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  • Mercoledì 24 settembre 2025

L’incerto futuro della combinata nordica

La praticano poche persone in pochi paesi, ed è l’unico sport invernale che alle Olimpiadi fanno solo gli uomini

di Michele Pelacci

(David Ramos/Getty Images)
(David Ramos/Getty Images)
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Per molte persone, anche tra le più appassionate di sport invernali, la combinata nordica è uno sport difficile da concepire. Non è nemmeno corretto definirlo uno sport: ne mette assieme due, il salto con gli sci e lo sci di fondo. Pur essendo una disciplina storica e affascinante, è praticata in pochissimi paesi, interessa a pochissime persone e dopo oltre cento anni rischia di scomparire dal calendario olimpico.

È uno sport che presenta innanzitutto enormi difficoltà logistiche per chi lo pratica: i materiali necessari sono peculiari e i posti in cui praticarlo nel mondo non tantissimi; in estate diventa una cosa molto diversa (lo sci di fondo si fa su rotelle). Ciononostante, la combinata nordica è presente nel calendario olimpico fin dalla prima edizione, Chamonix 1924. A Milano Cortina 2026 ci saranno tre eventi e 36 atleti.

Ben 19 in meno rispetto a Pechino 2022 e sempre tutti uomini. A causa delle poche persone praticanti e degli stereotipi di genere che nei decenni hanno ostacolato l’accesso delle donne alla disciplina, è l’unico sport olimpico invernale ancora esclusivamente maschile.

La combinata nordica è uno sport molto popolare in Norvegia, dove si ritiene che sia nato attorno alla metà dell’Ottocento. La prima vera e propria gara avvenne nel 1892 durante l’Holmenkollen Ski Festival, un evento talmente popolare da essere soprannominato “la seconda festa nazionale norvegese”. Nonostante gareggiasse solo a livello amatoriale, il più celebre combinatista nordico a inizio Novecento fu il re di Norvegia Olav V, descritto come più abile nel salto che nello sci di fondo.

Oltre a richiedere uno sforzo psicofisico molto diverso, queste due specialità vengono misurate in maniera differente: i salti si misurano in metri e con un punteggio dato da giudici, mentre la prova sugli sci di fondo è a tempo. Le due prove avvengono a poche ore di distanza: prima si salta da un trampolino innevato per un centinaio di metri; poi si mettono ai piedi sci molto più stretti e si scia su un circuito, spingendosi in avanti grazie a lunghi bastoni.

Il calcolo usato per convertire in secondi i metri di vantaggio ottenuti nel salto si chiama “metodo Gundersen”, e cambia leggermente a seconda del formati di gara. Oggi ne esistono tre: il più popolare è l’individuale Gundersen, dal nome dell’atleta e poi direttore tecnico che lo mise a punto.

Gunder Gundersen ai campionati norvegesi del 1957 (Wikimedia/Oslo Museum)

Nell’individuale Gundersen gli atleti saltano dal trampolino e ottengono un punteggio, influenzato da quanto lontano riescono ad atterrare, lo stile nel salto (cinque giudici danno un voto da 1 a 20), vento e punto esatto della stanga di partenza. Questo punteggio viene poi convertito in secondi: un punto equivale a quattro secondi di vantaggio in una partenza scaglionata, nella quale chi ha ottenuto il miglior punteggio nel salto parte per primo. Terminati i dieci chilometri di fondo vince chi arriva prima al traguardo. Gli altri due formati, la compatta e la mass start, differiscono nei tempi con cui partono gli atleti nella prova di fondo o nell’ordine con cui vengono affrontate le prove.

Una variabile importante nelle gare di combinata nordica è la lunghezza del trampolino. Ne esistono di cinque categorie (piccolo, medio, normale, lungo, da volo), ma alle Olimpiadi vengono usati solo quelli normale e lungo. I rinnovati e ingranditi (e già discussi) trampolini di Predazzo, in Val di Fiemme, dove si terranno le prove olimpiche di Milano Cortina 2026, saranno più lunghi di qualche metro rispetto ai trampolini di Pechino 2022. I 36 atleti gareggeranno in 3 prove: Gundersen su trampolino normale, Gundersen su trampolino lungo e staffetta a coppie.

