Il cibo entrato a Gaza è troppo poco
L'ONU l'ha definito «una goccia nell'oceano» e Israele ha già ricominciato gli attacchi in alcune delle zone in cui domenica aveva permesso l'arrivo dei camion

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Il cibo e gli altri beni di prima necessità che domenica Israele ha infine lasciato entrare nella Striscia di Gaza sono stati giudicati insufficienti a rispondere ai bisogni della popolazione e alla disastrosa situazione umanitaria nel territorio. Lunedì pomeriggio il presidente statunitense Donald Trump ha contraddetto le autorità israeliane, che continuano a minimizzare la gravità delle condizioni della popolazione palestinese nella Striscia: ha riconosciuto la presenza di una carestia in corso e ha detto che a breve il suo governo prenderà dei provvedimenti, citando la costruzione di nuovi centri di distribuzione nella Striscia su cui però al momento non si sa quasi niente.
L’agenzia del governo israeliano (COGAT) che si occupa delle attività nei territori palestinesi occupati ha sostenuto che domenica sia stato distribuito il carico di 120 camion, e che nelle ore successive ne siano entrati altri 180. L’esercito israeliano ha detto che anche nei prossimi giorni sospenderà i combattimenti tra le 10 di mattina e le 8 di sera locali nelle stesse tre aree della Striscia in cui erano stati sospesi domenica, cioè le aree più densamente popolate, per consentire nuove consegne. Lunedì però ha proseguito le operazioni militari, uccidendo almeno 36 persone, anche in alcune delle zone dove si era impegnato a interrompere gli attacchi.
Domenica vari camion sono stati assaltati da decine di palestinesi che volevano assicurarsi una parte del cibo e quindi non si sa con esattezza quanti siano arrivati a destinazione. Diversi si sono fermati prima di raggiungere Gaza, la città principale e una delle tre zone in cui si trova la maggior parte della popolazione civile sfollata dopo venti mesi di bombardamenti israeliani (le altre due sono Deir al Balah, nel centro della Striscia, e al Mawasi, sulla costa al sud).

Alcuni aiuti lanciati per via aerea atterrano a Beit Lahia, 27 luglio (REUTERS/Dawoud Abu Alkas)
Le consegne autorizzate domenica in ogni caso sono state troppo limitate rispetto al fabbisogno della popolazione, che è stimato tra i 500 e i 600 camion al giorno dall’UNRWA, l’agenzia dell’ONU che si occupa di fornire assistenza umanitaria ai profughi palestinesi. Il sottosegretario generale dell’ONU per gli Affari umanitari, Tom Fletcher, le ha definite «una goccia nell’oceano», ribadendo che l’ingresso di un centinaio di camion è «un progresso» ma non è abbastanza. Fletcher ha detto che serve un cessate il fuoco permanente, non una pausa temporanea dei combattimenti.
Come detto, durante un incontro con il primo ministro britannico Keir Starmer, lunedì Donald Trump ha riconosciuto la grave carestia in corso a Gaza, dicendo che «basandomi su ciò che vedo in televisione […] sembra che i bambini abbiano molta fame» e che «bisogna dargli da mangiare». Per questo motivo, ha aggiunto, gli Stati Uniti costruiranno dei centri per la distribuzione del cibo nel territorio. Trump ha detto che questi centri non avranno restrizioni, come quelle invece imposte dalla Gaza Humanitarian Foundation (GHF), l’ong inventata da Israele per controllare la distribuzione del cibo a Gaza, e che verranno gestiti con la collaborazione del Regno Unito. Al momento comunque non se ne sa altro, nemmeno chi li costruirà e quando.

Gaza, 27 luglio (AP Photo/Abdel Kareem Hana)
Intanto l’ONU ha denunciato che in molti casi i suoi camion restano ancora bloccati per ore prima di poter passare dai varchi di confine israeliani, cosa che rallenta molto le consegne, e ha chiesto all’esercito israeliano di garantire la sicurezza dei corridoi (cioè le strade sicure) per raggiungere le tre aree.
Sempre domenica sulla Striscia era stato paracadutato un primo carico di 25 tonnellate di cibo: è stata un’iniziativa simbolica, visto che i lanci via aereo sono più costosi e assai meno efficienti delle consegne via terra. Il direttore dell’UNRWA Philippe Lazzarini l’ha definita «una distrazione». Peraltro BBC Verify ha rivelato, esaminando i video dei lanci, che l’aviazione israeliana li ha fatti atterrare a ridosso di una zona che l’esercito aveva designato come di combattimento e sottoposto a ordini d’evacuazione (come più dell’88 per cento del territorio di Gaza).
Israele aveva consentito una ripresa limitata delle consegne, così come i nuovi lanci aerei, in reazione alle forti pressioni internazionali. Nelle ultime settimane 147 persone sono morte per malnutrizione – di cui 14 nelle ultime ventiquattr’ore – tra cui 88 bambini.
Israele aveva bloccato ogni ingresso di cibo e beni di prima necessità nella Striscia per quasi tre mesi fra marzo e maggio. Poi aveva monopolizzato la distribuzione del cibo, affidandola a un’organizzazione creata allo scopo di usare la fame come un’arma, la GHF appunto. La GHF ha ridotto a solo 4 i punti di distribuzione e l’esercito, che li controlla, ha spesso sparato sulla folla: da maggio, secondo l’ONU, almeno 766 palestinesi sono stati uccisi durante le distribuzioni di cibo ai centri della GHF.
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