Il giorno dell’IMU

Oggi è il giorno della verità sull’IMU e, probabilmente, sul futuro del governo. Circa quali tasse tagliare, in Italia si è discusso molto negli ultimi mesi. Alcuni fra gli osservatori più avvertiti hanno raccomandato una sforbiciata alle imposte sul lavoro, piuttosto che un intervento su quella sulla casa. Purtroppo o per fortuna, le decisioni di politica fiscale non vengono prese sulla base di una razionalità economica “pura” – ma in ragione di equilibri e negoziazioni politiche. Il governo Letta nasce da un accordo fra il Partito Democratico e un PdL che in campagna elettorale aveva issato la bandiera dell’abolizione dell’IMU. In Italia paghiamo troppe tasse, ma l’IMU è una delle poche che tutti pagano direttamente, senza trattenute in busta paga. È un’imposta visibile, e per questo tendenzialmente odiata, e ancora più odiata perché entrata in vigore dopo l’abolizione dell’ICI.

Sul piano della comunicazione politica, la trovata di Berlusconi era ben calibrata. Che l’abolizione dell’IMU sia in vista, oggi, è probabile per almeno tre motivi.

Primo. Tutto il ceto politico italiano dovrebbe capire che ripresentare a dicembre il conto dell’IMU agli italiani esentati dal pagarne la prima rata significa sfidare non l’impopolarità – ma i forconi. Non solo – come ha detto Giampaolo Galli in un’intervista al Corriere – non è “ragionevole” ritardare a giugno il pagamento della prima rata e poi tornare sui propri passi: l’ennesima dimostrazione che i decisori non sanno mantenere la parola data. Ma in un momento come questo, equivarrebbe a rinfocolare una diffusa rabbia nei confronti della classe politica che cova sotto le braci.

Secondo. Se Letta vuole durare, e, come è evidente, non esistono bacchette magiche per garantire un salvacondotto a Berlusconi, deve rendere quanto più costoso possibile per il PdL abbandonare la zattera del governo. Gli elettori pidiellini interpreterebbero l’abolizione dell’IMU come un successo dei loro rappresentanti. Diventerebbe più difficile spiegare loro che rottamano le grandi intese per le vicende personali di Berlusconi.

Terzo. Ammettiamo che oggi non si arrivi a una quadra, e che Berlusconi decida di fare saltare il banco. Se il governo Letta, sorretto da qualche “responsabile” in Parlamento, andasse avanti, e se Letta davvero volesse giocarsi la leadership del PD alle prossime elezioni, avrebbe molto senso impegnarsi per abolire l’IMU, levando all’avversario un’arma utilizzata con successo in passato – e fornendo contestualmente un ottimo motivo ai “responsabili” per giustificare il cambio di casacca

Le case non pagano le tasse, le tasse sono sempre pagate dalle persone. Non ho difficoltà a sottoscrivere quanto diceva Milton Friedman: “sono favorevole a tagliare le tasse in qualsiasi circostanza e con qualsiasi scusa, per qualsiasi ragione, ogni volta che è possibile”. A una condizione, però: che eliminando una tassa si taglino davvero le tasse.

Sulla Stampa, Alessandro Barbera ha scritto ieri un articolo molto informato sul gioco delle coperture. Da una parte, si ragiona su qualche surrogato dell’IMU. Dall’altra, la proposta “storica” del PdL prevede di finanziare l’abolizione dell’IMU con un aumento delle imposte indirette. Vedremo oggi quale minestrone di accise ci è stato preparato.

Purtroppo, di “coprire” la mancanza di gettito tagliando la spesa pubblica non parla nessuno. La politica si esercita, ancora una volta, nel gioco delle tre tavolette. Siamo un Paese nel quale se si abolisce una tassa, qualche altro tributo viene ritoccato verso l’alto. Il problema non è “cosa tagliare”, il problema è tagliare qualcosa.

Alberto Mingardi

Alberto Mingardi (1981) è stato fra i fondatori ed è attualmente direttore dell’Istituto Bruno Leoni, think tank che promuove idee per il libero mercato. È adjunct scholar del Cato Institute di Washington DC. Oggi collabora con The Wall Street Journal Europe e con il supplemento domenicale del Sole 24 Ore. Ha scritto L'intelligenza del denaro. Perché il mercato ha ragione anche quando ha torto (Marsilio, 2013). Twitter: @amingardi.