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  • Giovedì 18 settembre 2025

Sarà molto difficile approvare le sanzioni europee contro Israele

Le ha proposte la Commissione ma servirebbero i voti favorevoli dell'Italia o della Germania, e nessuno dei due paesi per ora è convinto

La postazione vuota di Israele durante una sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra, Svizzera
La postazione vuota di Israele durante una sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra, Svizzera (Salvatore Di Nolfi/Keystone via AP)
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La Commissione Europea ha proposto alcune sanzioni e misure commerciali contro Israele, per fare pressione sul governo del primo ministro Benjamin Netanyahu e in risposta ai crimini e agli abusi commessi nella Striscia di Gaza. Sarà però molto difficile farle approvare perché alcuni paesi, tra cui la Germania e l’Italia, continuano a opporsi a misure che possono penalizzare i propri rapporti con Israele.

Anche se non sono ancora state approvate, le “sanzioni” (che poi sono sanzioni solo in parte) sono già state descritte con un certo allarmismo in Israele: il ministro degli Esteri Gideon Sa’ar ha accusato la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen di voler «aiutare» Hamas, mentre Netanyahu ha detto che, davanti alla minaccia dell’isolamento internazionale, Israele deve diventare una «super Sparta», cioè un luogo militarmente potente e autosufficiente. In realtà le misure europee, anche se fossero applicate, sono piuttosto blande.

La misura più importante (che non è una sanzione) è la sospensione del trattato di associazione con Israele in vigore dal 2000, che prevede l’annullamento dei dazi su parte delle merci scambiate tra Israele e i paesi dell’Unione. La sospensione del trattato significherebbe che sulle merci israeliane tornerebbero a essere applicati gli stessi dazi (bassi) che l’Unione applica ai paesi con cui non ha un trattato di libero scambio. Secondo i calcoli della Commissione, questi dazi ammonterebbero a circa 227 milioni di euro all’anno. È una somma notevole, ma non tale da costituire un problema per l’economia israeliana. Peraltro, come ha notato nella sua newsletter Il Mattinale Europeo il giornalista David Carretta, se Israele dovesse rispondere con misure simili c’è il rischio che le aziende europee siano svantaggiate più di quelle israeliane.

Per sospendere il trattato di associazione è necessario il voto a maggioranza qualificata del Consiglio dell’Unione Europea, l’organo formato dai ministri dei paesi membri dell’Unione. Si raggiunge quando votano a favore almeno 15 dei 27 stati membri e si raggiunge una rappresentanza di almeno il 65 per cento della popolazione dell’Unione. Allo stato attuale sarebbe molto difficile raggiungere questa maggioranza senza i voti favorevoli della Germania o dell’Italia, che sono due degli stati più popolosi, quindi spostano molto. Ma attualmente né il governo tedesco né quello italiano sembrano disposti ad accettare le misure. Altri grandi stati, come la Francia e la Spagna, sono invece favorevoli.

In Germania – dove per ragioni storiche la politica è particolarmente filoisraeliana – il governo di Friedrich Merz (della CDU, centrodestra) teme di subire ripercussioni interne se dovesse approvare misure percepite come anti israeliane. Il mese scorso, quando Merz annunciò una sospensione parziale della vendita di armi a Israele, subì una piccola rivolta interna nel suo stesso partito. Anche la presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni ha mantenuto finora posizioni piuttosto filo israeliane, anche se negli ultimi mesi ha espresso critiche sempre più nette verso le operazioni militari dell’esercito israeliano a Gaza.

Che le posizioni non siano cambiate lo ha notato anche Kaja Kallas, l’Alta rappresentante dell’Unione per la politica estera, che ha detto: «Anche se l’opinione pubblica dentro agli stati membri sta davvero cambiando a causa delle sofferenze a Gaza (…) penso che le linee politiche siano rimaste esattamente dov’erano finora».

Itamar Ben Gvir (a sinistra) e Bezalel Smotrich nel 2022

I ministri israeliani Itamar Ben Gvir (a sinistra) e Bezalel Smotrich nel 2022 (AP Photo/ Maya Alleruzzo, Pool, File)

L’altra misura annunciata dalla Commissione sono sanzioni contro i due membri più estremisti e violenti del governo israeliano, il ministro della Pubblica sicurezza Itamar Ben-Gvir e quello delle Finanze Bezalel Smotrich, oltre che sanzioni contro alcuni gruppi di coloni particolarmente violenti. La Commissione ha annunciato anche l’indurimento di alcune sanzioni contro leader di Hamas.

Su queste sanzioni le posizioni variano maggiormente: l’Italia, per esempio, sarebbe disposta a discuterne. Tuttavia per approvarle c’è bisogno dell’unanimità del Consiglio dell’Unione, e raggiungerla è quasi impossibile, visto che alcuni paesi molto vicini a Israele, come l’Ungheria, metterebbero il veto.

C’è una terza misura minore proposta dalla Commissione, che è la sospensione di un programma di aiuti bilaterali grazie al quale l’Unione finanzia progetti di ricerca e associazioni del terzo settore israeliane. La sospensione varrebbe 14 milioni di euro ed esenterebbe alcune importanti ong e lo Yad Vashem, l’ente israeliano per la Memoria della Shoah. Ci sono maggiori probabilità che questa misura sia approvata, ma sarebbe comunque un risultato minore, sia in termini economici sia simbolici.