domenica 6 Marzo 2022

Di guerra

Il lavoro dei giornalisti all’estero e “sul campo” ha perso molte risorse e rilievo, negli anni passati, per due ragioni principali. Una è quella che riguarda molti impegni tradizionali delle aziende giornalistiche, ovvero la riduzione dei ricavi e il taglio di molti investimenti: corrispondenti e inviati costano – anche avendo ridotto molte delle condizioni privilegiate che i grandi giornali potevano offrire loro un tempo – e oggi si ricorre con maggiore frequenza a rapporti con freelance o a soluzioni temporanee. L’altra ragione è che internet ha offerto l’accesso con grande facilità a un’enorme quantità di informazioni che prima era molto più difficile ottenere senza fonti dirette, e ha creato un sistema di condivisione delle notizie che non si era mai visto (per quanto con rilevanti rischi in termini di controllo o verifica).

La ragione per cui in queste drammatiche settimane stiamo assistendo a un ritorno di centralità degli inviati è una evidente eccezione a queste due condizioni: la guerra in Europa. Che crea un enorme interesse da parte dei lettori, per cui i giornali si dispongono a investimenti eccezionali (con gli inviati in guerra ci sono anche dei cospicui costi di assicurazioni), e che determina una necessità altrettanto eccezionale di informazioni dirette – la propaganda agisce da tutte le parti – e di “raffigurazione” per i lettori delle cose che succedono sul posto: racconto che non esaurisce la comprensione delle vicende e degli sviluppi (“sul posto” sfuggono altrettanti elementi e fattori preziosi più generali) ma la arricchisce di una parte importante.

Lo stiamo vedendo sulle maggiori testate italiane, che stanno impegnando diverse persone a fare un gran lavoro – pur con scelte di narrazione diverse, che vanno dal rigoroso all’enfatico – e lo stanno notando anche in altri paesi: CNN, di cui avevamo appena finito di raccontare le traversie e il calo del credito, riceve in questi giorni grandi apprezzamenti per la sua imbattibilità nell’esserci in forze in situazioni di questo genere. Il giornalismo migliore oggi è fatto sia di cose nuove che di cose che già c’erano.

Fine di questo prologo.

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