In Italia non si vota più coi registri elettorali divisi per genere
Ora ci sono solo due scaglioni alfabetici, che eviteranno disagi per le persone trans e non binarie

In Italia i registri elettorali non sono più divisi in base al genere ma in due intervalli alfabetici, uno dalla A alla L e uno dalla M alla Z. Significa che chi andrà a votare non dovrà più esplicitare il genere attribuito sulla carta d’identità. È un cambiamento importante, chiesto da tempo per tutelare la privacy soprattutto delle persone che non si riconoscono né nel genere maschile né in quello femminile, o di quelle che si identificano in un genere diverso da quello anagrafico (per esempio perché hanno iniziato un percorso di transizione di genere ma non hanno ancora i documenti aggiornati, o perché per altri motivi non hanno chiesto il cambio di genere sui documenti).
La norma che ha introdotto questo cambiamento è in vigore già da maggio, come conferma il ministero dell’Interno, ma finora non se n’è parlato granché sui giornali: un po’ perché c’erano dei tempi tecnici per preparare i registri e un po’ perché nel frattempo le occasioni elettorali sono state poche e più che altro locali.
Il passaggio dalla distinzione di genere a quella alfabetica è però diventato efficace nelle elezioni regionali di questo autunno in Calabria, in Toscana, Valle d’Aosta e nelle Marche. Dovrebbe esserci anche per le elezioni regionali che si terranno domenica 23 e lunedì 24 novembre in Campania, Puglia e Veneto, visto che la modifica viene esplicitamente citata nelle istruzioni sulle operazioni di voto di tutte e tre le regioni. Il Post ha avuto la conferma che alcuni presidenti di seggio sono già stati avvisati dei nuovi registri.
Fino a pochi mesi fa i registri elettorali (cioè gli elenchi stilati dal ministero dell’Interno che contengono i nomi dei cittadini ammessi a votare) erano divisi in un registro maschile e uno femminile, in base al genere scritto sui documenti. Nella maggior parte dei seggi c’erano due scrutatori che registravano le persone che andavano a votare: uno compilava il registro maschile e uno quello femminile.
In molti casi, quindi, gli elettori e le elettrici venivano divisi in due file secondo questo criterio, cosa che obbligava alcune persone trans o non binarie a fare, di fatto, un coming out forzato. Ora invece chi andrà a votare sarà diviso solo in base al suo cognome.
La modifica è stata introdotta con un emendamento (di cui è prima firmataria la senatrice del Partito Democratico Cecilia D’Elia) al decreto-legge 27 del 2025, chiamato anche decreto elezioni. È lo stesso decreto con cui il governo aveva introdotto il voto per i fuorisede per i referendum dello scorso giugno. Con questo decreto è stata anche eliminata la norma che prevedeva per le donne sposate o vedove che fosse indicato sulla lista elettorale anche il cognome del marito.
Il decreto è stato convertito in legge a maggio, ma non era stato possibile adeguare i registri in tempo per le elezioni amministrative dello stesso mese e per i referendum di giugno. L’emendamento, infatti, è stato introdotto dopo che le amministrazioni e il ministero dell’Interno avevano già cominciato a preparare i registri e i documenti che sarebbero serviti ai seggi, utilizzando ancora il criterio della divisione per genere.
Alcuni comuni, però, si erano organizzati autonomamente anche prima che fosse approvata la legge nazionale, per fare in modo che le operazioni di voto fossero meno discriminatorie. Il comune di Milano, per esempio, aveva già diffuso nel 2023 e nel 2024 alcuni video in cui suggeriva ai presidenti di seggio di organizzare elettori ed elettrici in un’unica fila, tenendo i due registri vicini e identificando le persone solo una volta arrivato il loro turno.



