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  • Mercoledì 17 dicembre 2025

È davvero possibile disarmare Hamas?

È previsto dalla “fase due” del piano per Gaza ma non è chiaro se il gruppo accetterà di farlo, né eventualmente come e quando

Un miliziano di Hamas nella città di Gaza, 5 novembre 2025
Un miliziano di Hamas nella città di Gaza, 5 novembre 2025 (AP Photo/Jehad Alshrafi)
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La “fase due” del piano di Donald Trump per la Striscia di Gaza prevede il disarmo di Hamas, ma al momento non è chiaro chi dovrebbe metterlo in atto, con quali tempistiche e nemmeno cosa si intenda precisamente per “disarmo”.

La fase due del piano è quella che dovrebbe decidere chi governerà la Striscia di Gaza dopo la fine della guerra. Oltre al disarmo di Hamas, prevede il ritiro completo di Israele dalla Striscia (l’esercito continua a occuparne più della metà) e la formazione di un governo tecnico palestinese, supervisionato da un Consiglio di Pace e sostenuto da una forza militare internazionale, chiamata Forza di stabilizzazione (ISF, dal suo acronimo inglese). I negoziati sono in corso da settimane, ma senza grossi sviluppi.

Il primo problema è che difficilmente Hamas accetterà il disarmo. Il gruppo ha fatto della forza militare l’elemento centrale del proprio potere. Lo si è visto anche negli ultimi due mesi quando, dopo il ritiro parziale di Israele dalla Striscia di Gaza, i miliziani ne hanno rapidamente recuperato il controllo militare, eliminando i propri rivali interni.

Secondo stime recenti, nonostante due anni di guerra e di devastanti bombardamenti dell’esercito israeliano, Hamas ha ancora circa 20mila miliziani, e la metà dei tunnel sotterranei che usano per nascondersi e combattere sarebbe ancora intatta. Molti leader del gruppo si chiedono perché, dopo aver resistito a Israele per due anni, dovrebbero abbandonare volontariamente la propria considerevole forza residua. Per esempio il capo politico di Hamas, Khalil al Hayya, ha detto negli scorsi giorni che continua a ritenere la lotta armata «un diritto legittimo» (al Hayya vive fuori dalla Striscia, come gran parte della leadership politica del gruppo).

Miliziani di Hamas a Gaza, 5 novembre 2025

Miliziani di Hamas a Gaza, 5 novembre 2025 (AP Photo/Jehad Alshrafi)

Ci sono alcuni precedenti storici in cui un grosso gruppo militare si è disarmato volontariamente. Uno dei più noti e citati è quello dell’IRA, la Irish Republican Army, che negli anni Novanta accettò di abbandonare le armi dopo più di trent’anni di scontri tra indipendentisti e unionisti in Irlanda del Nord. Il disarmo dell’IRA, tuttavia, richiese quasi nove anni e soprattutto fu accompagnato da un processo politico più ampio per l’Irlanda del Nord.

L’idea di associare il disarmo a un più ampio processo politico è stata avanzata dallo stesso al Hayya, che ha parlato della possibilità di consegnare le armi, ma soltanto nelle mani «dell’autorità dello stato», cioè di un futuro stato palestinese. Il governo israeliano è categoricamente contrario alla formazione di uno stato palestinese, e anzi il primo ministro Benjamin Netanyahu ha detto più volte che farà di tutto per impedirlo.

Miliziani di Hamas e del Jihad Islamico trasportano il corpo di un presunto ostaggio israeliano ucciso, dicembre 2025

Miliziani di Hamas e del Jihad Islamico trasportano il corpo di un presunto ostaggio israeliano ucciso, dicembre 2025 (AP Photo/Jehad Alshrafi).

Senza l’incentivo di un processo politico, il progetto di disarmo di Hamas si basa principalmente su due fattori: le minacce degli Stati Uniti (Trump ha detto: «Se non si disarmano, lo faremo noi. Succederà rapidamente, e forse in maniera violenta») e soprattutto le pressioni dei paesi arabi e musulmani che stanno facendo da mediatori nelle trattative.

In questo contesto hanno un ruolo particolare la Turchia e il Qatar, che sono due dei paesi garanti dell’accordo per il cessate il fuoco (assieme a Egitto e Stati Uniti) e sono ritenuti vicini a Hamas. In Turchia il presidente Recep Tayyip Erdogan condivide con Hamas l’ideologia di base dell’islam politico dei Fratelli musulmani, e ha ospitato vari membri del gruppo. Il Qatar ha finanziato il gruppo per decenni, anche con il consenso di Israele.

Da settimane la Turchia chiede di entrare a far parte della Forza di stabilizzazione internazionale che dovrebbe operare nella Striscia di Gaza, e di usare la sua influenza per convincere Hamas a consegnare le armi, o quanto meno a rinunciare al loro utilizzo. Il Qatar potrebbe sostenere l’operazione, senza partecipare militarmente. Una prima opzione sarebbe dunque che Hamas consegni le armi all’ISF, una volta che questa sarà stata inviata nella Striscia. Israele però si oppone alla partecipazione della Turchia nell’ISF: in parte per la vicinanza tra Erdogan e Hamas, e in parte perché la Turchia ha, assieme a Israele stesso, il più forte esercito del Medio Oriente, e il governo israeliano vuole evitare che assuma influenza nella Striscia.

Un’altra opzione è che Hamas consegni le armi all’Autorità nazionale palestinese, cioè al governo internazionalmente riconosciuto dei palestinesi che controlla parte della Cisgiordania, e con cui Hamas ha una rivalità storica. Questo è però complicato dalla debolezza dell’Autorità palestinese, e dal fatto che Israele vuole impedirle di governare Gaza. Il piano di Trump prevede che l’Autorità possa avere un ruolo politico a Gaza soltanto dopo aver superato un non meglio precisato processo di «riforma».

Non è nemmeno chiaro se l’eventuale disarmo di Hamas dovrebbe avvenire prima o dopo il ritiro completo di Israele dalla Striscia. La “fase due” del piano di Trump non definisce i tempi. Hamas vuole che prima Israele si ritiri, ma Israele ha detto che non ha intenzione di farlo finché Hamas non sarà completamente disarmato.

Intanto i negoziati stanno procedendo a rilento, in parte perché l’amministrazione Trump si è concentrata nelle ultime settimane sulla guerra in Ucraina. Trump ha detto che il Consiglio di Pace (l’ente che dovrebbe supervisionare il futuro governo della Striscia) sarà nominato all’inizio del 2026, ma non è ancora chiaro come sarà nominato il governo tecnico palestinese, né chi comporrà l’ISF.