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  • Giovedì 9 ottobre 2025

Il governo israeliano ha approvato l’accordo di pace con Hamas

Il cessate il fuoco potrebbe entrare in vigore nella serata di venerdì, ma tanti punti non sono ancora chiari

Persone palestinesi festeggiano la notizia dell'accordo a Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza (AP Photo/Jehad Alshrafi)
Persone palestinesi festeggiano la notizia dell'accordo a Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza (AP Photo/Jehad Alshrafi)
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L’accordo sulla prima fase del piano di pace per la Striscia di Gaza firmato mercoledì notte dai negoziatori di Israele e Hamas è stato approvato nella tarda serata di giovedì dal governo israeliano. Lo ha comunicato il primo ministro Benjamin Netanyahu. Nella notte il capo dei negoziatori di Hamas in Egitto, Khalil al Hayya, ha detto che gli Stati Uniti hanno dato sufficienti garanzie sulla fine della guerra a tempo indeterminato. I dettagli non sono ancora del tutto noti. In questa fase i temi più complicati relativi al futuro politico della Striscia di Gaza sono stati rimandati, ma fra dichiarazioni ufficiali e fonti anonime di diversi giornali comincia a essere più definito quello che dovrebbe succedere nei prossimi giorni.

Israele ha detto che il cessate il fuoco nella Striscia dovrebbe iniziare entro 24 ore dalla fine della riunione di governo in cui è stato approvato l’accordo, quindi teoricamente entro la notte di venerdì. Secondo fonti israeliane e statunitensi che hanno parlato in forma anonima a diversi giornali, in queste 24 ore l’esercito israeliano si dovrebbe parzialmente ritirare, pur continuando a controllare una parte significativa della Striscia. Al momento si ritiene che ne occupi più dell’80 per cento, e la portavoce del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha detto che in questa prima fase dovrebbe ritirarsi fino a occuparne il 53 per cento.

Riguardo agli ostaggi israeliani nella Striscia, sia l’ufficio di Netanyahu sia quello del presidente statunitense Donald Trump hanno detto che la loro liberazione potrebbe avvenire lunedì. Si ritiene che quelli ancora vivi siano 20; con loro dovrebbero essere anche restituiti i corpi di 28 ostaggi morti. Secondo diverse fonti Hamas dovrebbe consegnarli alla Croce Rossa, senza organizzare le cerimonie di liberazione con cui aveva rilasciato alcuni ostaggi durante l’ultimo cessate il fuoco, tra gennaio e marzo. Quelle cerimonie erano state molto criticate da Israele e da altri governi e organizzazioni internazionali perché ritenute umilianti e propagandistiche.

In cambio degli ostaggi Israele dovrebbe rilasciare dei prigionieri palestinesi, una categoria in cui rientrano sia persone condannate anche molti anni fa, di solito per reati legati al terrorismo, sia persone in “detenzione amministrativa”, cioè sospettate di un crimine dalle autorità israeliane ma detenute arbitrariamente senza accuse formali e senza processo. Secondo l’accordo proposto da Trump la settimana scorsa, dovrebbero essere liberate 250 persone condannate all’ergastolo e 1.700 persone palestinesi detenute a partire dal 7 ottobre del 2023, comprese tutte le donne e i bambini arrestati.

Negli ultimi giorni diversi quotidiani avevano parlato della possibilità che Israele liberasse Marwan Barghouti, il più importante e popolare leader politico palestinese che si trova da 20 anni in carcere, considerato l’unico in grado di riunire la popolazione palestinese sotto un’unica guida. Oggi però una portavoce di Netanyahu ha detto che questo non succederà.

Familiari e persone vicine agli ostaggi israeliani festeggiano a Tel Aviv, in Israele, il 9 ottobre 2025 (AP Photo/Emilio Morenatti)

Giovedì Trump ha anche detto che ci sarà una firma “ufficiale” del cessate il fuoco, una sorta di cerimonia che dovrebbe tenersi in Egitto e a cui ha detto che presenzierà. Trump ha detto che potrebbe partire domenica, ma non ci sono ancora dettagli sul suo viaggio, che potrebbe prevedere una tappa anche in Israele.

Ci sono numerosi elementi del piano di pace in 20 punti proposto da Trump su cui rimangono dei dubbi: non è chiaro se Hamas e Israele abbiano raggiunto un accordo sul disarmo di Hamas, né se si sia già arrivati a discutere di un eventuale ritiro completo delle forze israeliane da Gaza e della presenza di soldati di paesi stranieri nella Striscia. Hamas aveva inoltre detto che uno dei suoi obiettivi principali era avere una garanzia dagli Stati Uniti che Israele non avrebbe ricominciato a bombardare la Striscia dopo la liberazione degli ostaggi, ma non è chiaro se sia stata ottenuta. Giovedì sera il capo dei negoziatori di Hamas Khalil al Hayya ha però detto di aver ricevuto dai funzionari statunitensi e dai mediatori rassicurazioni sul fatto che la guerra «è completamente finita».

Non sono neanche chiari i tempi e le modalità con cui i beni di prima necessità potranno rientrare nella Striscia, né la quantità. Da due anni Israele ha limitato e in alcuni casi totalmente bloccato l’ingresso di cibo, acqua e medicinali nella Striscia, causando una carestia e diminuendo ulteriormente le possibilità di sopravvivenza della sua popolazione.

Nel piano in 20 punti proposto da Trump la settimana scorsa i beni di prima necessità sarebbero dovuti entrare nella Striscia subito dopo la firma ufficiale dell’accordo e avrebbero dovuto essere distribuiti dalle Nazioni Unite e da altre organizzazioni internazionali – e quindi non dalla Gaza Humanitarian Foundation, la criticatissima ong creata da Israele per controllare la distribuzione di beni di prima necessità nella Striscia.

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