Trump comincia a perdere la presa sui Repubblicani
Più aumenta la sua impopolarità più alcuni parlamentari lo contraddicono, pur senza mettere in dubbio la sua leadership

I deputati e i senatori Repubblicani al Congresso degli Stati Uniti hanno cominciato a contraddire il presidente Donald Trump e a disubbidire ai suoi ordini. Per ora è successo in modo limitato e solo su alcune questioni, e non si può parlare di un vero allontanamento del partito dal trumpismo: Trump rimane il leader Repubblicano più influente da decenni, ha una presa eccezionale sul suo elettorato, e deputati e senatori sanno che sfidarlo apertamente significa voler mettere fine alla propria carriera politica.
Tuttavia, man mano che Trump si avvicina alla fine del suo secondo e ultimo mandato (a gennaio del 2029), la sua influenza si va lentamente affievolendo. Molti parlamentari cominciano a pensare alla propria carriera dopo il trumpismo, e a differenziarsi gradualmente dal presidente. Lo fanno per ora in maniera leggera, con critiche quasi sempre smorzate, che però da alcuni mesi sono diventate più frequenti.
La prima consistente presa di distanze dei Repubblicani nei confronti di Trump è avvenuta con il caso di Jeffrey Epstein, il noto finanziere accusato di aver sfruttato sessualmente decine di ragazze minorenni e che si suicidò in prigione nel 2019. Su Epstein da anni esistono polemiche e teorie del complotto, alimentate in buona parte proprio dalla destra americana. Per mesi Trump e la sua amministrazione avevano cercato di insabbiare il caso, temendo rivelazioni imbarazzanti per il presidente, che aveva frequentato Epstein in passato.
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Poche settimane fa però una parte consistente dei Repubblicani al Congresso gli si è opposta, e ha ottenuto di votare per la pubblicazione di tutti i documenti processuali del caso, denominati “Epstein files”. Trump, alla fine, ha dovuto accettare che i suoi parlamentari gli erano contro e ha finito per sostenere la pubblicazione dei documenti, dopo averla a lungo ostacolata.
Il caso Epstein è anche una delle ragioni dello scontro tra Trump e Marjorie Taylor Greene, esponente dell’ala più estremista dei Repubblicani che fino a pochi mesi fa era tra le più convinte sostenitrici del presidente. A fine novembre si è dimessa dalla Camera, dopo un’improbabile svolta politica in cui ha criticato molte delle posizioni di Trump.

Trump e Marjorie Taylor Greene nel 2022 (AP Photo/Seth Wenig, File)
Le distanze tra Trump e i Repubblicani stanno aumentando anche sulla politica estera. L’ultimo piano dell’amministrazione per porre fine alla guerra in Ucraina, che soprattutto nella sua prima versione era molto favorevole alla Russia, è stato criticato piuttosto duramente da vari Repubblicani, come l’ex leader al Senato Mitch McConnell, secondo cui il presidente russo Vladimir Putin «ha trascorso un anno intero a prendersi gioco del presidente Trump».
Il caso più recente riguarda i bombardamenti nel mar dei Caraibi, al largo delle coste del Venezuela, dove l’esercito statunitense da mesi attacca imbarcazioni che accusa di trasportare negli Stati Uniti droghe illegali. Queste operazioni sono state molto contestate e sono ritenute illegali da vari esperti. Di recente il Washington Post ha scritto inoltre che il segretario alla Difesa Pete Hegseth avrebbe ordinato a voce all’esercito di uccidere tutti gli occupanti delle imbarcazioni. Di conseguenza a settembre l’esercito ha dapprima bombardato un’imbarcazione, poi ha colpito di nuovo per uccidere i naufraghi aggrappati ai resti della barca distrutta. Nell’attacco furono uccise 11 persone.
L’ordine di Hegseth è stato criticato da molti Repubblicani perché potrebbe costituire un omicidio extragiudiziale o crimine di guerra se, come ha detto Trump, si considera che gli Stati Uniti siano in guerra con i cartelli del narcotraffico. «Se è vero sarebbe molto grave, e sono d’accordo che sarebbe un atto illegale», ha detto per esempio il deputato Repubblicano Mike Turner, mentre altri hanno promesso che il Congresso indagherà sulla questione. Allo stesso tempo molti Repubblicani hanno sminuito la polemica, difeso Hegseth e perfino giustificato il doppio attacco.
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Ci sono altri casi più piccoli in cui i Repubblicani hanno mostrato una certa indipendenza: hanno per esempio rigettato una proposta di Trump per versare ai contribuenti statunitensi i proventi dei dazi, perché sarebbe troppo oneroso per le finanze dello stato; si sono anche rifiutati di cambiare alcune regole parlamentari per porre fine al lunghissimo “shutdown” del mese scorso, come invece Trump chiedeva.

Lo speaker della Camera Mike Johnson firma una legge voluta da Trump, luglio 2024 (AP Photo/Julia Demaree Nikhinson, File)
Tutte queste piccole ribellioni sono comunque limitate rispetto agli scontri che i predecessori di Trump hanno spesso avuto con i parlamentari del proprio partito. Al tempo stesso sono notevoli perché mostrano come la presa assoluta che Trump aveva sui Repubblicani stia cominciando a ridursi, seppure lentamente.
È interessante notare anche che questo allontanamento si sta verificando molto presto. Di solito il sostegno dei parlamentari al proprio presidente si affievolisce dopo le elezioni di metà mandato (le prossime sono previste a novembre del 2026), quando ormai l’influenza che un presidente uscente può avere sulla rielezione di un deputato o di un senatore diventa minima. Questo fenomeno si chiama nel gergo politico statunitense lame duck presidency, ossia “presidenza dell’anatra zoppa”.
Il fatto che molti analisti comincino a definire Trump un’“anatra zoppa” già un anno prima delle elezioni di metà mandato dimostra che i Repubblicani sono preoccupati per l’impopolarità del presidente. Il tasso di approvazione di Trump è al 36 per cento: il suo predecessore Joe Biden arrivò a un livello simile solo nel momento più disastroso della sua carriera, dopo il quale fu costretto a ritirarsi dalle elezioni del 2024. L’impopolarità di Trump è stata anche un fattore nella grossa sconfitta dei Repubblicani alle elezioni locali di inizio novembre. I parlamentari stanno cominciando a temere che Trump e le sue politiche possano mettere in pericolo la loro possibilità di rielezione, e per questo hanno cominciato a riposizionarsi, molto gradualmente.



