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  • Sabato 27 settembre 2025

Le strade del Ruanda erano già pronte per il ciclismo

Non per niente è noto come "il paese dalle mille colline”: oggi iniziano le gare più importanti dei Mondiali

Jonas Walton il 22 settembre a Kigali, in Ruanda (David Ramos/Getty Images)
Jonas Walton il 22 settembre a Kigali, in Ruanda (David Ramos/Getty Images)
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Fatta eccezione per la Parigi-Roubaix, tutti i percorsi più noti del ciclismo hanno a che fare con strade in salita. Nel caso di corse di un giorno, nemmeno serve arrivare a grandi salite alpine o pirenaiche: bastano salite più brevi ma intense, come le côtes e i muri delle corse belghe; meglio ancora se in una superficie diversa dal semplice asfalto. Le più famose salite ciclistiche sono in Europa per ragioni storiche, ma ne esistono di altrettanto interessanti anche altrove. Senz’altro ce ne sono in Ruanda, paese che sta ospitando i Mondiali di ciclismo, i primi in Africa.

Anche noto come “il paese dalle mille colline”, il Ruanda si è fatto molto apprezzare nelle prime prove dei Mondiali di ciclismo, quelle a cronometro e delle categorie giovanili. Sabato e domenica ci sono le gare più attese, le prove in linea: quella femminile, dove ha buone possibilità l’italiana Elisa Longo Borghini, e quella maschile, dove tanto per cambiare il favorito è Tadej Pogacar. 

Entrambe le gare si svolgeranno perlopiù su un circuito di 15 chilometri nella capitale Kigali, con diversi passaggi su brevi salite, alcune delle quali in pavé. La gara femminile avrà un dislivello complessivo di 3.350 metri, quella maschile – più lunga e con un passaggio oltre i 1.700 metri di altezza – avrà un dislivello totale di 5.500 metri, paragonabile a quello di una dura tappa alpina al Giro d’Italia o al Tour de France. 

Prima che iniziassero, dei Mondiali di Ruanda se ne era parlato soprattutto per criticità che non c’entrano con il ciclismo. Il Ruanda è un paese governato da un regime autoritario e repressivo ed è accusato di sostenere il gruppo paramilitare dell’M23, che combatte contro l’esercito congolese nella vicina Repubblica Democratica del Congo. Paul Kagame, che ne è presidente dal 2000, usa lo sport come strumento di propaganda.

L’uso dello sport da parte di Kagame per fini extrasportivi può però essere separato dal bene che i Mondiali di ciclismo in Ruanda possono fare sia al ciclismo che al Ruanda. Perché possono aiutare a far crescere il ciclismo nel paese e più in generale in Africa (quest’anno le nazionali africane in gara sono il doppio rispetto all’anno scorso). E perché portano un evento sportivo di livello mondiale in un paese che – seppur in forte ripresa dopo il genocidio del 1994 – è ancora tra i più poveri al mondo (ha un PIL pro capite sotto ai mille euro, mentre quello italiano è di circa 38mila euro).

– Leggi anche: I discussi Mondiali di ciclismo in Ruanda

«Questi Mondiali sono una macchia per il ciclismo o devono esserne un punto di orgoglio?», si è chiesto Dan Challis su Cycling Weekly. La risposta – sua, ma condivisa da molti osservatori – è «un po’ tutt’e due».

Il Ruanda è in effetti un paese dove il ciclismo è seguito e praticato, dove le biciclette sono anche un mezzo di emancipazione femminile, e in cui le gare di questi giorni stanno attirando sempre più persone. E tra le tante attività di promozione (o propaganda) attraverso lo sport, il ciclismo ha senz’altro il vantaggio di mettere davvero in mostra un territorio, di creare davvero un qualche tipo di rapporto tra l’evento mondiale e le persone lungo le strade. Ben più di quanto facciano molti altri sport, a cominciare dalla Formula 1, di cui Kagame vorrebbe ospitare un Gran Premio. 

