletter arrivano ogni giorno alle 6 del mattino e sono pensate per essere lette in 5 minuti (qui un esempio): in testa c’è un piccolo approfondimento di giornata, poi un’agenda con eventi e cose da fare in città, notizie sul meteo, questioni cittadine, aneddoti sulla storia della città. Sono insomma molto pratiche e non coprono per scelta temi politici o delittuosi, quelli che noi faremmo rientrare nella categoria della “cronaca nera”. Uno dei due fondatori di 6AM, Ryan Heafy, ha spiegato di aver capito che i due argomenti non interessavano al pubblico, anche grazie a molti riscontri dei lettori, e ha fatto un esempio efficace: «Se Joe Biden venisse in città, non diremmo: “andate al comizio di Joe Biden”. Diremmo: “ecco che effetti avrà sul traffico”». Negli ultimi dati disponibili le prime otto città coperte da 6AM avevano in tutto 450mila iscritti.
Essendo un servizio gratuito, 6AM si sostiene soprattutto con la pubblicità, ma ha anche un negozio online in cui vende oggetti e indumenti con loghi e simboli delle città. I costi sono contenuti e la conoscenza approfondita del modello di una città ha permesso di replicarlo su larga scala in molte altre: a ogni newsletter lavorano due giornalisti, che a turno si occupano della stesura della newsletter e di alimentare il rapporto con la comunità di lettori, soprattutto attraverso i social network.
domenica 17 Ottobre 2021
La frequenza con cui il Sole 24 Ore dedica uno spazio e un titolo a una dichiarazione non particolarmente significativa del presidente di Confindustria – ovvero il proprio editore – sembra, a un’osservazione più attenta di questi mesi, avere una specie di “pattern” nelle mansioni fisse della redazione: almeno tre giorni ogni settimana, tra il martedì e il sabato, con un paio di richiami in prima pagina, con l’esecuzione sempre affidata alla stessa giornalista. Stavolta cinque: martedì, giovedì, venerdì, e sabato con la stessa dichiarazione di venerdì. E stamattina, domenica
domenica 17 Ottobre 2021
La consuetudine tra i quotidiani italiani di offrire agli inserzionisti pubblicitari anche una promozione giornalistica dei loro prodotti o brand all’interno di articoli non indicati come pubblicitari (un esempio sul Sole 24 Ore di mercoledì: uno e due) sembra avere raggiunto anche il più giovane di tutti, Domani. Che dalla sua nascita sta facendo abbastanza fatica con la raccolta pubblicitaria e raramente ha più di una pagina di pubblicità su tutto il giornale: forse anche per questo Domani ha scelto di pubblicare mercoledì un ritratto del fotografo del nuovo calendario Lavazza – con visibili citazioni del calendario stesso – dopo che lunedì Lavazza aveva comprato l’ultima pagina del giornale per una sua inserzione.
domenica 17 Ottobre 2021
Un piccolo scandalo giornalistico negli Stati Uniti mostra gli aspetti di una questione delicata e importante nel lavoro dei giornalisti, e poco nota ai lettori: un noto giornalista sportivo della rete ESPN – stando ad alcune mail rese pubbliche da una vicenda giudiziaria – dieci anni fa chiese a una persona citata in un suo articolo di rivedere l’articolo stesso, domandandole di suggerire “qualunque cosa che vada aggiunta, cambiata, sistemata”, con toni molto subordinati e confidenziali (tra i due c’era un rapporto di conoscenza). La storia in questione è complicata e sta dentro un polverone di rivelazioni su cui negli Stati Uniti ci sono in questi giorni molte attenzioni, ma per quanto interessa a Charlie – e al dibattito nel settore che si è sviluppato laggiù – il tema interessante è il confine etico tra il chiedere per premura alle fonti che confermino le loro dichiarazioni o dei singoli passaggi su cui hanno conoscenza dei fatti, e invece il far rivedere e persino correggere interi articoli alle persone coinvolte o interpellate. La prima cosa è comprensibile e spesso ragionevole e prudente: la seconda è – per molti dei colleghi del giornalista intervenuti nella discussione – una diminuzione inaccettabile del proprio ruolo e della propria indipendenza. La prima cosa si fa, la seconda – affidare a qualcun altro la revisione e le decisioni finali sul contenuto di un articolo – no.
