Cosa resta della battaglia di Mariupol
L'evacuazione dei soldati dall'acciaieria è sulla carta un'importante vittoria militare per la Russia, ottenuta però con grande fatica e dopo settimane di assedio
Dopo quasi tre mesi dall’inizio dell’invasione russa, martedì si è di fatto conclusa la battaglia per la conquista di Mariupol, porto strategico sul mar d’Azov, nel sud-est dell’Ucraina. La fine della battaglia è arrivata con l’evacuazione di più di 200 soldati ucraini dall’acciaieria Azovstal, l’ultimo luogo della città in cui era rimasto una piccola parte dell’esercito ucraino a combattere e a resistere contro i russi.
Anche se l’Ucraina non l’ha ammesso apertamente, si può dire che l’evacuazione dell’acciaieria sia stata a tutti gli effetti una resa dell’esercito ucraino, impossibilitato a resistere ancora dopo mesi di combattimenti. Non si sa con certezza quanti soldati ucraini siano ancora nell’Azovstal, e ci sono dubbi sulla sorte che avranno quelli evacuati. Mercoledì pomeriggio il ministero della Difesa russo ha detto che nelle ultime 24 ore si sarebbero arresi altri 694 soldati presenti nell’acciaieria: non ci sono state conferme da parte delle autorità ucraine e le cifre comunicate sembrano in contrasto con quelle che erano state fornite nei giorni scorsi, che erano decisamente più basse.
Il presidente Putin aveva rivendicato la conquista di Mariupol già il 22 aprile, dopo che quasi tutta la città era finita sotto il controllo russo. Rimaneva da conquistare solo l’acciaieria Azovstal, difesa da un manipolo di soldati appartenenti al reggimento Azov e nei cui sotterranei si erano rifugiati centinaia di civili. Putin aveva però deciso di non assaltare lo stabilimento e aveva dato l’ordine di circondarlo e impedire che nessuno ne uscisse se non dopo essersi arreso.
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Nelle scorse settimane erano state concesse alcune evacuazioni di civili – principalmente donne, bambini, anziani e feriti – ma nessun soldato era uscito dall’Azovstal. Nella sostanza quindi l’evacuazione di martedì ha concluso un processo iniziato qualche settimana fa, e Putin ha ottenuto infine quello che voleva: una resa degli ucraini attraverso un assedio costante e logorante.
Prima di arrivare a circondare lo stabilimento dell’Azovstal, la Russia aveva però dovuto affrontare una resistenza estremamente efficace da parte dell’esercito ucraino, che per settimane era riuscito a impedire che i russi prendessero il controllo di alcuni punti della città considerati strategici (tra cui lo stabilimento Ilyich, altra importante acciaieria, e il porto).
La Russia aveva però quotidianamente bombardato sia edifici militari che civili, e aveva impedito l’evacuazione della popolazione. L’obiettivo dell’esercito russo era quello di portare la città allo stremo: fin dall’inizio della guerra, Mariupol era rimasta per giorni interi senza acqua potabile, elettricità e riscaldamento, e senza la possibilità di ottenere aiuti umanitari e rifornimenti. L’esercito russo aveva anche bloccato sistematicamente tutti i convogli di viveri, medicine e altre forniture che le autorità ucraine avevano cercato di inviare.
Il 16 marzo era poi avvenuto uno degli attacchi più violenti di tutta la guerra: la Russia aveva infatti bombardato il Teatro d’arte drammatica di Mariupol, che era utilizzato come rifugio da moltissime persone, soprattutto donne e bambini. Era stato uno degli episodi più discussi della guerra, e si stima che in quell’occasione siano state uccise circa 600 persone.
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Ora c’è preoccupazione sulla sorte dei soldati evacuati, che sono stati trasferiti in due città dell’Ucraina che si trovano in territori controllati dai russi, e che secondo quanto detto dalle autorità ucraine nei prossimi giorni dovrebbero essere riportati in territorio ucraino con uno scambio di prigionieri. Su quest’ultimo punto ci sono però opinioni discordanti.
L’agenzia di stampa russa TASS ha scritto che i soldati ucraini verranno interrogati nell’ambito di un’indagine su quelli che ha definito “crimini commessi dal regime ucraino”. È probabile che si riferisca al fatto che il reggimento Azov, a cui appartiene gran parte dei soldati evacuati, sia una milizia che ha posizioni esplicitamente neonaziste: è da ricordare che uno dei pretesti usati da Putin per cominciare la guerra fu proprio la “denazificazione” dell’Ucraina, un argomento senza nessun fondamento.
A questo proposito martedì Vyacheslav Volodin, presidente della Duma, la camera bassa del parlamento russo, ha detto che «i criminali nazisti non dovrebbero essere scambiati», mentre il parlamentare russo Leonid Slutsky, che era stato uno dei negoziatori della Russia nei colloqui con l’Ucraina, ha definito i soldati evacuati «animali in forma umana» e ha affermato che dovrebbero essere giustiziati.
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