Il cambio di genere fasullo che ha provocato un dibattito in Germania
L'attivista neonazista Sven Liebich ha cambiato il proprio nome in Marla per finire in un carcere femminile e creare scompiglio: ci è riuscito

In Germania il caso di un militante neonazista che ha cambiato genere e nome sui documenti sapendo che avrebbe dovuto scontare una pena in carcere ha suscitato un dibattito sulla legge che attualmente regola questo tipo di procedimento per le persone trans. Sven Liebich aveva cambiato il proprio nome in Marla-Svenja Liebich meno di un anno fa, dopo essere stato condannato per incitamento all’odio, diffamazione e aggressione verbale. Il suo ingresso in un carcere femminile è previsto per venerdì.
È opinione largamente diffusa tra i media e i politici tedeschi che Liebich non sia una persona trans ma voglia solo trasformare la propria condanna in una campagna politica contro la legge che regola il cambio di genere sui documenti, che da novembre ha reso tutto il processo molto più facile. Come esponente di un gruppo neonazista Liebich aveva infatti spesso fatto dichiarazioni contro i diritti delle persone LGBTQ, e parlato, tra le altre cose, di «transfascismo». Allo stesso tempo il caso di Liebich ha portato il governo a mettere in discussione la legge: il ministro dell’Interno tedesco Alexander Dobrindt ha detto che bisogna prendere provvedimenti per evitare altri casi come questo.
Prima del novembre del 2024 in Germania le persone trans che volevano cambiare nome e genere sui documenti dovevano sottoporsi a due valutazioni psicologiche e ottenere la sentenza di un tribunale (una procedura simile a quella che c’è anche in Italia). Con la “legge sull’autodeterminazione in materia di registrazione del genere” invece basta un’autodichiarazione.
La legge prevede inoltre il divieto di divulgazione del nome precedente (il cosiddetto dead name) delle persone trans. Sulla base di questo Liebich ha mandato diverse diffide ai giornali tedeschi che lo hanno riportato, o che hanno usato pronomi maschili, salvo poi ritirarne almeno alcune. Il Consiglio della stampa tedesca, l’organo di autoregolamentazione dei media tedeschi, ha risposto al reclamo di Liebich su questo argomento definendolo «infondato». Ha motivato l’uso dei pronomi maschili e del nome Sven col fatto che il suo cambio dei documenti sarebbe stato fatto «in modo abusivo, al fine di provocare e mettere in imbarazzo lo Stato». Lo Spiegel, il settimanale più importante e diffuso della Germania, ha sempre usato il maschile. Alla diffida ha risposto ribadendo la propria decisione, e Liebich l’ha poi ritirata.
Liebich aveva ricevuto una condanna a 18 mesi di carcere a luglio del 2023. Aveva fatto ricorso in appello e intanto, poche settimane dopo l’approvazione della legge sull’autodeterminazione, aveva iniziato il processo per il cambio di nome e di genere sui documenti. Il tribunale ha recentemente confermato la condanna e la pena che, se tutto procede come previsto, Liebich sconterà nel carcere femminile di Chemnitz, in Sassonia. Per il suo ingresso in carcere, Liebich ha anche chiesto di avere solo cibo kosher e di poter consultare un rabbino, sostenendo di essere di religione ebraica.
Il ministero della Giustizia della Sassonia ha detto allo Spiegel che sta ancora valutando come gestire il caso. In Germania infatti detenuti e detenute sono solitamente tenuti separati, ma è previsto che possano essere fatte valutazioni diverse su singoli casi, per motivi di sicurezza e ordine all’interno delle strutture.
In un’intervista uscita lo scorso weekend il ministro dell’Interno aveva detto che «in questo caso la magistratura, la società e la politica sono state prese in giro perché la legge lo consente» e che occorre avviare un dibattito su come evitare che si abusi della legge che regola il cambio di genere. Dobrindt fa parte del partito CSU (Unione Cristiano-Sociale di Baviera, di centrodestra), che insieme all’alleata CDU (Unione Cristiano-Democratica) non è mai stato favorevole alla legge sull’autodeterminazione che c’è adesso. La legge era stata approvata dalla cosiddetta “coalizione semaforo”, composta da Socialdemocratici (SPD), Verdi e Liberaldemocratici (FDP). La coalizione attualmente al governo, che include CSU, CDU e SPD, ha annunciato una revisione della legge entro la metà del prossimo anno.
La commissaria federale per i diritti queer Sophie Koch (SPD) ha commentato il caso Liebich invitando a non «cadere nella trappola degli agitatori di destra» e a «non fare di casi individuali così estremi il punto di riferimento per le nostre azioni». Altri editoriali e commenti usciti in questi giorni hanno ribadito l’importanza di una legge che renda meno lungo e stressante per le persone trans il procedimento per essere riconosciute, e hanno fatto notare che per evitare casi come quello di Liebich potrebbe essere utile prevedere una sanzione per chi abusa della legge, più che reintrodurre limitazioni per tutti gli altri.



