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  • Martedì 4 novembre 2025

Almeno due alpinisti italiani sono morti in Nepal

Stavano scalando il Panbari, mentre altri tre impegnati su un'altra montagna sono dispersi dopo una valanga

Il monte Panbari (National Snow and Ice Data Center/Wikimedia Commons)
Il monte Panbari (National Snow and Ice Data Center/Wikimedia Commons)
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Stefano Farronato e Alessandro Caputo, due alpinisti italiani che erano dispersi su una montagna in Nepal da venerdì, sono stati trovati morti sepolti dalla neve dopo essere stati sorpresi da una bufera, ha confermato il ministero degli Esteri italiano. I due stavano cercando di scalare il monte Panbari, una vetta poco frequentata di 6.887 metri nella zona del Manaslu (8.163 metri), l’ottava montagna più alta al mondo.

Lunedì, poi, diverse altre persone sono morte a causa di una valanga sulla montagna Yalung Ri, a circa 200 chilometri dal Panbari. Nel gruppo c’erano anche alcuni alpinisti italiani. Il ministero degli Esteri non è ancora riuscito a contattarli, ma gli organizzatori dei soccorsi dicono che tre sono morti, assieme a due nepalesi, un tedesco e un francese. Il sindaco di Fara San Martino ha detto ad Ansa che uno di loro è il fotografo abruzzese Paolo Cocco, che era stato vicesindaco.

Da giorni sulle montagne nepalesi c’è forte maltempo portato dal ciclone Montha, che fra le altre cose ha bloccato in quota diversi alpinisti nepalesi e stranieri impegnati in varie spedizioni. Le fortissime precipitazioni hanno portato a un grosso accumulo di neve in quota, a cui però è seguito un periodo di sole e temperature alte che ha aumentato il rischio di valanghe, proprio in una stagione in cui ci sono molte spedizioni. Novembre infatti è considerato uno dei momenti migliori per le scalate sull’Himalaya, perché solitamente le precipitazioni sono scarse e i periodi di bel tempo più lunghi.

Farronato, di Bassano del Grappa, e Caputo, di Milano, si trovavano al campo 1 del Panbari, a una quota di 5mila metri, quando il meteo è peggiorato improvvisamente. Un altro alpinista che partecipava alla spedizione, Valter Perlino, ha detto al Corriere della Sera che i due sono stati trovati morti nella loro tenda, sepolti da due metri di neve nella notte fra giovedì e venerdì. Perlino si è salvato perché aveva interrotto la scalata per un problema al piede e si era fermato al campo base. È stato portato in salvo da un elicottero nepalese.

Il gruppo di alpinisti travolto dalla valanga di lunedì si trovava invece in un campo base della montagna Yalung Ri, più bassa e più frequentata. Il bilancio dei morti è estremamente grave anche per gli standard dell’alpinismo himalayano, dove incidenti simili non sono rari. Altre sette persone che facevano parte della spedizione sullo Yalung Ri erano state soccorse in precedenza. Quattro che erano rimaste ferite sono state portate in elicottero nella capitale Katmandu. Il gruppo si trovava al campo base dello Yalung Ri, a circa 4.800 metri di altitudine, per acclimatarsi prima di provare la scalata del Dolma Khang, alto 6.332 metri.