Al Qaida è vicina a conquistare il Mali
Sarebbe il primo paese a essere controllato interamente dal gruppo jihadista

I miliziani di un gruppo jihadista affiliato ad al Qaida sono vicini a conquistare Bamako, la capitale del Mali. Se succedesse il Mali diventerebbe il primo paese al mondo a essere governato da al Qaida.
Alcuni esperti di sicurezza intervistati da Benoit Faucon, un giornalista del Wall Street Journal che segue con attenzione questa storia, dicono che la caduta di Bamako non sarebbe imminente perché gli estremisti avrebbero scelto una strategia lenta di logoramento: stanno bloccando i rifornimenti che passano sulle strade che portano verso la capitale. Una delle prime cose a mancare è la benzina, e questo ostacola molto i piani dell’esercito maliano per rompere l’assedio.
Gli uomini di al Qaida, dicono gli esperti intervistati, vorrebbero fare come hanno fatto i talebani, che nel 2021 presero il controllo di Kabul e dell’intero Afghanistan, e come ha fatto il gruppo islamista siriano Hayat Tahrir al Sham, che nel 2024 ha conquistato Damasco e la Siria. Non vogliono trasformare la capitale Bamako in un campo di battaglia: vogliono prima far cedere l’esercito per esaurimento e poi entrare da vincitori nella capitale.
Il gruppo affiliato ad al Qaida che combatte in Mali e negli stati vicini si chiama Jama’at nusrat al Islam wal muslimin (Jnim), che in arabo vuol dire “Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani”. È nato nel 2017 dalla fusione di cinque gruppi jihadisti che avevano cercato di fare la stessa cosa – conquistare il Mali – ma erano stati respinti da un contingente militare mandato dalla Francia e appoggiato da altri governi europei, tra cui quelli di Germania e Regno Unito, con una campagna di contro-guerriglia cominciata nel 2013.
In generale lo scopo del Jnim è rovesciare i regimi del Sahel, la lunga striscia di stati che costeggia da sud il grande deserto del Sahara (in arabo “sahel” vuol dire proprio “costa”, come se il Sahara fosse un mare). Una volta che i regimi saranno sconfitti e i loro uomini cacciati, uccisi o sottomessi, al Qaida vorrebbe rimpiazzarli e imporre il proprio controllo.
Il ricercatore belga Pieter Van Ostaeyen è un esperto dei gruppi terroristici nel Sahel e tiene il conto degli attacchi rivendicati e commessi da ciascuna fazione. «Mi concentro sulla produzione mediatica ufficiale dei gruppi jihadisti, in particolare su tre canali: quello dello Jnim; Zallaqa Media, che è sempre un canale ufficiale dello Jnim; e il canale dello Stato Islamico della provincia del Sahel e dello Stato Islamico della provincia dell’Africa Occidentale». Lo Stato Islamico, anche conosciuto come ISIS, è uno solo ma è suddiviso in fazioni regionali. Le rivendicazioni degli attacchi però arrivano tutte su un unico canale.
«Di recente è comparso anche un nuovo canale su WhatsApp, ma io e il mio team stiamo ancora cercando di capire da dove provenga: si chiama Qanaa al Fath», continua Van Ostaeyen. «Da lì vengono diffusi i video più esclusivi, ma nessuno finora ha accettato di darmi l’accesso».
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Van Ostaeyen spiega che quando ha iniziato a monitorare il Sahel, a dicembre del 2022, c’erano circa 38 attacchi registrati al mese in Mali. «Negli ultimi mesi abbiamo raggiunto circa 171 attacchi al mese, la maggior parte rivendicata da Zallaqa Media, cioè da Jnim. Jnim ha un’influenza enorme: ha imposto blocchi a diverse città, impedendo l’arrivo di carburante e di viveri. Gli Emirati Arabi Uniti hanno appena pagato un riscatto tra i 5 e i 10 milioni di dollari per alcuni loro cittadini rapiti in Mali. Nelle ultime settimane, più di una decina di paesi ha aggiornato al rialzo il livello di allerta per chi viaggia in Mali: ormai l’intera mappa del paese è rossa». Quando una zona diventa rossa vuol dire che è considerata inaccessibile perché è troppo pericolosa.
L’esperto belga non crede che il Mali sarà il primo paese del mondo a finire per intero sotto il controllo di al Qaida. Sostiene che succederà prima al vicino Burkina Faso, dove la giunta militare che governa il paese ormai controlla soltanto il 30 o 35 per cento del territorio. Il resto è in mano a gruppi jihadisti, che combattono anche tra loro. «La tendenza è chiara: se continua così, entro due anni nel Sahel ci saranno 300-400 attacchi al mese».
Da quando ha preso il potere la giunta maliana ha espulso una forza militare guidata dalla Francia e ha iniziato ad assoldare mercenari del gruppo Wagner, che da qualche anno è stato posto gradualmente sotto il controllo diretto del ministero della Difesa russo (e ha cambiato il nome in “Africa Corps”). Secondo il Wall Street Journal però nemmeno loro stanno riuscendo a sedare le violenze, anzi: «i mercenari russi e i loro alleati maliani hanno avviato una campagna di rappresaglie su larga scala che ha spinto molti abitanti del posto a unirsi ad al Qaida o almeno a cercarne la protezione», scrive il giornalista Faucon, citando attivisti per i diritti umani e leader delle comunità locali.
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Nel marzo del 2022 i mercenari russi del gruppo Wagner e i soldati maliani massacrarono oltre 500 persone, violentarono donne e torturarono decine di altre durante un attacco al villaggio di Moura, in Mali. Fu il più grande massacro in una comunità africana che abbia coinvolto combattenti russi. Pochi giorni dopo fecero lo stesso, con meno morti, a Hombori.

Persone in coda per fare benzina a Bamako, il 7 ottobre del 2025 (AP Photo)
Van Ostaeyen spiega che Jnim, attraverso il suo leader Iyad ag Ghali, ha dichiarato esplicitamente (in un’intervista al giornalista francese Wassim Nasr) di voler arrivare fino al Golfo di Guinea: «e infatti abbiamo già registrato 45 attacchi in Camerun, cinque in Togo e otto in Ghana». L’obiettivo è espandersi «fino all’oceano. È un obiettivo ambizioso, ma possibile. Al ritmo attuale, credo che in due anni possano davvero raggiungere il Golfo di Guinea».
La possibilità della nascita di uno stato di al Qaida grande come cinque o sei paesi africani e affacciato sul mare sarebbe come minimo preoccupante per la comunità internazionale, ma Van Ostaeyen dice di ritenere improbabile un intervento militare. «Le giunte militari ci hanno cacciati via: hanno espulso le forze delle Nazioni Unite, i francesi, anche i nostri soldati belgi. Mali, Niger e Burkina Faso si sono staccati dall’ECOWAS, l’organismo che coordinava la lotta al terrorismo nell’Africa occidentale. E ora dipendono dai russi, che però peggiorano la situazione», risponde l’esperto, che ad aprile su questo argomento ha preparato un rapporto commissionato dallo Stato maggiore del Belgio. «Da quando siamo stati costretti a ritirarci, l’interesse dell’Occidente è crollato».
Un’altra tendenza in questa espansione è verso l’interno, per creare quella che Van Ostaeyen chiama una «fascia nera» di instabilità in tutta l’Africa subsahariana da una costa africana all’altra, da ovest a est, formata da paesi pericolosi per la presenza di gruppi jihadisti come lo Stato Islamico e al Shabaab, dal Golfo di Guinea fino alla Somalia.



