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  • Giovedì 25 dicembre 2025

Come cambiano le tasse sul reddito con la nuova legge di bilancio

Saranno più basse per chi guadagna tra i 28 e i 50mila euro, ma ne trarrà vantaggio anche chi ha un reddito più alto

Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti durante la discussione della legge di bilancio 2026 in Senato, il 22 dicembre 2025 (ANSA/Massimo Percossi)
Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti durante la discussione della legge di bilancio 2026 in Senato, il 22 dicembre 2025 (ANSA/Massimo Percossi)
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Martedì il Senato ha approvato la legge di bilancio per il 2026, il provvedimento con cui il governo programma come spendere i soldi nel prossimo anno. Ora il testo passerà alla Camera, che deve approvarlo entro il 31 dicembre. Teoricamente anche la Camera potrebbe discuterlo e modificarlo ma, come ormai succede ogni anno, non lo farà, visti i tempi molto stretti. Nel calendario della Camera la votazione finale è prevista per il 30 dicembre. In sostanza è praticamente certo che le misure già decise saranno definitive: la principale di queste è la riduzione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), in particolare quelle del ceto medio.

Il governo ha infatti deciso di ridurre dal 35 al 33 per cento l’aliquota IRPEF per chi ha un reddito tra i 28 e i 50mila euro lordi. In pratica la parte di reddito che rientra in questa fascia sarà tassata meno. Il tutto, per farla semplice, porterà a un aumento annuale dello stipendio netto di 440 euro (circa 37 al mese) per chi guadagna 50mila euro all’anno o di più: l’aumento sarà invece gradualmente inferiore se si guadagna meno, mentre non cambierà niente per chi guadagna fino a 28mila euro all’anno. O per fare un altro esempio: chi guadagna 40mila euro all’anno avrà 20 euro al mese in più.

È una delle misure a cui il governo ha previsto di dedicare più risorse (circa 2,9 miliardi di euro) e quindi molto importante, soprattutto perché è all’interno di una legge di bilancio piuttosto prudente, da 22 miliardi, in cui la spesa pubblica è stata molto limitata. È un approccio che il governo di Giorgia Meloni aveva avuto anche nelle tre precedenti manovre finanziarie: lo scopo è spendere meno e uscire dalla procedura per deficit eccessivo che la Commissione Europea ha aperto nei confronti dell’Italia nel giugno del 2024. Quest’anno poi la legge di bilancio è stata anche più attenta del solito per lasciare qualche margine di spesa in più per il prossimo anno, nella manovra che precederà la campagna elettorale per le elezioni politiche del 2027.

Questa nuova riduzione dell’aliquota IRPEF denota un cambio di obiettivi nelle spese del governo, che con la nuova legge di bilancio ha cercato di favorire i ceti cosiddetti “medi”: negli anni precedenti invece Meloni e il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, avevano promosso soprattutto misure a vantaggio dei ceti più bassi. Con la manovra del 2024 era stato ridotto da 4 a 3 il numero degli scaglioni IRPEF: il primo scaglione (che comprendeva i redditi fino ai 15mila euro con aliquota al 23 per cento) e il secondo (da 15mila a 28mila euro con aliquota al 25 per cento) erano stati accorpati in un unico scaglione con aliquota al 23 per cento (di modo che chi guadagnava tra 15mila e 28mila euro pagasse un’aliquota più bassa).

Ora invece è lo scaglione successivo, quello tra i 28mila e i 50mila euro, a beneficiare della diminuzione dell’IRPEF. Il governo per la verità discuteva questo intervento già da tempo: aveva cercato di introdurlo nella manovra dello scorso anno, senza riuscirci per mancanza di fondi, e nel corso del 2025 lo ha ripresentato spesso come uno dei suoi obiettivi.

Secondo i partiti di opposizione, che criticano la manovra, la riduzione dell’IRPEF per i ceti medi finirà in realtà per avvantaggiare le persone con redditi più alti, cioè quelli oltre la soglia dei 50mila euro. L’ISTAT, l’ufficio nazionale di statistica, ha calcolato che l’85 per cento dei 2,9 miliardi andrà a beneficio dei due quinti delle famiglie con i redditi più alti.

Questo dipende dal fatto che il sistema contributivo italiano è progressivo, cioè la percentuale di imposte da pagare aumenta all’aumentare del reddito. A un reddito alto non si applica solo l’aliquota più alta, ma anche quelle degli scaglioni inferiori, per la parte di reddito che vi rientra. Significa che anche chi ha un reddito superiore ai 50mila euro avrà una diminuzione dell’IRPEF sulla porzione di reddito che rientra nel secondo scaglione, cioè 22mila euro (tra i 28mila e i 50mila).

Per evitare che la misura avvantaggi troppo i redditi molto alti, il governo ha introdotto una specie di compensazione: chi guadagna più di 200mila euro avrà meno detrazioni fiscali, cioè gli sconti sulle imposte previsti per esempio per i figli a carico o per le spese sanitarie. In sostanza avendo meno detrazioni dovrebbe pagare più tasse.

L’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB) ha però segnalato che, tra chi percepisce un reddito superiore ai 200mila euro, solo un terzo beneficia di detrazioni che si possono davvero ridurre, perché le detrazioni per i redditi molto alti erano già state abbassate o azzerate negli anni scorsi. Il risultato pratico è che tutti saranno meno tassati grazie alla diminuzione dell’IRPEF per la fascia di reddito intermedia.