(il giornalista ha ammesso di avere sbagliato)
domenica 17 Ottobre 2021
Lercio è diventato in meno di dieci anni il giornale satirico online più conosciuto e apprezzato, lavorando soprattutto su tic e consuetudini del sistema dell’informazione. Lo ha raccontato un articolo sul Post.
“Nonostante l’organizzazione e la grande notorietà, Lercio resta un hobby soprattutto per ragioni economiche. Sui social ha più follower di molti dei giornali italiani che scimmiotta (1,5 milioni su Facebook, 800mila su Twitter, 700mila su Instagram), ma i ricavi derivano soprattutto dalla pubblicità sul sito, dove il traffico è molto più contenuto. Dalle visualizzazioni e condivisioni sui social non si guadagna, a meno di non introdurre contenuti sponsorizzati: che sarebbero poco plausibili su Lercio, sia per gli inserzionisti che per il giornale. Altri ricavi arrivano dai libri pubblicati ogni anno, da alcune serate di comicità nei locali e da collaborazioni con radio e tv. Questi ricavi bastano a coprire le spese per mantenere il sito, i tecnici che se ne occupano e altre figure professionali che curano la comunicazione, oltre a organizzare gli eventi dal vivo nei locali. Quello che avanza non è sufficiente a pagare uno stipendio a ventidue persone, ma essere così tanti – nonostante i contenuti siano tutto sommato limitati – è un’esigenza creativa e di varietà di ciò che viene pubblicato”.
domenica 17 Ottobre 2021
Che era quella storia che aveva messo molto in imbarazzo il New York Times l’anno scorso: un suo podcast premiatissimo e una sua giornalista celebre avevano usato delle informazioni da una fonte che si era rivelata falsa, ed erano emersi controlli inadeguati da parte del giornale.
Adesso quella fonte, sotto processo in Canada, ha ammesso pubblicamente di essersi inventata tutta la storia del suo ruolo nell’ISIS.
domenica 17 Ottobre 2021
Un aggiornamento sulla crisi del Corriere di Como, il quotidiano che viene venduto nella zona di Como insieme al Corriere della Sera, che nell’ultima settimana sembra essere peggiorata. Sabato sul giornale è uscito un comunicato sindacale in cui i giornalisti – che lamentano di non ricevere lo stipendio da diverso tempo, o di riceverlo in ritardo e ridotto – hanno annunciato altre giornate di sciopero insieme ai poligrafici che stampano il giornale, da sabato a lunedì: “In una ulteriore riunione con il liquidatore di Editoriale Srl, il dottor Michele Piscitelli, è stato nuovamente ribadito come sia ormai sempre più probabile e imminente la chiusura del giornale. Le ipotesi più attendibili indicano la possibile cessazione dell’attività già entro la fine del mese di ottobre”.
domenica 17 Ottobre 2021
L’azienda editrice non lo ha ancora annunciato, con ritardo di due settimane rispetto a quanto aveva comunicato, ma è stato scelto e presentato al Comitato di redazione il nuovo direttore del Tirreno, il quotidiano livornese (ma che ha edizioni in tutta la costa toscana) che un anno fa il gruppo editoriale GEDI (quello di Repubblica e Stampa e tuttora di una decina di quotidiani locali nel Nord) aveva venduto insieme a tre quotidiani emiliani a una società costituita da alcuni imprenditori senza grosse esperienze nell’editoria. Due settimane fa, dopo tormentati rapporti con la redazione, erano state comunicate le dimissioni del direttore Stefano Tamburini (che resta nell’azienda), e nei giorni successivi ha accettato di sostituirlo Luciano Tancredi, che ha 56 anni, è abruzzese, è stato a lungo al Messaggero, si era candidato col Partito Democratico all’Aquila nel 2012, e fino a ora si occupava delle Relazioni esterne nella società Fincantieri. Prenderà il ruolo formalmente dal 3 novembre.
