Cosa diventerà Netflix?

Ora che ha ottenuto di comprare Warner Bros. ci sono tre possibili scenari, ma ci vorranno mesi

(AP Photo/Chris Pizzello)
(AP Photo/Chris Pizzello)
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Venerdì Netflix ha chiuso un accordo per acquistare per 83 miliardi di dollari Warner Bros., la parte del gruppo Warner Bros. Discovery che si occupa di produzione e distribuzione per il cinema e lo streaming. Nel pacchetto rientrano i DC Studios (cioè la divisione che si occupa dei film dei supereroi DC Comics), e la piattaforma di streaming HBO Max, oltre a tutte le proprietà intellettuali delle quali Warner e HBO possiedono i diritti, cioè gli universi legati a Harry Potter, LEGO, Mortal Kombat, Il Signore degli Anelli, Il trono di spade, Friends, Succession, The Matrix, Terminator e molti altri.

È una notizia che potrebbe cambiare drasticamente gli equilibri nel settore cinematografico e televisivo, ma i cui scenari futuri sono ancora piuttosto incerti. L’acquisizione deve infatti innanzitutto essere approvata dagli enti regolatori sulla concorrenza (antitrust) prima di poter avere effetto: una procedura che prenderà tra i 12 e i 18 mesi e il cui esito non è scontato.

In molti in questo momento, dai rivali nell’acquisizione (Paramount) ai sindacati di registi e sceneggiatori, stanno facendo pressioni contro questa fusione e non è da escludere che possano ottenere qualcosa, come era successo nel 2022 nell’editoria, quando alla casa editrice Penguin Random House era stato impedito di comprare Simon & Schuster. Netflix dovrà dare sufficienti rassicurazioni del fatto che le operazioni delle due aziende rimarranno separate e non daranno vita a un monopolio in nessun settore, né in quello dei film in sala né in quello dello streaming.

Dopodiché, qualora l’acquisizione venisse approvata, si tratterebbe di un accordo senza precedenti per l’industria del cinema. Nonostante gli studios americani siano stati venduti e comprati molte volte lungo i decenni e la stessa Warner Bros. abbia avuto tre diversi proprietari negli ultimi sette anni (AT&T, Discovery, Netflix), non era mai capitato che due società così grandi si unissero. Neanche la fusione avvenuta nel 2019 tra Disney e 20th Century Fox aveva queste dimensioni né portò a una posizione paragonabile a quella che avrebbe Netflix nel cinema, nella tecnologia e nella televisione.

Benché non sia chiaro a nessuno cosa accadrà, né quali siano le reali intenzioni di Netflix, i principali scenari possibili sono tre.

In ognuno di questi tre il punto principale è il futuro dei film Warner, che di certo continueranno a essere distribuiti al cinema almeno fino al 2029, per via dei contratti già firmati. Per tutti i nuovi contratti di produzione invece dipenderà da cosa vorrà fare Netflix, che avendo costruito la propria fortuna sullo streaming si è sempre opposta alla distribuzione nei cinema. È nota la dichiarazione del suo co-CEO Ted Sarandos, per cui «la distribuzione cinematografica è un business morente».

Ma è vero che negli ultimi anni Netflix è anche molto cambiata: ha portato diversi film al cinema, per quanto non con grande successo, e sempre più spesso concede la distribuzione nelle sale ai registi più importanti. Un’acquisizione di questa grandezza potrebbe essere un modo per cambiare radicalmente approccio.

Il primo scenario possibile è quindi quello in cui Netflix voglia usare l’acquisizione di Warner per cambiare e diventare una società di streaming e di distribuzione in sala. Sarebbe coerente con la sua recente politica di trasformazione. Negli ultimi anni infatti ha rinunciato a tanti suoi punti fermi: dall’introduzione di abbonamenti più economici con la pubblicità alla diffusione dei numeri della piattaforma (un tempo segretissimi), fino alla rinuncia al cosiddetto binge watching, cioè la pubblicazione di tutti gli episodi insieme.

– Leggi anche: Il binge watching non interessa più nemmeno a Netflix

Se così fosse, Warner continuerebbe a operare come studio mantenendo il proprio marchio (che ha un grande valore) e a distribuire i suoi film più grandi, come quelli tratti da fumetti o come Barbie, Dune e Un film Minecraft. È molto difficile però che i film medi e medio piccoli continuerebbero ad arrivare al cinema. Film come Una battaglia dopo l’altra di Paul Thomas Anderson finirebbero o per non essere prodotti o per essere distribuiti direttamente in streaming. Il che indurrebbe registi come Anderson a non lavorare per loro e quindi ad avere un’opzione in meno per essere prodotti.

