Il prossimo presidente boliviano dovrà trovare i dollari
Il paese non ne ha più ed è in un'enorme crisi economica: oggi si vota per il ballottaggio, e si sa già che non vincerà la sinistra

Oggi in Bolivia si vota per eleggere il nuovo presidente. Si sa già che saranno elezioni storiche, perché comunque vada per la prima volta da vent’anni non c’è (e quindi non vincerà) un candidato di sinistra: al primo turno i più votati sono stati Rodrigo Paz Pereira, un senatore di centrodestra, e Jorge Quiroga, un politico di destra che fu già presidente tra il 2001 e il 2002.
Nella campagna elettorale si è parlato soprattutto delle loro proposte per risolvere la peggiore crisi economica degli ultimi decenni, dovuta principalmente al fatto che la Bolivia non riesce più a esportare il suo gas naturale come in passato. Vendere il gas era essenziale per ottenere dei dollari, che poi venivano usati per comprare beni di consumo dall’estero e in particolare il carburante, che adesso scarseggia: per i boliviani è diventato comune fare lunghe code per procurarsi la benzina, e pagarla a prezzi altissimi.
La Bolivia ha bisogno di dollari anche perché importa quasi tutto. I dollari sono la valuta più comune e accettata sul mercato internazionale, e la Bolivia ha un problema ulteriore: dal momento che il peso boliviano è molto debole, il tasso di cambio col dollaro è molto penalizzante, nel senso che le servono molti pesos per ottenere dollari. Per questo le risulta conveniente ottenere dollari vendendo direttamente il gas, ma ora deve trovare un altro modo di procurarseli. Negli anni scorsi ha usato tutte le sue riserve, e a un certo punto la Banca Centrale aveva iniziato a vendere oro in cambio di dollari.
Nel frattempo i prezzi sono aumentati tantissimo: l’inflazione annuale è attorno al 21 per cento. La Bolivia è uno dei paesi più poveri del Sudamerica, e la crisi ha peggiorato ulteriormente le cose. Nei mesi scorsi ci sono già state proteste contro il governo del presidente uscente Luis Arce, di sinistra e parecchio impopolare.

Una coda a una stazione di rifornimento a El Alto, nell’ovest della Bolivia, il 14 ottobre (AP/Juan Karita)
Pereira è convinto di poter trovare i dollari che servono aumentando la fiducia dei boliviani nelle istituzioni e legalizzando l’economia sommersa: il suo ragionamento è che tanti abbiano tenuto da parte molti dollari, che rispetto alla valuta nazionale hanno resistito di più all’inflazione. Sostiene che recuperando la fiducia nelle istituzioni, ed eliminando la corruzione, la gente ricomincerà a spenderli e la situazione migliorerà. Quiroga invece vuole chiedere un prestito al Fondo Monetario Internazionale, cosa che di solito implica grandi programmi di riforme e privatizzazioni.
– Leggi anche: La Bolivia non avrà un presidente di sinistra per la prima volta dopo vent’anni
Sono proposte in linea con le loro posizioni. Pereira è un candidato moderato: vuole ridurre gli sprechi nella spesa pubblica e mantenere i sussidi a favore dei più poveri. Quiroga invece ha proposte molto più ambiziose, con cui vuole per esempio eliminare interi ministeri e cedere ai privati il controllo di risorse naturali come le riserve di litio e il gas.

Jorge Quiroga saluta alcuni sostenitori dopo aver votato al primo turno delle presidenziali, lo scorso agosto (AP/Freddy Barragan)
È difficile capire chi tra i due candidati sia in vantaggio. Secondo i sondaggi Quiroga è messo un po’ meglio, ma sono informazioni da prendere con cautela, perché in Bolivia sono spesso inaffidabili. Al primo turno Quiroga era stato votato soprattutto dalle classi medie e alte delle città e nelle regioni orientali della Bolivia, quelle più ricche. Pereira invece era andato meglio nelle regioni delle Ande, più povere e rurali.
I problemi economici sono stati una delle ragioni per cui il Movimento al Socialismo (Mas, di sinistra), che governa dal 2006, è andato molto male al primo turno. Un’altra ragione è lo scontro tra l’ex presidente Evo Morales e Arce, che oltre a essere il presidente uscente è anche il leader di Mas. Morales, che ha governato dal 2006 al 2019, non si è potuto ricandidare perché aveva raggiunto il limite dei mandati: lui ha contestato la decisione e chiesto ai propri sostenitori di boicottare il voto, invalidando la scheda. Al primo turno lo ha fatto il 19 per cento dei votanti. La loro preferenza potrebbe essere decisiva per il risultato finale, anche se Morales ha detto di non sostenere nessuno dei due candidati al ballottaggio.



