Dopo oltre vent’anni di dibattiti, il trattato dell’ONU per la tutela dell’alto mare diventerà legge

Una tartaruga nuota in mare al largo di Tolone, in Francia, 5 luglio 2020 (Alexis Rosenfeld/Getty Images)
Una tartaruga nuota in mare al largo di Tolone, in Francia, 5 luglio 2020 (Alexis Rosenfeld/Getty Images)

Dopo oltre vent’anni di dibattiti, all’inizio del 2026 il trattato dell’ONU per la tutela dell’alto mare diventerà legge. Il trattato ha l’obiettivo di proteggere la biodiversità nelle acque internazionali, cioè quello che viene appunto definito “alto mare”, che pur occupando la maggior parte della superficie terrestre è in larga parte escluso dai trattati già esistenti.

Gli animali e le piante marine sono sempre più vulnerabili in parte a causa degli effetti del cambiamento climatico, e in parte per altri fattori, come la pesca eccessiva, il traffico navale e l’inquinamento: ciononostante, solo il 10 per cento circa degli oceani è protetto. L’obiettivo del trattato è che entro il 2030 il 30 per cento delle acque in alto mare sia trasformato in aree protette, di modo da proteggerle dalle attività potenzialmente dannose, come l’estrazione mineraria.

I paesi membri dell’ONU si erano messi d’accordo sul testo del trattato nel giugno del 2023, ma per entrare in vigore doveva essere ratificato da almeno 60 paesi. Da allora era già stato ratificato da paesi come Norvegia, Corea del Sud e Cile, oltre all’Unione europea e alcuni paesi membri (tra cui Belgio, Francia e Grecia, ma non l’Italia), e venerdì Marocco e Sierra Leone sono stati il sessantesimo e sessantunesimo a farlo: questo significa che tra 120 giorni, ovvero il prossimo 17 gennaio, diventerà legalmente vincolante per i paesi che lo hanno firmato. Le aree da tutelare e le modalità per farlo verranno individuate, valutate e votate dai paesi che hanno firmato il trattato, una volta che sarà entrato in vigore.

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