Nel Donetsk non c’è più acqua
Sul principale fronte della guerra in Ucraina i combattimenti hanno distrutto l'infrastruttura idrica, e la siccità estiva ha fatto il resto

Gli abitanti della regione ucraina di Donetsk, in larga parte controllata dalla Russia, non hanno più acqua corrente: è razionata dall’inizio della guerra, nel 2022, e nelle ultime settimane la situazione si è aggravata anche per via della siccità estiva. Il Donetsk è una delle due regioni che compongono il Donbas (insieme a quella di Luhansk), è uno dei fronti più importanti della guerra e da tempo oggetto di rivendicazioni russe.
Secondo le autorità russe che controllano la regione, oggi nel Donetsk arriva circa un terzo dell’acqua che sarebbe necessaria. Per questo a metà luglio hanno imposto un regime di razionamento ancora più stringente: nella città nordorientale di Donetsk, il capoluogo, i rubinetti forniscono acqua una volta ogni tre giorni per quattro ore al giorno, tra le 17 e le 21; a Mariupol, sulla costa a sud, una volta ogni due giorni, sempre per quattro ore.
I residenti hanno raccontato sui social e ai giornali che la poca acqua che esce dalle condutture è marrone, piena di sedimenti e maleodorante. La pagano attraverso le tasse come fosse acqua potabile, ma nei fatti può essere utilizzata solo per lavarsi o per lavare stoviglie e vestiti. Per bere, lavarsi i denti e cucinare la maggior parte delle persone compra acqua in bottiglia, che è arrivata a costare anche 5 rubli al litro, circa 5 centesimi di euro: può sembrare una cifra trascurabile ma per molti è una spesa impegnativa, soprattutto perché bisogna acquistarne molti litri al giorno per soddisfare tutte le esigenze. Alle autocisterne che arrivano in città per portare l’acqua si formano lunghe file.
Per sopperire alla mancanza alcuni abitanti si sono organizzati in modo autonomo, scavando pozzi artigianali da cui pompano l’acqua in piccole cisterne da cui si riforniscono, o raccogliendo acqua piovana. Nei condomini a più piani la pressione è così bassa che l’acqua non arriva a quelli più alti, e tra vicini si sono organizzati per portarla a mano agli anziani o a chi non può uscire di casa. Altri utilizzano sacchetti o secchi per ovviare all’assenza di acqua negli scarichi dei wc.

Residenti di Donetsk in fila per l’acqua, 29 luglio 2025 (REUTERS/Yevhen Titov)
Prima dell’inizio della guerra l’acqua nella regione di Donetsk arrivava attraverso un canale costruito negli anni Cinquanta, il Severskyi Donets-Donbas, ora distrutto a causa dei combattimenti. Il canale era lungo circa 130 chilometri: partiva dalla città nordorientale di Slavjansk, nella piccola parte della regione di Donetsk che oggi è ancora sotto controllo ucraino, attraversava grandi città come Gorlovka o Donetsk e si dirigeva a sud, verso la città costiera di Mariupol, in territorio occupato dai russi.
Il canale continuò a rifornire la regione anche dopo il 2014, quando il Donbas era già stato parzialmente occupato da separatisti filorussi (appoggiati e armati dal regime di Putin): gli ucraini non lo chiusero come fecero invece con quello che riforniva la penisola della Crimea, invasa e annessa illegittimamente dai russi nello stesso anno, proprio perché serviva a portare acqua a Mariupol, che invece rimase sotto controllo ucraino fino al 2022.
Così come il canale però anche buona parte dell’infrastruttura idrica che portava l’acqua nei centri abitati, che già prima della guerra era obsoleta, è stata distrutta dai combattimenti: prima tra il 2014 e il 2022 e poi in modo ancora più esteso dopo l’inizio dell’invasione russa su larga scala.
Nel 2023 la Russia provò a risolvere il problema costruendo una via alternativa per l’acqua, che va dalla regione meridionale russa di Rostov fino a quella di Donetsk. Il progetto fu affidato a un ex viceministro della Difesa, Timur Ivanov, accusato di corruzione per aver ricevuto una tangente durante i lavori di costruzione del canale, ed è stato oggetto di varie inefficienze. In ogni caso fornisce una quantità di acqua molto inferiore a quella necessaria.

Un soldato sul fronte di Donetsk, novembre 2024 (Oleg Petrasiuk/Ukrainian 24th Mechanised Brigade via AP)
Nelle ultime settimane il problema della mancanza di acqua nel Donetsk è diventato così serio che hanno cominciato a occuparsene in modo critico anche politici e attivisti vicini alla Russia, come l’ex parlamentare ucraino Oleg Tsaryov, che ha denunciato le condizioni della città di Donetsk su Telegram. Le stesse autorità filorusse e i media di stato hanno affrontato la questione provando a utilizzarla a fini propagandistici.
Denis Pushilin, nominato dalla Russia a capo dell’autoproclamata repubblica di Donetsk, ha sostenuto in più occasioni che il problema sia dovuto all’Ucraina, che avrebbe imposto una sorta di blocco all’ingresso di acqua, ma non ha fornito prove. Pushilin e la propaganda russa stanno insistendo sul fatto che la soluzione al problema sarebbe che l’Ucraina cedesse alla Russia l’ultima parte di Donetsk che resta sotto al suo controllo, quella attorno alla città di Slavjansk, in modo da ripristinare l’afflusso di acqua dal canale originario.
Questo non tiene in considerazione i danni subìti dal canale stesso e dall’infrastruttura idrica in generale (oltre che ovviamente le rivendicazioni dell’Ucraina sui propri territori). Durante l’estate lo stesso Pushilin, in un incontro con il presidente russo Vladimir Putin, ha ammesso che «l’usura della rete» idrica ha causato perdite fino al 60 per cento in alcuni punti, ma ha continuato a sostenere che la soluzione al problema del Donetsk debba essere quella militare.
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