Cosa dice la risposta di Hamas al piano di pace per Gaza
È molto vaga: ha accettato di liberare tutti gli ostaggi, ma lascia aperti altri punti su cui continuare a negoziare

La risposta di Hamas al piano di pace per la Striscia di Gaza presentato dal presidente statunitense Donald Trump, e accettato dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, è molto vaga: il gruppo ha accettato l’accordo solo in parte, ma ha lasciato aperti molti punti fondamentali su cui sarà necessario continuare a negoziare: le trattative dovrebbero riprendere nei prossimi giorni in Egitto. Nonostante questo, poco dopo la risposta Trump ha detto di ritenere che Hamas sia pronto a una «PACE duratura», e ha chiesto a Israele di interrompere «immediatamente» i bombardamenti su Gaza.
L’esercito israeliano ha detto di aver sospeso i bombardamenti e gli attacchi sulla città di Gaza, nel nord, che prima della guerra era la più grande e popolosa della Striscia. Non è chiaro però se abbia effettivamente fermato del tutto le operazioni militari: sabato mattina ci sono state alcune esplosioni, e persone palestinesi che si trovano lì hanno detto ai giornali di aver sentito colpi di missili, e che la città è ancora sorvolata da aerei da ricognizione. Un comunicato diffuso dall’ufficio di Netanyahu dice che Israele si sta preparando al rilascio degli ostaggi.
Il piano è molto favorevole a Israele e prevede imposizioni che finora Hamas ha considerato irricevibili. La risposta di Hamas era molto attesa anche perché Trump l’aveva presentato come una sorta di ultimatum: se il gruppo non dovesse accettare il piano, gli Stati Uniti sosterrebbero Israele nel proseguire la guerra e i massacri nella Striscia di Gaza. La vaghezza della risposta, e la disponibilità di Hamas a partecipare ad altri negoziati, fanno capire però che non è ancora stato raggiunto un accordo.

Donald Trump e Benjamin Netanyahu alla Casa Bianca il 29 settembre 2025 (AP Photo/Alex Brandon)
Hamas ha detto di essere disposto a liberare tutti gli ostaggi ancora presenti nella Striscia di Gaza, «secondo la formula di scambio inclusa nella proposta del presidente Trump, e con le appropriate condizioni sul campo». Non è chiaro cosa significhi l’ultima parte, e il gruppo non ha specificato i tempi con cui intende iniziare a liberare gli ostaggi. Ha detto di essere pronto a negoziare per discutere i dettagli. Anche il Jihad Islamico Palestinese, un’organizzazione alleata di Hamas ma considerata ancora più intransigente, ha detto di appoggiare la sua risposta. Anche il Jihad Islamico detiene alcuni ostaggi, e la sua adesione all’accordo è fondamentale per la loro liberazione.
Israele ritiene che a Gaza ci siano ancora circa 50 ostaggi, di cui 20 ancora vivi. Secondo il piano, Hamas dovrebbe liberare i vivi e riconsegnare tutti i corpi entro 72 ore dall’approvazione dell’accordo. In cambio, Israele dovrebbe scarcerare 1.950 prigionieri palestinesi. Il rilascio degli ostaggi è da tempo una questione fondamentale per Netanyahu, che sta subendo molte pressioni anche interne a Israele: le famiglie degli ostaggi lo accusano di metterli a rischio con i continui attacchi e bombardamenti sulla Striscia, e di anteporre il suo interesse personale all’obiettivo di liberarli.
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Un altro punto fondamentale dell’accordo è come e da chi sarà governata la Striscia dopo la fine della guerra. Hamas ha detto di essere disposto ad «affidare l’amministrazione a un ente palestinese di tecnocrati indipendenti, scelto col consenso dei palestinesi e con il sostegno di arabi e musulmani». È evidentemente una formulazione vaga, da cui non si capisce se il gruppo abbia accettato di non avere alcun ruolo nel futuro governo della Striscia, come previsto dal piano di Trump.
Secondo il piano la Striscia dovrebbe essere governata da una «commissione palestinese tecnocratica e apolitica», la quale a sua volta sarebbe supervisionata da un «Consiglio della Pace» guidato da Trump stesso. A giudicare dalle dichiarazioni di Trump, sarebbe questo Consiglio a detenere il vero potere decisionale. Ne farebbero parte leader palestinesi e internazionali, tra cui l’ex primo ministro britannico Tony Blair. Il compito del Consiglio sarebbe quello di governare Gaza finché l’Autorità palestinese, cioè l’ente che già governa parte della Cisgiordania, non si sarà «riformata» e sarà pronta a prendere il controllo anche della Striscia.

Una colonna di fumo dopo un bombardamento israeliano sulla città di Gaza, il 1° ottobre 2025 (AP Photo/Abdel Kareem Hana)
La risposta non menziona invece altri punti dirimenti della proposta di accordo: non parla per esempio della richiesta di disarmo del gruppo e demilitarizzazione della Striscia. Trump stesso ha riconosciuto che l’accordo non è ancora concluso: in un videomessaggio ha detto che questo è «un grande giorno», ma «vedremo cosa succederà».
Il piano era stato presentato da Trump lunedì durante una conferenza stampa con Netanyahu, che l’aveva sostenuto. Venerdì Trump aveva poi dato tempo ad Hamas fino a domenica per rispondere.