I due trampolini di Predazzo in una foto dello scorso agosto (ANSA)

Da anni la FIS, la federazione internazionale che gestisce e regola la combinata nordica, sta facendo pressioni sul CIO, il Comitato Olimpico Internazionale, per far debuttare alle Olimpiadi le gare femminili di combinata nordica, finora senza successo. In un comunicato stampa del giugno del 2022, il comitato esecutivo del CIO ha descritto «molto preoccupante» la situazione della combinata nordica, che sarebbe stata «di gran lunga» la disciplina con meno spettatori durante le edizioni del 2014, 2018 e 2022 dei Giochi Olimpici invernali. Anche perché è uno sport in cui vincono sempre gli stessi paesi: tra 2014 e 2022 le 27 medaglie olimpiche assegnate sono state tutte vinte da atleti di Norvegia, Germania, Austria e Giappone.

A Milano Cortina 2026 gli atleti (1.538) saranno di più delle atlete (1.362). Per cercare di raggiungere la parità di genere, alcuni ritengono che l’opzione più facile sarebbe eliminare del tutto la combinata nordica dal programma olimpico, anziché aggiungere gli eventi femminili. Lasse Ottesen (direttore delle gare FIS di combinata nordica) e Sandra Spitz (direttrice “sport & eventi” della FIS) sostengono invece che il debutto olimpico della combinata nordica femminile aiuterebbe a preservare tutta la disciplina.

Qualcosa si sta muovendo. La FIS sta provando a migliorare la visibilità degli atleti, anche grazie a una docu-serie chiamata The Overlooked (I trascurati). La federazione norvegese ospita atleti di paesi meno forti nella combinata nordica come Armenia, Afghanistan, Lettonia e Turchia. Anche la nazionale statunitense, di recente salvata dalla FIS stessa, va spesso in Norvegia per allenarsi.

Intanto il movimento femminile di combinata nordica sta facendo passi in avanti. Le tappe annuali di Coppa del Mondo sono in aumento, più atlete partecipano ai Mondiali e le competizioni sono sempre più seguite e avvincenti. Uno dei momenti migliori dei recenti Mondiali di Trondheim, per esempio, è stato quando le gemelle giapponesi Haruka e Yuna Kasai sono salite entrambe sul podio della mass start con trampolino normale.

All’inizio del 2025, in Austria, per la prima volta la combinata nordica femminile si è confrontata con un weekend lungo che accogliesse tutti e tre i formati di gara. Nel marzo del 2025 la Coppa del Mondo femminile ha debuttato su un trampolino lungo, proprio a Holmenkollen. Era anche l’ultima tappa della stagione e a vincere la classifica generale è stata la liceale tedesca Nathalie Armbruster, una delle giovanissime combinatiste che possono rappresentare il futuro della disciplina.

Allo stesso tempo però la combinata nordica femminile perde atlete perché preferiscono dedicarsi ad altre discipline. È il caso di Annika Sieff, la sola (ex) combinatista italiana ad essere salita sul podio di Coppa del Mondo (ben cinque volte). Non vedendo un futuro olimpico per la sua disciplina, Sieff ha preferito concentrarsi a tempo pieno sul salto con gli sci: «Durante tutta la scorsa stagione ci hanno detto che una piccola possibilità di andare alle Olimpiadi ci sarebbe stata. Ci siamo impegnate, abbiamo lottato e ci siamo addirittura disegnate la barba in faccia. Abbiamo fatto di tutto e di più per smuovere. Nell’ultima gara stagionale abbiamo avuto modo di parlare direttamente con il capo del CIO e ci ha detto che era impossibile che ciò avvenisse».

Le gare femminili hanno già debuttato in eventi giovanili come i Giochi Olimpici invernali giovanili di Losanna 2020 o il Festival Olimpico invernale della Gioventù Europea (EYOF) nel 2023. «La soluzione più logica sarebbe che anche le donne potessero partecipare al programma olimpico – ha dichiarato Pierre Mignerey, direttore tecnico della Federazione francese di sci – ma non siamo noi a decidere». La decisione finale sul futuro della combinata nordica è attesa per giugno, quando il Comitato Olimpico Internazionale stabilirà se e quali eventi faranno parte del programma delle Olimpiadi invernali del 2030 nelle Alpi francesi.