Intanto non ci sono ancora notizie sulla ricerca di compratori della Nuova Sardegna – quotidiano di Sassari e della Sardegna settentrionale – che è rimasto il solo giornale locale di GEDI fuori dal Nord.
domenica 17 Ottobre 2021
Quando il Washington Post fu acquistato da Jeff Bezos, otto anni fa, tra le tante domande e ipotesi che vennero fatte sulle prospettive del giornale (che sono sicuramente migliorate da allora) ci furono anche riflessioni sulle difficoltà che il giornale avrebbe avuto nel trattare gli estesi interessi del nuovo editore in autonomia e imparzialità (si vedano tra l’altro le cose che abbiamo condiviso su Charlie spesso – e anche oggi – su come si muovono i maggiori quotidiani italiani in questo senso). Il giornale scrisse da subito con molta indipendenza sul suo nuovo editore, diede la notizia con un suo ritratto che non aveva indulgenze, e negli anni successivi ha dato l’impressione di trattare Amazon e gli altri affari di Bezos come qualunque altro giornale. Questo approccio è stato di nuovo molto notato questa settimana, dopo un articolo del Washington Post ricco di accuse sull’ambiente di lavoro di Blue Origin, la società di trasporti spaziali di Bezos, e sui suoi limiti e fallimenti.
domenica 17 Ottobre 2021
È un’apparente controtendenza, ma con delle spiegazioni: diverse testate di dimensione medio piccola stanno creando delle pubblicazioni di carta periodiche in un tempo in cui le tradizionali riviste periodiche sono molto in difficoltà. Le spiegazioni della contraddizione sono che le suddette testate investono su un piccolo ma fedele capitale di lettori affezionati al brand, su una capacità di attrarre inserzionisti pubblicitari maggiore degli spazi che possono offrire loro nei loro formati esistenti, e su un’attenzione molto contemporanea al contenimento dei costi e allo sfruttamento delle risorse interne. Così nei mesi scorsi sono nate la rivista del Post (di cui tra un mese uscirà il secondo numero), le molte pubblicazioni create da Linkiesta, ora sta per nascere un nuovo settimanale di Internazionale, e il Foglio ha appena annunciato un suo magazine mensile allegato al quotidiano. Si chiama Review, il primo numero sarà in edicola sabato prossimo, avrà 48 pagine: è diretto da Annalena Benini, giornalista del Foglio da vent’anni, con la collaborazione di Paola Peduzzi e Giulia Pompili. È una rivista “di cultura” ma che già dal primo numero si permette racconti e reportage fuori dai convenzionali perimetri di questa definizione. Sarà in vendita tutto il mese in allegato con la copia quotidiana del Foglio e al prezzo di 50 centesimi in più: l’obiettivo è una raccolta pubblicitaria che renda l’operazione sostenibile (nel primo numero è stata molto soddisfacente, ma i “lanci” di nuovi progetti attraggono sempre più facilmente gli inserzionisti).
domenica 17 Ottobre 2021
Il magazine americano Atlantic ha deciso di raccontare più approfonditamente il fondo che si chiama Alden Global Capital e che è stato molto citato nei mesi passati (anche su Charlie) per le operazioni con cui ha acquistato grandi aziende giornalistiche statunitensi in difficoltà – nella più recente la testata coinvolta più importante è il quotidiano Chicago Tribune, che si aggiunge ad altri duecento giornali – e per la fama di ridimensionarle per portare a casa i profitti a breve termine generati dai tagli. L’articolo mostra in maniera coinvolgente e deprimente quanto in soli pochi mesi le forze del Chicago Tribune e le sue capacità siano state indebolite da tagli, smantellamenti, eliminazione di risorse, da parte di un editore invisibile che non si manifesta in nessun modo e si astiene da risposte e commenti pubblici sulle sue operazioni (i due maggiori responsabili del fondo Alden sono noti per la loro riservatezza, e raccontati dall’Atlantic come personaggi da film sugli squali della finanza).