I Gran Premi si svolgono quasi sempre in “nonluoghi”, qualcosa che succede in un posto a parte sempre molto uguale a sé stesso. Al contrario, in questi giorni cicliste e ciclisti si sono allenati lungo le strade – spesso strade diverse da quelle del percorso dei Mondiali – e sui social hanno mostrato paesaggi e raccontato incontri fatti mentre pedalavano.

Due ciclisti – una in gara e uno che la guarda – il 22 settembre a Kigali, in Ruanda (Dario Belingheri/Getty Images)

Ciclisti e addetti ai lavori presenti in Ruanda parlano di un contesto piacevole e stimolante, in certi casi quasi con una sorta di stupore rispetto ad aspettative o stereotipi di altro tipo. «Kigali è accogliente, Kigali è sicura, Kigali è pulitissima», ha scritto Filippo Maria Ricci, inviato ai Mondiali per la Gazzetta dello Sport.

In risposta a una richiesta di paragonare il percorso di Kigali a quello dei Mondiali del 2022 di Wollongong, in Australia (gli unici nell’emisfero sud prima di questi), Pogacar ha detto: «Questi sono molto più divertenti, dieci volte meglio». Ha anche parlato di come – a parte «l’aria un po’ sporca» – si sia sentito sicuro sulle strade, «molto più che in Europa». L’inquinamento dell’aria è per ora l’unico tema davvero negativo che si è fatto notare dal punto di vista dell’esperienza diretta dei corridori.

Le strade di Kigali sono ottime per il ciclismo perché le loro salite somigliano molto a quelle delle più importanti corse belghe di un giorno. Qualcuno le ha paragonate a quelle della Liegi-Bastogne-Liegi (un po’ più lunghe e su asfalto), altri le hanno paragonate invece a quelle su pavé del Giro delle Fiandre, come l’Oude Kwaremont o il Koppenberg. Forte di una grande esperienza anche sulle pietre, Pogacar ha precisato però che quelle di Kigali sono «completamente diverse» e «un po’ più difficili da affrontare» rispetto alla maggior parte di quelle che si trovano in Belgio. C’entra il fatto che sono disposte «a cerchio» anziché in orizzontale.

Jay Vine sul Mur de Kigali, in Ruanda, il 26 settembre (David Ramos/Getty Images)

A questi Mondiali le salite principali saranno la Côte de Kigali Golf (800 metri con pendenza media pari all’8 per cento) e il Côte de Kimihurura (1,3 chilometri, con pendenza media al 6,3 per cento). Nella prova femminile saranno affrontate 11 volte; in quella maschile 15, con in mezzo anche una parte aggiuntiva di percorso con passaggio sul Monte Kigali (una salita lunga 6 chilometri) e sul Mur de Kigali, un “muro” in pavé di 400 metri. I nomi côte e mur (come in Belgio sono definite le salite brevi e intense, in genere in pavé) sono legati al drammatico e violento colonialismo belga in Ruanda.

Oltre che per le loro qualità altimetriche, le strade dei Mondiali si sono fatte apprezzare per essere tecniche ma mai pericolose, spesso con accanto una pista ciclabile: a volte con belle vedute su parti di Kigali, altre in mezzo a una vegetazione verde e varia, in cui si fanno notare soprattutto le molte palme, in genere inusuali in una corsa ciclistica.

La gara femminile, lunga 164 chilometri, sarà sabato pomeriggio, con diretta sulla Rai: la favorita per la vittoria è la francese Pauline Ferrand-Prevot, vincitrice del Tour de France e più completa di ogni altra ciclista in attività. Ma il tipo di percorso si presta bene anche alle caratteristiche fisiche e alle capacità tattiche di Longo Borghini. 

La gara maschile, lunga 267 chilometri, sarà domenica, anche in questo caso con arrivo nel pomeriggio e diretta sulla Rai. È un percorso duro come pochi altri nella storia dei Mondiali, che richiede di fare svariati sforzi brevi ma estremamente intensi, con tanta salita e con la necessità di saper guidare la bicicletta in modo eccellente. Tutte caratteristiche che lo rendono un percorso ideale per Pogacar, che però nella prova a cronometro è stato battuto in modo netto dal belga Remco Evenepoel.

– Leggi anche: Tadej Pogacar è ineluttabile?