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  • Lunedì 27 ottobre 2025

Elia Viviani li ha eliminati tutti ancora una volta

Nell’ultima gara prima del ritiro è diventato campione del mondo nella corsa a eliminazione del ciclismo su pista

Elia Viviani il 26 ottobre a Santiago del Cile (EPA/Osvaldo Villarroel)
Elia Viviani il 26 ottobre a Santiago del Cile (EPA/Osvaldo Villarroel)
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Nel tardo pomeriggio del 26 ottobre Elia Viviani è diventato campione del mondo nella corsa a eliminazione su pista, nella sua ultima gara prima di ritirarsi. Viviani ha 36 anni e da inizio ottobre si sapeva che i Mondiali di ciclismo su pista di Santiago del Cile sarebbero stati l’ultima gara di una carriera notevole. Viviani ha vinto parecchio, sia su strada che su pista: novanta volte su strada, comprese tappe al Tour de France, al Giro d’Italia e alla Vuelta di Spagna; tre medaglie su pista in altrettante Olimpiadi (tra cui l’oro nell’omnium nel 2016) e nove medaglie ai Mondiali.

La gara a eliminazione è tra le più avvincenti e spettacolari del ciclismo su pista, oltre che estremamente essenziale nelle sue regole. È “a eliminazione” perché si parte in tanti ma ogni due giri si fa uno sprint: chi è ultimo viene eliminato ed esce di pista; gli altri continuano a girare, eliminazione dopo eliminazione, finché ne resta solo uno.

Il trucco è bilanciare le energie giro dopo giro: a stare sempre primi si rischia di affaticarsi troppo, ma anche stare troppo indietro è sfinente e snervante. Bisogna preservare le forze per le volate decisive e avere l’astuzia, l’esperienza e la finezza tattica necessarie a capire dove mettersi. La gara dura poco più di 12 minuti, qui ci sono gli ultimi due, con le ultime quattro eliminazioni e i successivi festeggiamenti:

Nato nel 1989 a Isola della Scala, in provincia di Verona, Viviani iniziò con pattinaggio, nuoto, sci e calcio: giocava da portiere e fece provini sia per l’Hellas che per il Chievo, le due squadre di Verona. Divenne ciclista professionista nel 2010, ma già nelle categorie giovanili era riuscito ad alternare con successo le corse su strada a quelle su pista.

Ora è più comune, ma qualche anno fa lo era molto meno, perché – soprattutto in Italia – si tendeva a scegliere l’una o l’altra cosa. Ed è in buona parte anche grazie a Viviani se ora non è più così. Fu infatti da esempio e da modello oltremodo virtuoso per mostrare che si poteva gareggiare su pista e correre su strada (in 16 anni ha percorso, solo contando le gare, quasi 175mila chilometri), e che anzi la pista lo aiutava nella sua attività da velocista. È stato infatti un ciclista “da volata”, capace di eccellere in sforzi esplosivi nelle ultime centinaia di metri delle tappe pianeggianti, simili a quelli della gara a eliminazione (con la differenza che i primi arrivano dopo ore passate a pedalare su strada).

«Io sono un velocista, la pista mi serve» ha detto Viviani, secondo il quale la differenza principale è che «in pista sei solo dentro a una specie di ottovolante spaziale nel quale contano soltanto le tue forze, dove tutto il resto intorno è sfumato».

Nel 2012, alle Olimpiadi di Londra, Viviani gareggiò nella prova su strada e fu l’unico italiano in gara nel ciclismo su pista: arrivò sesto nell’omnium, una specialità che mette insieme diverse discipline del ciclismo su pista (allora erano sei, ora sono quattro), che richiede grande tenuta sia fisica che mentale.

Nel 2016, alle Olimpiadi di Rio de Janeiro, tornò a gareggiare nell’omnium e vinse la medaglia d’oro: una delle otto italiane di quell’edizione. «È stato il risultato di un progetto e credo anche sia stato un trampolino di lancio per il movimento azzurro su pista», ha detto a proposito di quella vittoria.

Nel 2021, a Tokyo, fu portabandiera e vinse il bronzo, sempre nell’omnium. Nel 2024, alle Olimpiadi di Parigi, vinse l’argento gareggiando in coppia con Simone Consonni nell’americana: è anche nota come Madison (perché le gare nacquero al Madison Square Garden di New York) ed è una gara lunga 200 giri (50 chilometri) che è una sorta di staffetta continua. A Parigi, otto anni dopo le Olimpiadi in cui Viviani era l’unico italiano del ciclismo su pista, l’Italia portò atleti e atlete in otto gare diverse, vincendo tre medaglie.

Nel ciclismo Viviani è noto anche con il soprannome “il Profeta”: un po’ c’entra senz’altro il nome Elia, un po’ la tenacia e l’efficacia con cui, insieme con l’allenatore Marco Villa, ha voluto e saputo insistere sul ciclismo su pista, in cui ora l’Italia eccelle.

Viviani non ha medaglie olimpiche nella corsa a eliminazione perché la corsa – molto popolare nei meeting su pista noti come “Sei Giorni” – alle Olimpiadi esiste solo come parte dell’omnium, non come disciplina autonoma. È però senz’altro la sua disciplina: ai Mondiali su pista la si corre dal 2021 e in cinque edizioni Viviani ha vinto tre volte l’oro, una volta l’argento e una volta il bronzo. Anno dopo anno, e giro dopo giro, ha eliminato decine di avversari, e solo in due occasioni è stato eliminato.

A proposito della vittoria mondiale nell’ultima gara, ha detto: «Non avrei potuto pretendere di più da me stesso. Ringrazio tutto il mondo del ciclismo: dopo 16 anni sempre al limite potrò vivere altre emozioni e altre esperienze». Già nell’annunciare il ritiro aveva scritto: «Sono stati anni fantastici, sono volati, ma mi sono divertito e ho raggiunto tutto quello che volevo».