Poletti, le coop e la rana bollita

Ieri il ministro del lavoro Giuliano Poletti ha risposto con una lettera a Repubblica a Roberto Saviano, che dalle stesse colonne il giorno precedente gli chiedeva cosa ci facesse a cena con Salvatore Buzzi, capo della cooperativa sociale 29 giugno, arrestato nell’ambito dell’inchiesta “Mafia Capitale”.
Mi è parso tutto sommato convincente nell’affermare la sua buona fede, ho fiducia nell’onestà dell’uomo così come nelle competenze del ministro oggi e del manager cooperativo ieri. Tuttavia c’è un passaggio della lettera dove, a mio avviso, si sgretola tutto l’”impianto difensivo”. Perlomeno per quel che riguarda la sua capacità di percezione di un mondo, quello cooperativo e più in generale del settore nonprofit, al quale dovrà materialmente dare presto, con la riforma del Terzo settore fortemente voluta da Renzi, una nuova configurazione normativa.

Mi riferisco al punto in cui afferma che «quando si vive in questo mondo e si vede come lavorano le cooperative sociali, non si pensa che possano esistere comportamenti come quelli che oggi vengono alla luce». Va da sé che il discorso vale, pari pari, per tutte le tipologie organizzative del Terzo settore di cui le cooperative sociali sono parte integrante e rilevante.

Perché su questo punto diventa molto debole la difesa del ministro? Perché è proprio una simile rappresentazione (e, quindi, percezione) buonista del settore nonprofit che ne sta progressivamente decretando l’irrilevanza culturale, la subalternità alla politica e mortificando le pur notevoli potenzialità economico-occupazionali. Un settore ancora nel complesso sano e meritorio ma sempre più soffocato da una retorica ridondante, un’autoreferenzialità imbarazzante, un’incapacità di autocritica radicata, una permalosità eccessiva, una verbosità asfissiante.

Bastava leggere, in proposito, tre giorni fa sempre su Repubblica, proprio mentre in altre sue pagine si dava conto del capillare sistema corruttivo vigente a Roma, l’avviso a pagamento a pagina intera (pag.30) a cura del Forum del Terzo settore e di altri soggetti senza fine di lucro (tra cui anche le principali centrali cooperative come Legacoopsociali, Federsolidaroetà-Confcooperative, ANCC-COOP) che chiedevano a gran voce al Governo di non aumentare la tassazione sulle fondazioni bancarie perché altrimenti si contrarranno le loro erogazioni. Un testo prolisso, lagnoso, declamatorio. Insomma, illeggibile.

Ma come si fa a non capire che ormai sta diventando praticamente impossibile avvicinarsi al Terzo settore senza rimanere impigliati in questa auto rappresentazione apologetica che impedisce a pensieri nuovi di farsi largo, a chiavi di lettura inedite del sociale di affermarsi, a nuovi anticorpi contro il degrado di svilupparsi, a visoni “profetiche” di scalzare paradigmi culturali e comportamentali discutibili o invecchiati. E a proposito di invecchiamento e ricambio nei posti di comando, tanto per rimanere al mondo cooperativo e, nello specifico, a quello delle banche di credito cooperativo, che senso ha che il presidente di Federcasse (la federazione che le raggruppa tutte) Alessandro Azzi stia lì da 23 anni ininterrotti? Fosse anche il banchiere più bravo del mondo saranno pur maturi i tempi per cedere il passo a qualcun altro più giovane di età e di idee, soprattutto adesso che, grazie anche a numerose osservazioni critiche della Banca d’Italia, molto in questo specifico ambito bancario dovrà mutare.

Se invece tutto rimane fermo, se non c’è discontinuità è normale che poi si caschi dal pero quando si verificano episodi come quello di Roma. È fin troppo scontato che accada ciò che la nota storiella della rana bollita spiega benissimo. Ossia che se avviciniamo tutto d’un tratto una rana all’acqua bollente questa avverte il pericolo e scappa. Se invece la immergiamo in una pentola piena di acqua inizialmente fredda e poi ne aumentiamo gradualmente la temperatura la rana non si accorgerà di quello che le sta accadendo e alla fine si ritroverà bollita.

Per questo, tra le altre cose, come già qui ho scritto, nutrivo perplessità sulle deleghe al Terzo settore affidate al sottosegretario Bobba visti i suoi lunghi trascorsi, in diversi ruoli di responsabilità, nel nonprofit. Se conosci da anni tutti e con tutti vuoi andare o vai già d’accordo succede che inevitabilmente le “incrostazioni” non le riconosci o ti appaiono molto meno gravi di quanto in realtà siano. Succede appunto, come scrive Poletti nella sua lettera, che vivendo troppo a lungo dentro a un certo mondo non ti accorgi che qualcuno possa ingannarti.

Urge cambio di rotta. Da personalità pur di spicco del mondo cooperativo forse Poletti non aveva prima tante possibilità di incidere radicalmente sul ricambio, innanzitutto di mentalità, del Terzo settore. Da ministro, invece, il potere e il dovere di farlo ce l’ha. Adesso lo usi fino in fondo.

Francesco Maggio

Economista e giornalista, già ricercatore a Nomisma e a lungo collaboratore de Il Sole24Ore, da molti anni si occupa dei rapporti tra etica, economia e società civile. Tra i suoi libri: I soldi buoni, Nonprofit (con G.P. Barbetta), Economia inceppata, La bella economia, Bluff economy. Email: f.maggio.fm@gmail.com