In Toscana l’approccio moderato del centrosinistra ha pagato

Nel PD c'erano dubbi che Eugenio Giani fosse troppo “riformista”, ma le liste a sostegno del presidente sono andate tutte piuttosto bene

Il leader di Italia Viva Matteo Renzi con il presidente rieletto della
Toscana Eugenio Giani a Firenze, per la chiusura della campagna elettorale, 10 ottobre 2025 (ANSA/UFFICIO STAMPA IV -NPK)
Il leader di Italia Viva Matteo Renzi con il presidente rieletto della Toscana Eugenio Giani a Firenze, per la chiusura della campagna elettorale, 10 ottobre 2025 (ANSA/UFFICIO STAMPA IV -NPK)
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Domenica sera, quando le elezioni che lo avrebbero riconfermato presidente della Toscana non erano ancora concluse, Eugenio Giani è andato a teatro: ha guardato una buona metà del Macbeth di Verdi messo in scena da Mario Martone al Maggio musicale fiorentino, poi è stato visto allontanarsi, scherzando e sorridendo con le persone che incrociava. Era il segno di una tensione tutto sommato modesta, visto che l’esito del voto era quasi scontato. Ciò che non si sapeva era quanto netta sarebbe stata quella vittoria.

Alla fine è stata netta e soddisfacente per Giani, essenzialmente per due motivi: primo perché il distacco tra lui e il suo principale avversario, Alessandro Tomasi di Fratelli d’Italia, è stato assai più ampio rispetto al 2020. Allora, contro la leghista Susanna Ceccardi in un momento in cui la Toscana, regione storicamente rossa, pareva contendibile, Giani vinse di 8 punti; stavolta ha ottenuto circa 15 punti in più di Tomasi. Un successo che sembra riconducibile in particolare all’approccio nel complesso moderato del centrosinistra a fronte di una campagna elettorale che invece la destra ha mantenuto quasi sempre su toni radicali: e questo è l’altro motivo di soddisfazione per Giani, visto che nei mesi scorsi proprio il suo profilo troppo centrista, “riformista”, era stato considerato dai dirigenti nazionali del suo partito, il PD, poco spendibile in vista del voto. Non a caso, nel commentare la vittoria, Giani ha esordito dicendo che questa è stata la vittoria «della Toscana illuminata e riformista».

Visto l’esito scontato, anche i leader della coalizione di destra, a differenza del 2020, avevano di fatto rinunciato a contendere la regione, orientandosi fin dall’inizio su una candidatura di servizio, quella del sindaco di Pistoia Tomasi, che non ha mai avuto alcuna concreta possibilità di mettere in dubbio l’esito del voto. Il punto era, semmai, capire come il centrosinistra avrebbe vinto.

A lungo Elly Schlein ha nutrito dubbi sulla riconferma di Giani. I suoi consiglieri le ripetevano che il fatto che fosse poco carismatico era un problema; e che il suo orientamento troppo moderato, i suoi legami mai del tutto sciolti con Matteo Renzi, potevano costituire un problema nella definizione di un’alleanza col Movimento 5 Stelle e con Alleanza Verdi e Sinistra, che avrebbero gradito un candidato più vicino alla linea di Schlein: gente come il deputato Marco Furfaro, per esempio, o come il segretario regionale del PD Emiliano Fossi.

I risultati dicono che invece proprio quell’aura rassicurante e moderata di Giani ha funzionato. Il PD ha ribadito il suo primato in regione: con un consenso che si aggira intorno al 34,5 per cento, replica in sostanza il 34,7 ottenuto alle regionali del 2020 (anche se con un numero assoluto di voti assai inferiore per via di un’affluenza più bassa di quasi il 15 per cento: ma allora si votò anche per i referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari, e il risultato finale era considerato assai meno scontato). Dopo il pessimo risultato delle politiche del 2022 (col 26,1 per cento), e quello già più confortante delle europee del 2024 (31,9 per cento), questo turno elettorale riporta il PD a essere di gran lunga il primo partito in Toscana. Nel 2022 aveva preso appena 3mila voti in più di FdI; nel 2024 aveva distanziato il partito di Giorgia Meloni di soli 4 punti. Stavolta la differenza è tra gli 8 e i 9 punti.

C’è poi un altro dato che mostra come Giani sia stato in grado di attirare verso di sé l’elettorato più moderato, e cioè l’ottima prestazione della lista Eugenio Giani Presidente – Casa Riformista, promossa principalmente da Matteo Renzi (la capolista a Firenze città e ad Empoli era Stefania Saccardi, vicinissima a Renzi e vicepresidente regionale uscente), e che aveva al suo interno anche esponenti del Partito Socialista vicini a Giani stesso, che proviene da quel partito. Se nel 2020 la lista di Italia Viva, partito nato da pochi mesi, ottenne il 4,5 per cento, stavolta Casa Riformista fa quasi il 9. Renzi potrà insomma intestarsi un risultato che è grosso modo analogo a quello ottenuto alle politiche del 2022, quando Italia Viva si presentò insieme ad Azione di Carlo Calenda (assente in queste elezioni), ma ora lo rivendicherà come un risultato tutto suo.