“Il modello è semplice: sventra la redazione, vendi il patrimonio immobiliare, aumenta i prezzi degli abbonamenti e porta a casa più soldi possibile fino a che avrai perso così tanti abbonati da chiudere il giornale […] Con riduzioni aggressive dei costi Alden può pubblicare i suoi giornali in attivo per anni intanto che il prodotto peggiora, ignorando le perdite di lettori delusi”.
domenica 17 Ottobre 2021
Negli ultimi giorni ci sono state nuove conferme a una notizia che affiorava da un po’ di tempo e che corrisponde a quello che già si sapeva delle priorità dell’editore Mondadori: che starebbe per concludere la vendita al gruppo editoriale La Verità (guidato dal direttore del quotidiano omonimo Maurizio Belpietro) anche del settimanale Donna Moderna e del mensile Casa Facile, dopo aver ceduto negli ultimi anni allo stesso editore Panorama, Confidenze, Sale & Pepe e altre riviste.
L’operazione va nel senso che Mondadori ha comunicato spesso negli ultimi anni, di voler investire soprattutto nel suo business dei libri e nelle attività digitali dismettendo progressivamente l’impegno sui giornali: se si concludesse questa cessione le sue riviste rimarrebbero Chi (che è ritenuto un asset di relazioni e interessi che va oltre il suo valore commerciale), Sorrisi e Canzoni (che continua a essere il settimanale più venduto in Italia con gran distacco, e una diffusione di oltre 400mila copie) e Grazia e Interni, su cui da tempo circolano ipotesi di cessioni ad altri editori.
Donna Moderna ha tuttora una diffusione di 165mila copie, Casa Facile di 123mila. Le testate acquisite finora dal gruppo La Verità hanno dei bilanci generalmente soddisfacenti, grazie alle drastiche ma efficaci riduzioni dei costi, soprattutto del personale: il lavoro fatto in quel gruppo sembra voler essere più in quella direzione che in progetti di ideazione o rinnovo di opportunità che non siano quelle dei ricavi pubblicitari su carta.
I giornalisti dei periodici Mondadori hanno diffuso un comunicato di protesta rispetto alle notizie sulle ipotesi di cessione.
domenica 10 Ottobre 2021
Le cose che leggete su Charlie si devono anche alla collaborazione delle persone che ci raccontano cose da dentro le aziende giornalistiche e le redazioni. Chi abbia notizie o storie interessanti per capire il dannato futuro – e presente – dei giornali è benvenuto (e può rispondere a questa mail): sappiamo che ce ne sono tantissime, là fuori.
domenica 10 Ottobre 2021
Nella causa della ex sindaca di Roma contro il quotidiano per il famigerato titolo e l’articolo che Libero fece su di lei. Sono stati condannati per diffamazione l’autore dell’articolo Vittorio Feltri e l’allora direttore responsabile Pietro Senaldi, entrambi al pagamento di una multa, rispettivamente di 11mila e 5mila euro. L’accusa aveva chiesto una pena detentiva per gli imputati, e Libero aveva pubblicato due settimane fa articoli di grande allarme e protesta per questa eventualità (che non è mai stata davvero probabile, malgrado l’imprevedibilità di quello che avviene nei tribunali italiani). Libero ha ritenuto di raccontare la condanna ai propri lettori come se fosse stata una vittoria.
