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  • Mercoledì 5 novembre 2025

A Parigi ha aperto il criticato negozio di Shein

Poche ore dopo il governo francese ha ordinato di oscurare il sito di Shein, e non è chiaro se le due cose siano correlate

La sede nel quartiere del Marais del centro commerciale BHV (Antoine Gyori/Getty Images)
La sede nel quartiere del Marais del centro commerciale BHV (Antoine Gyori/Getty Images)
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Mercoledì è stato inaugurato il primo negozio fisico dell’azienda cinese di fast fashion Shein in Francia, nel centro commerciale BHV di Parigi. L’apertura è stata molto criticata perché l’azienda da tempo non gode di buona fama: sia per le accuse di pratiche commerciali scorrette, sia perché più di recente è stata denunciata alla procura di Parigi per la vendita di una bambola sessuale con fattezze infantili.

Poche ore dopo l’inaugurazione del negozio, che è avvenuta intorno alle tredici, il governo ha dichiarato che avvierà una procedura di sospensione del sito di Shein in Francia che durerà finché l’azienda non dimostrerà «alle autorità pubbliche che tutti i suoi contenuti sono finalmente conformi» alla legge e ai regolamenti francesi. Ancora non si sa con che modalità e quando verrà effettuata questa sospensione, né che conseguenze potrebbe avere sul negozio fisico appena aperto (non è nemmeno chiaro se l’iniziativa del governo sia una conseguenza dell’apertura del negozio fisico).

Pierre-François Le Louët, presidente dell’Unione francese delle industrie della moda e dell’abbigliamento, che negli ultimi giorni era intervenuto parecchio pubblicamente sulla questione, si è complimentato su X con il governo per la «buona notizia».

Più o meno nelle stesse ore l’apertura del negozio fisico a Parigi era stata piuttosto concitata. Davanti al negozio era stata organizzata una manifestazione di protesta, e alcuni dei primi clienti si sono lamentati del fatto che i prezzi dei vestiti in vendita sono più alti rispetto a quelli che si trovano sul sito.

Molte aziende del settore lamentano da mesi l’inerzia del governo francese, sostenendo che non fosse riuscito in alcun modo a regolamentare l’attività di Shein. La proposta di legge che andava in questa direzione è bloccata in Senato dallo scorso giugno e non verrà ridiscussa prima dell’inizio del prossimo anno.

Shein è malvista da tempo per i suoi modelli di business e per la sua provenienza cinese, e la denuncia presentata alla procura di Parigi ha ulteriormente alimentato le critiche. Il marchio è stato più volte accusato di sfruttamento dei lavoratori che vengono fatti lavorare anche per 17 ore al giorno e vengono pagati molto poco. Diverse inchieste hanno rivelato la presenza di manodopera minorile all’interno della filiera produttiva dei capi Shein. Oltre agli aspetti etici, anche il modello di produzione e di consumo promosso dall’azienda è considerato altamente dannoso per l’ambiente, per via della rapidità con cui vengono realizzati e smaltiti gli abiti. Inoltre è stato dimostrato che alcuni abiti di Shein contengono materiali inquinanti e nocivi per la salute.

Shein rappresenta un’idea di moda molto distante da quella tradizionalmente associata a Parigi, ma nonostante le critiche l’azienda è molto importante dal punto di vista commerciale in Francia. Infatti secondo un rapporto di NielsenIQ, società che fa ricerche di mercato a livello mondiale, nel 2022 il brand deteneva già circa il 34 per cento del mercato del “fast fashion” in Francia, quasi al livello di Zara e H&M, che però esistono da molto più tempo. Oggi Shein riceve circa il 32 per cento del budget che i consumatori francesi destinano all’abbigliamento, nel 2020 era il 18 per cento. La sua crescita è legata soprattutto al fatto che mantiene i capi a prezzi molto bassi e segue costantemente le nuove tendenze.

A luglio Shein era stata multata dall’autorità antitrust francese per 40 milioni di euro per pratiche commerciali ingannevoli, infatti un’indagine dell’antitrust aveva rilevato che Shein aumentava i propri prezzi sul sito poco prima di applicare gli sconti facendo credere ai clienti di trovarsi di fronte a offerte vantaggiose. Mentre a settembre era stata multata per 150 milioni di euro dalla commissione nazionale per l’informatica e le libertà (CNIL), per mancato rispetto delle norme applicabili in materia di tracciatori su Internet.