L’enorme piano del governo gallese per incentivare l’uso della lingua gallese

Ha obiettivi che arrivano fino al 2050, una serie di iniziative di successo, e un potenziale ostacolo: Nigel Farage

di Matteo Castellucci

Una statua dell’orsetto Paddington, personaggio di storie per bambini famosissimo nel Regno Unito e noto in tutto il mondo, al castello di Cardiff: ce ne sono 23 nel paese
Una statua dell’orsetto Paddington, personaggio di storie per bambini famosissimo nel Regno Unito e noto in tutto il mondo, al castello di Cardiff: ce ne sono 23 nel paese (Matteo Castellucci/il Post)
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Nelle strade di Cardiff la lingua gallese si legge ovunque. Negli avvisi sui muri, sui menù del ristorante, nei cartelli stradali bilingui, che mostrano anche la traduzione in inglese. Eppure, non la si ascolta con la stessa frequenza.

Il gallese, una delle poche lingue celtiche ancora in vita, ha la fama di essere complicato e quasi intraducibile. Sara Huws, bibliotecaria dell’università di Cardiff, si aggira fra gli scaffali e afferra alcuni libri antichi. Prende un dizionario gallese-latino, che riportava effettivamente parole un po’ inafferrabili come hiraeth, una forma di nostalgia. Se non avete idea di come pronunciare una parola del genere, non siete i soli: persino il primo testo a stampa in gallese, del 1546, conteneva indicazioni di pronuncia. Per secoli poi il gallese fu screditato e represso dalle autorità britanniche, per spingere i gallesi ad abbandonarlo in favore dell’inglese – e quindi in sostanza a inglesizzarsi.

Eppure, nonostante tutti questi ostacoli, il gallese oggi è vivo, anzi vivissimo. «Per me non è affatto una lingua mistica: la uso con mia madre per lamentarmi del traffico», dice Huws. Il merito è anche di un enorme piano a lungo termine del governo locale per incentivarne l’uso: un esperimento che ha pochissimi eguali al mondo, tuttora in corso e con obiettivi che arrivano fino al 2050.

Un manuale ottocentesco per scrivere lettere formali in due lingue, custodito negli archivi dell’università di Cardiff (Matteo Castellucci/il Post)

Secondo l’ultimo censimento britannico del 2021 le persone che parlano gallese sono circa 538mila. I sondaggi periodici del governo gallese ne contano più di 828mila. Circa un quinto e un quarto della popolazione del Galles, a seconda della rilevazione. Entrambe però dicono che negli ultimi anni il numero di parlanti è rimasto più o meno stabile, e quindi ancora lontano dall’obiettivo del piano del governo, fissato nel 2017: raggiungere un milione di parlanti entro il 2050, e quindi mantenere in vita una lingua strettamente legata all’identità del popolo gallese.

La commissaria per la Lingua del governo gallese, Efa Gruffudd Jones, spiega che il milione è un traguardo simbolico, pensato per «attirare l’attenzione e l’immaginazione delle persone». Raggiungerlo concretamente, peraltro, non sarà semplice. Tra gli aspetti su cui bisognerà investire di più Gruffudd Jones cita l’istruzione: la percentuale di alunne e alunni delle scuole medie in cui la maggioranza delle materie vengono insegnate in gallese come lingua primaria è al 23%, sotto il 40% fissato dal piano.

Qualche risultato comunque è già stato ottenuto. Per esempio, in passato a Cardiff c’era una sola scuola media in gallese e oggi ce ne sono tre. La direttrice dell’Accademia di lingua gallese dell’università locale, Catrin Jones, racconta che quand’era piccola la capitale era quasi interamente anglofona mentre oggi la si può definire una città bilingue, in cui insomma chi parla gallese non viene più discriminato, anzi. La preside dell’Accademia, Angharad Naylor, aggiunge che si sono moltiplicate le opportunità di continuare gli studi in gallese, anche a livello universitario, così come quelle di parlarlo, impararlo o anche solo entrarci in contatto, soprattutto in certe zone.

La domanda tipica in questi casi è Wyt ti’n siarad Cymraeg?, «parli gallese?». Può capitare di sentirsela rivolgere in vari momenti della giornata, anche da dietro il bancone di un pub. Suona così:

Il piano del governo ha anche incentivato varie iniziative parallele, pubbliche e private. Una di particolare successo è stata Dal y Mellt, una serie tv crime che è diventata la prima serie in gallese a essere distribuita su Netflix (in Italia non è disponibile, purtroppo). Proprio la lingua è stata uno dei fattori che hanno contribuito al successo della serie, spiega Gwenllian Gravelle, dirigente di S4C, il canale pubblico in lingua gallese che l’ha commissionata.