domenica 10 Ottobre 2021
Da ormai molti mesi il New York Times – il quotidiano più famoso del mondo, protagonista del maggiore successo di questi anni nello sfruttamento degli abbonamenti online – cita tra i maggiori fattori della crescita dei suoi abbonati due servizi che non sono strettamente giornalistici, ovvero i giochi e il “food”. Martedì il sito del Poynter Institute – un ente americano che si occupa di giornalismo – ha raccontato in particolare il successo del “Mini cruciverba” quotidiano e come sia diventato un veicolo di coinvolgimento di abbonati: lo cura un ventinovenne, Joel Fagliano, che è arrivato al New York Times a 17 anni da stagista. La redazione che si occupa di giochi è composta da 17 persone.
domenica 10 Ottobre 2021
Il direttore di Internazionale Giovanni De Mauro ha aggiunto altre anticipazioni sul nuovo settimanale l’Essenziale – ne aveva scritto il Post una settimana fa – che uscirà a inizio novembre in un’intervista con la newsletter Ellissi.
“Noi ci rivolgeremo a lettori che tendenzialmente, durante la settimana, non comprano quotidiani. Che si informano, certo, ma che sono bombardati soprattutto da titoli – su Twitter o Facebook, nei talk show, nelle homepage dei giornali online – e che vorrebbero capirci qualcosa in più.
Quasi tutti sanno cos’è successo a Mimmo Lucano, della condanna a 13 anni. Quasi tutti sanno perché è giusto indignarsi. Ma sono disposto a scommettere che in pochi abbiano trovato un articolo approfondito sulla vicenda.
Chi è Mimmo Lucano? Quanti anni ha? Qual è la sua storia personale? Di cosa è accusato esattamente? Cos’è il modello Riace?
L’Essenziale vuole fornire a questo tipo di fruitori la possibilità di trovare i fatti nel giusto ordine, chiari, spiegati, verificati”.
De Mauro dettaglia anche l’attuale composizione dei ricavi di Internazionale:
“Internazionale al momento genera circa l’87-88% dei suoi ricavi dalle vendite e dagli abbonamenti, mentre il restante 12-13% arriva dalla pubblicità.
Se guardiamo solo ai ricavi da distribuzione, c’è un sostanziale equilibrio tra copie vendute in edicola e in abbonamento, con una leggera preponderanza per le une o per gli altri a seconda dei periodi.
In questa fase, per esempio, dagli abbonamenti arriva più del 50% dei nostri guadagni da distribuzione”.
domenica 10 Ottobre 2021
Il sito Professione Reporter è tornato sulla crisi di fiducia nei confronti del ruolo dei “Comitati di Redazione” – ovvero gli organi che rappresentano le richieste dei giornalisti nei confronti della direzione e dell’azienda – raccontando che anche al Corriere della Sera non ci sarebbero giornalisti disposti a candidarsi per farne parte, un po’ come avviene spesso quando bisogna eleggere i rappresentanti degli studenti a scuola.
“Una crisi della rappresentanza sindacale che ha varie spiegazioni. Più in generale, la caduta della fiducia nella risoluzione collettiva dei problemi. In particolare, nei giornali, la perdita di potere dei Cdr. Nonostante l’articolo 34 del contratto di lavoro resti intatto da molti decenni e conferisca ai Cdr molti poteri di controllo, di trattativa, di consultazione, permetta agli stessi di pubblicare comunicati sui giornali, di convocare assemblee, di interloquire e influenzare le direzioni, il ruolo non viene più considerato interessante, formativo, utile per la comunità (la redazione).
I cdr si trovano, in questa lunga contingenza di crisi – prepensionamenti, chiusure, riduzioni del trattamento economico- stretti fra le Aziende, che vogliono solo tagliare, le Direzioni, spesso più vicine alle Aziende che ai giornalisti e i colleghi, preoccupati, impauriti, disorientati. Senza avere sempre il sostegno del sindacato regionale e nazionale, a sua volta nel pieno di un calo di iscrizioni e di rappresentatività. Diventa così, quello di membro del Cdr, un secondo lavoro (oltre a quello normale di redazione, che non viene meno) molto pesante”.