Questo scenario consentirebbe a Netflix di avere rapporti con grandi autori per loro oggi inavvicinabili, proprio perché pretendono grandi distribuzioni al cinema per i loro film: Christopher Nolan, Steven Spielberg, James Cameron, Quentin Tarantino. E di differenziare i propri introiti attraverso uno degli studios migliori. Warner viene infatti da una profonda ristrutturazione del suo settore cinematografico e da un ultimo anno estremamente profittevole. Solo Disney possiede un numero maggiore di marchi e franchise di maggiore valore. Nonostante i debiti che hanno portato Warner a mettersi in vendita, la parte di studi cinematografici (quella comprata da Netflix) è in salute e ha al suo interno una competenza e una conoscenza del mondo della distribuzione in sala di cui Netflix potrebbe beneficiare.

Il secondo scenario è quello in cui Netflix voglia usare la Warner per cambiare il business delle sale e trasformarlo in una vetrina per lo streaming tenendo fede a quanto detto da Ted Sarandos agli investitori dopo l’acquisto: cioè che non hanno niente contro i film al cinema ma semmai contro la loro lunga permanenza nelle sale. In questo caso i grandi film basati su franchise e proprietà intellettuali gestiti da Warner uscirebbero al cinema solo per poco: non 45 giorni in 4.000 sale statunitensi ma, per esempio, 15 giorni in 1.000 sale. Passerebbero poi a essere disponibili subito su piattaforma. Sarebbero distribuzioni non profittevoli per film così costosi, ma servirebbero a creare un evento e un’attesa intorno al film, per poi portare più abbonati o più attenzione sulla piattaforma di streaming.

In questo scenario potrebbero cominciare a guadagnare sui contenuti dandoli in licenza come già fanno Warner e le altre grandi società. Vuol dire concedere a “noleggio” serie e film più importanti, spesso in replica. L’esempio migliore è Friends, serie di Warner ma che è stata anche su Netflix. Questo è un business molto redditizio se si ha un catalogo importante come quello di HBO (con serie come Succession, Il trono di spade, I Soprano, True Detective e Sex and the City). Netflix non l’ha mai fatto finora perché il suo obiettivo è sempre stato attirare abbonati con contenuti esclusivi. In questo scenario però avrebbe senso quello che Netflix ha dichiarato e cioè che la piattaforma HBO Max rimarrà un servizio autonomo e separato, ovvero quello che produce e dà in noleggio serie.

Il terzo scenario è invece quello più temuto da tutti, cioè che Netflix, nonostante le promesse e dei fisiologici primi anni in cui continuerà a lasciare che Warner operi come sempre, lentamente ne smantelli la struttura e ne assorba solo le proprietà intellettuali per poterle gestire. Significherebbe la fine della distribuzione in sala di film Warner e la vendita di uffici e studi di produzione Warner, che sono una delle strutture più antiche di tutta Hollywood. In quest’ottica i film di Warner uscirebbero al cinema come ora escono quelli di Netflix, con distribuzioni ancora minori di quelle che dicevamo prima, quasi pretestuose, di una settimana in 2-3 cinema in tutti gli Stati Uniti (nel caso in cui serva per qualificarsi agli Oscar) o in poche sale di grande prestigio e in formati deluxe (nel caso venga fatto come concessione agli autori che lo desiderano).

Questo scenario implicherebbe una diminuzione significativa del business dell’esercizio cinematografico, perché diminuirebbero sensibilmente i nuovi grandi film in uscita ogni anno, mentre aumenterebbe il numero di film o serie su Netflix di richiamo, che girano intorno alle proprietà intellettuali Warner. In questo caso è facile immaginare che HBO Max verrebbe chiusa per far diventare HBO un marchio di qualità da apporre a certe produzioni più prestigiose. Non diversamente da come già ora Warner usa la New Line, una sua divisione, come marchio per un certo tipo di film.

Come detto quest’ultima è anche l’opzione che gli enti regolatori e l’industria americana vogliono evitare e che quindi Netflix deve dimostrare che non accadrà. Se infatti l’agenzia antitrust degli Stati Uniti, da quando Donald Trump è presidente, è considerata orientabile e quindi possibilmente anche a favore di Netflix (per quanto ora non sembri), altro discorso è quello che potrebbe succedere in Europa, dove da sempre c’è un atteggiamento più sanzionatorio verso le posizioni dominanti delle grandi aziende americane.

David Ellison, proprietario di Paramount, figlio del secondo uomo più ricco del mondo, donatore della campagna di Trump per le ultime elezioni presidenziali e suo grande amico personale, spera che l’acquisizione non venga approvata per proporre di nuovo una sua offerta. Secondo molti esperti però, qualora l’acquisizione venisse bloccata, Warner potrebbe non avere più bisogno di un compratore. Una delle clausole prevede infatti che in quel caso Netflix dovrebbe comunque pagare 5 miliardi di dollari a Warner, una cifra con la quale si possono produrre almeno dieci film della grandezza dell’ultimo Superman. Alcuni commentatori hanno ipotizzato che Warner non creda che l’acquisizione possa essere approvata dall’antitrust e stia solo tentando di incassare quei 5 miliardi.