L’inizio della serie, che racconta una rapina. Gravelle dice che l’idea le era venuta guardando Lupin su Netflix (il player consente di attivare i sottotitoli in inglese)

In precedenza S4C aveva prodotto in gallese altre serie e un film horror apprezzati anche fuori dal Galles. Nessuna produzione però aveva raggiunto il successo di Dal y Mellt, con alcune scene che sono persino diventate virali. Secondo Gravelle dopo la pandemia il pubblico di Netflix è diventato più abituato ai sottotitoli, e il suo successo è stato un po’ una svolta: oggi S4C gira le produzioni a più alto budget sia in inglese sia in gallese (gli attori spesso le parlano entrambe), ma di solito era quella in inglese che aveva maggiore mercato. Almeno fino a Dal y Mellt.

L'interno del mercato coperto di Cardiff, il 3 settembre

L’interno del mercato coperto di Cardiff, il 3 settembre (Matteo Castellucci/il Post)

Ci sono altri esempi di questa rivalutazione del gallese. Ha avuto un ruolo anche la nazionale di calcio maschile e femminile, che ha iniziato ad adottare il nome in gallese del Galles, cioè Cymru, promuovendo l’identità e la lingua nazionale. Una canzone in gallese del 1983 del cantautore gallese Dafydd Iwan, intitolata “Yma o Hyd” cioè «Ancora qui», è stata riregistrata daccapo ed è diventata una specie di inno nazionale.

Anche il Wrexham, la squadra di calcio resa famosa da una serie-documentario di successo e da tre promozioni consecutive, ha fatto dell’identità gallese uno dei suoi tratti più riconoscibili. Un video dei suoi proprietari, gli attori Rob McElhenney e Ryan Reynolds, che si sforzano di parlare in gallese per conquistare i tifosi ha ottenuto più di due milioni di visualizzazioni solo su YouTube.

Un esempio dell’urgenza storica di parlarsi, e capirsi, nell’archivio dell’università
è un prontuario ottocentesco per lettere: questo è il modello preferito di Huws

Ma ci sono altri indicatori che parlare gallese, semplicemente, sia diventato cool: tutt’altro quindi che una battaglia retrograda.

Lo ha notato anche Stephen Rule, un insegnante delle scuole superiori che produce contenuti sulla lingua gallese sui social con lo pseudonimo di Doctor Cymraeg. Rule racconta di aver osservato un crescente orgoglio attorno alla lingua gallese rispetto a quando iniziò a insegnare, quindici anni fa, sia tra gli studenti sia tra i colleghi. Secondo Rule, fra l’altro, questo orgoglio è dovuto in parte proprio alla serie sul Wrexham (la città da cui proviene anche lui).

Un video sui social di Stephen Rule sulle curiosità del gallese

In questo contesto è iniziata a succedere una cosa nuova. Sempre più persone che non parlano gallese, o non l’hanno mai studiato, hanno iniziato a mandare i propri figli nelle scuole dove viene insegnato, percependone una sorta di valore aggiunto. Elin Edwards, la proprietaria della libreria indipendente Caban di Cardiff, ha notato una certa rinnovata curiosità nell’imparare o rinfrescare il proprio gallese anche negli adulti: per soddisfarla, Edwards ha allestito una apposita sezione di libri di apprendimento per adulti.

La libreria Caban di Cardiff, il cartello dice: «Siamo aperti», il 3 settembre (Matteo Castellucci/il Post)

Diarmait Mac Giolla Chriost, professore di Sociolinguistica all’università di Cardiff, nota che conoscere il gallese è considerato anche un’opportunità economica, di questi tempi. Dagli anni Novanta la nascita della tv in lingua (S4C) e l’istituzione del governo autonomo, e in tempi più recenti le varie leggi per espandere i servizi statali accessibili in gallese, «hanno creato più posti di lavoro per parlanti gallesi di quanti ne esistano oggi», soprattutto nel settore pubblico. Tutto questo in un paese che ha sofferto moltissimo per la de-industrializzazione.

L’attuale piano del governo per incentivare l’uso del gallese non piace molto a destra, nonostante di fatto sia un piano di conservazione: in Galles i conservatori puntano molto di più sull’identità e l’immaginario britannico, quindi anti-indipendentista. E la prosecuzione del piano dipenderà anche da chi vincerà le prossime elezioni del parlamento gallese, previste per il 2026.

Nei sondaggi è in testa Plaid Cymru, il partito progressista tiepidamente indipendentista che finora non le ha mai vinte. Ma per la prima volta ha consensi consistenti anche Reform UK, il partito di destra populista di Nigel Farage, in ascesa anche nel resto del paese. In Galles, Reform propone di cancellare del tutto gli obiettivi di protezione della lingua gallese.

Heledd Fychan, deputata di Plaid Cymru al parlamento gallese, sostiene invece che il governo attuale – guidato dai Laburisti – non sia stato abbastanza ambizioso sul gallese. «Se guideremo il prossimo governo, ci concentreremo sul reclutare insegnanti e ampliare il numero di scuole medie in gallese», dice.

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