La Toscana per Renzi fa un po’ storia a sé: è la sua regione, è quella dove lui ha guidato la provincia e il comune del capoluogo, Firenze, e dove ha i legami più consolidati con cittadini, imprese e associazioni. Ma è comunque un risultato notevole.

Per certi versi, però, anche quello che è successo a sinistra del PD dimostra che Giani ha tenuto un buon posizionamento. In Toscana c’è da sempre una radicata presenza dei movimenti di sinistra radicale: già nel 2015, quando pure il candidato del centrosinistra era Enrico Rossi, molto più a sinistra di Giani, il candidato ancora più a sinistra Tommaso Fattori ottenne il 6,2 per cento. Dopo il passaggio a vuoto del 2020, stavolta c’erano aspettative per il risultato di Toscana Rossa, la lista sostenuta da Potere al Popolo, Possibile e Rifondazione Comunista, la cui candidata presidente era Antonella Bundu che già nel 2019, alle amministrative di Firenze, arrivò terza col 7,2 per cento. AVS, l’alleanza guidata da Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, ha titubato un po’, nei mesi passati, indecisa se sostenere Giani o se entrare in questa alleanza di sinistra magari trascinandosi dietro anche il M5S. E tra i suoi esponenti toscani c’era un po’ il timore che buona parte del proprio elettorato potesse essere attratto da Bundu, tanto più dopo le recenti manifestazioni per la Flotilla e per Gaza.

Non è andata così. Toscana Rossa ha fatto un buon risultato, anche se bisognerà attendere fino all’ultimo per capire se supererà la soglia di sbarramento del 5 per cento, che consente di eleggere consiglieri regionali. E tuttavia AVS, pur sostenendo un candidato moderato come Giani, non è andata male, anzi: ottiene circa il  7 per cento, sostanzialmente in linea con quanto fatto alle europee del 2024 (7,5 per cento), e due punti meglio delle politiche del 2022: riuscirà così a eleggere per la prima volta dei consiglieri regionali, cosa che non successe nel 2020, quando le varie liste ecologiste e di sinistra si presentarono divise.

Insomma, pur essendoci stato un partito di sinistra radicale che ha fatto una buona prestazione a sinistra della coalizione del cosiddetto “campo largo”, per AVS non c’è stato un calo dei consensi. E questo, per chi sostiene un posizionamento più moderato del PD, come Giani, è una buona notizia: vuol dire che ci si può “scoprire a sinistra”, come si dice in gergo, senza temere grosse ricadute per il centrosinistra nel complesso. Questo, almeno, vale per la Toscana.

A suo modo, del resto, il fatto che l’elettorato toscano non ricercasse proposte troppo radicali, lo conferma anche il risultato del centrodestra, e in particolare quello della Lega. Matteo Salvini aveva affidato la direzione della campagna elettorale al suo vice – ed europarlamentare – Roberto Vannacci: e lui l’aveva connotata secondo il suo stile, con toni esasperati, proposte estreme, polemiche strumentali, al punto da indurre vari dirigenti regionali del partito, come la stessa Ceccardi e altri consiglieri regionali uscenti, a defilarsi in modo polemico o a non accettare una ricandidatura.

Questo approccio non ha evidentemente pagato: la Lega è scesa al 4,5 per cento, e cioè a circa un quinto rispetto al 2020, quando aveva preso il 21 per cento, e a un terzo rispetto al 2015. Certo, nel 2020 la Lega godeva ancora di un grosso consenso nazionale, e nel 2015 era comunque in forte ascesa in varie regioni ed esprimeva un proprio candidato (Claudio Borghi). Ma anche se la Lega sta attraversando un momento completamente diverso rispetto a cinque o dieci anni fa, si tratta comunque di un pessimo risultato anche rispetto a elezioni più recenti come le politiche del 2022 e le europee del 2024, quando la Lega era comunque rimasta sopra al 6 per cento.

E se nel 2022 era stata il secondo partito della coalizione, e se nel 2024 era arrivata dietro a Forza Italia di appena poche centinaia di voti, stavolta il distacco è di 2 punti percentuali. Anche in Toscana, come già nelle Marche e in Calabria, Forza Italia supera insomma la Lega, e potrà far valere questo risultato anche a livello nazionale nei prossimi mesi, rivendicando più spazio e più potere al governo.

In un contesto del genere, dove il resto della coalizione fatica parecchio, FdI invece tiene abbastanza bene, sfruttando anche il fatto di presentare un proprio candidato: ha ottenuto circa il 26 per cento, e cioè un punto e mezzo in meno rispetto alle europee, ma esattamente in linea con le politiche del 2022. Dopo 3 anni di governo non era scontato.