L’accordo tra i paesi europei sull’immigrazione piace alla destra
E specialmente a quella italiana, dato che potrebbe consentire al governo di usare infine i centri per migranti in Albania

La proposta di modifica delle politiche migratorie e del sistema d’asilo approvata lunedì dal Consiglio dell’Unione Europea – l’organo che riunisce i ministri dei 27 paesi membri a seconda dei temi trattati: in questo caso quelli dell’Interno – è una delle più restrittive degli ultimi anni. Riduce i diritti delle persone migranti e richiedenti asilo e amplia i poteri di espulsione e rimpatrio dei governi, e per questo è stata molto criticata da ong e organizzazioni per i diritti umani.
La proposta dovrà essere discussa e approvata dal Parlamento Europeo, che può ancora modificarla, ma si prevede che ci saranno pochi ostacoli e che entrerà in vigore entro giugno del 2026. Tra le altre cose, potrebbe consentire al governo italiano di attivare del tutto i centri per migranti che ha costruito in Albania, che sono semivuoti e in crisi dal momento della loro apertura.
La riforma proposta dal Consiglio è composta da tre documenti che emendano i regolamenti europei sull’immigrazione.

Migranti in fila in un centro di accoglienza in Germania, ottobre 2023 (Sean Gallup/Getty Images)
Una delle novità principali riguarda la formalizzazione dei centri per il rimpatrio (cosiddetti «return hubs») in paesi esterni all’Unione Europea, in cui potranno essere trasferiti i migranti a cui è già stata rifiutata la richiesta d’asilo da un paese dell’Unione.
Questi centri potranno essere costruiti in paesi terzi che soddisfano alcuni requisiti minimi sul rispetto dei diritti umani, e potranno essere sia centri di transito (dove la persona migrante viene trattenuta prima di essere inviata al suo paese d’origine) sia la destinazione finale (se il paese ricevente accetta di accogliere la persona migrante). Questo è più o meno quello che l’Italia si propone di fare nel centro per migranti di Gjader in Albania, che il governo vorrebbe utilizzare come un CPR (centro di permanenza per il rimpatrio) ma che è semivuoto a causa delle complicazioni legali.
– Leggi anche: E i centri per i migranti in Albania?
La proposta del Consiglio parla anche della creazione di un altro tipo di centri, sempre costruiti in paesi terzi considerati «sicuri», dove potrebbero essere detenuti i migranti mentre vengono esaminate le loro richieste d’asilo. Questo era l’intento iniziale del governo di Giorgia Meloni con i centri in Albania (oltre a quello di Gjader c’è anche un hotspot a Shengjin), che però fu abbandonato perché mancavano i presupposti legali. In particolare i tribunali italiani e la Corte di Giustizia europea sostennero che i migranti che il governo voleva mandare in Albania in attesa della valutazione della loro richiesta d’asilo provenissero da paesi non sicuri, in cui la loro incolumità non sarebbe stata garantita in caso di rimpatrio.
Per cercare di aggirare questo genere di ostacoli (che non riguardano solo l’Italia) il Consiglio ha approvato una nuova lista di «paesi di origine sicuri» tra quelli da cui provengono i migranti che fanno domanda d’asilo nell’Unione (quindi sono una cosa diversa dai «paesi terzi sicuri»). I «paesi di origine sicuri» inclusi nella lista sono: Bangladesh, Colombia, Egitto, India, Kosovo, Marocco e Tunisia. A questi si aggiungono i paesi candidati all’ingresso nell’Unione Europea, come la Turchia, l’Albania o la Georgia. Le domande d’asilo dei migranti provenienti da questi paesi potranno essere esaminate con una procedura «accelerata» (e generalmente sommaria), che potrà avvenire anche fuori dal paese.
Di fatto il Consiglio sta cercando di eliminare molti degli ostacoli legali che impedivano al governo italiano di usare i centri in Albania come vorrebbe, e apre la strada ad altri paesi per fare lo stesso. Tra gli altri i Paesi Bassi hanno già firmato un accordo con l’Uganda per inviare i migranti in attesa di espulsione. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha definito la proposta come la «svolta che l’Italia chiedeva da tempo». Non è detto però che le misure previste dal Consiglio saranno sufficienti: in particolare la questione dei «paesi di origine sicuri» è molto dibattuta e la Corte di Giustizia europea potrebbe intervenire ancora.

Il centro di Gjader in Albania, ottobre 2024 (Antonio Sempere / Europa Press)
La proposta prevede inoltre misure più rigide per le persone che si trovano in territorio europeo in maniera irregolare, perché la loro richiesta d’asilo è stata rifiutata o il loro permesso è scaduto. Potranno essere sottoposte a perquisizioni più severe, all’obbligo di fornire i propri dati biometrici e ad altre misure che possono includere il carcere. Il Consiglio vuole inoltre eliminare il diritto automatico di rimanere in Europa per le persone che fanno ricorso contro un rigetto della loro pratica d’asilo.
È prevista anche la creazione di un «meccanismo di solidarietà» con cui ai paesi che non vogliono accettare migranti sarà consentito elargire dei contributi finanziari a quelli più interessati dai flussi migratori, come Italia, Spagna, Grecia e Cipro. Per il 2026 questi contributi finanziari dovrebbero ammontare a 420 milioni di euro.
La proposta di riforma del sistema migratorio è stata promossa tra gli altri dal governo della Danimarca, che ha la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea. Pur essendo di centrosinistra il governo danese promuove politiche molto dure sull’immigrazione, apprezzate dalla destra. In generale molti governi europei stanno irrigidendo le proprie politiche sull’immigrazione, come risposta all’ascesa dell’estrema destra che ha fatto della questione uno dei suoi elementi di forza.
La ong Amnesty International, tra gli altri, ha criticato la proposta del Consiglio sostenendo che il suo approccio «imita i feroci, disumanizzanti e illegali arresti di massa, detenzioni e deportazioni negli Stati Uniti».



