È morto Hulk Hogan
Tra gli anni Ottanta e Novanta rese il wrestling famoso in tutto il mondo: aveva 71 anni

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Hulk Hogan, popolare personaggio televisivo statunitense che tra gli anni Ottanta e Novanta fu uno dei lottatori di wrestling più celebri al mondo, è morto giovedì a 71 anni. La notizia è stata confermata alla NBC dal suo manager. Negli ultimi mesi Hogan aveva fatto parlare di sé per via del suo sostegno a Donald Trump in vista delle elezioni presidenziali: durante la convention repubblicana dello scorso luglio aveva riproposto uno dei suoi gesti più noti, strappandosi la maglietta come faceva durante gli incontri sul ring.
Hogan è stato il principale protagonista dell’affermazione negli anni Ottanta della World Wrestling Federation (allora WWF, oggi WWE, di gran lunga la lega di maggior prestigio al mondo) prima in campo nazionale e poi internazionale. Detiene vari record e una lunghissima serie di successi all’interno di quella e di altre federazioni, come per esempio la New Japan Pro-Wrestling, la principale lega giapponese. Nel wrestling vincitori e sconfitti degli incontri sono decisi a tavolino, in base a una sceneggiatura, ma quei primati sono testimonianza della sua grande e longeva popolarità. Sul finire della sua carriera da lottatore aveva provato anche quella cinematografica, recitando in una quindicina di film: nessuno di grande successo, tranne una piccola parte nel film Rocky III dell’amico Sylvester Stallone.
Terry Gene Bollea, il suo vero nome, era nato nel 1953 ad Augusta, in Georgia, figlio di un muratore italoamericano (il nonno di Hogan era un immigrato italiano proveniente dalla provincia di Vercelli) e di un’insegnante di origini franco-scozzesi. Quando aveva meno di due anni la famiglia si trasferì in Florida, dai sedici iniziò ad appassionarsi al wrestling e in particolare al lottatore “Superstar” Billy Graham, di cui in seguito avrebbe copiato il look, con capelli lunghi e baffoni.
Fu notato da alcuni impresari per la sua stazza: era alto circa due metri e durante la sua carriera aveva un peso forma di circa 135 chili. Cominciò a combattere nel 1977 e nel 1979 entrò nel gruppo della neonata WWF, dove i primi incontri con un’altra leggenda del wrestling, André the Giant, lo resero subito famosissimo.
Tra la fine degli anni Settanta e la prima metà degli anni Ottanta, Hogan diventò anche uno dei protagonisti del puroresu, la variante giapponese del wrestling, che si distingue da quella americana per la maggiore attenzione alla messa in scena degli incontri, solitamente più spettacolare e incentrata sulla tecnica. In quel contesto cominciò una rivalità con Antonio Inoki, forse il wrestler giapponese più famoso di sempre, che aumentò ulteriormente la popolarità di Hogan anche al di fuori degli Stati Uniti.
Nel 1983 Vince McMahon, allora presidente della WWE, lo scelse come personaggio di punta. In quel periodo Hogan diventò il baby face della federazione, ossia il buono tifato principalmente da un pubblico di bambini.
Il suo fisico statuario, i suoi baffi biondi e le pose da body builder con cui entusiasmava il pubblico lo rendevano perfetto per quel ruolo, e gli sceneggiatori della WWE (i cosiddetti booker) lo calarono ancora di più nella parte, facendogli indossare dei vestiti che incarnavano benissimo lo spirito americano del tempo.
Cominciò a usare magliette attillattissime con colori gialli e rossi e a proporre una serie di rituali, frasi ricorrenti e mosse speciali che diventarono segni riconosciuti e apprezzati. La gran parte degli incontri di Hogan seguiva lo stesso canovaccio: il pubblico aspettava i vari momenti e partecipava al rito. All’ingresso sul ring si strappava la maglia, si metteva in posa mostrando i muscoli, e portava una mano all’orecchio per ascoltare il boato degli spettatori.
Durante i combattimenti affrontava wrestler che avevano la parte dei cattivi e che molto spesso iniziavano vincendo e mettendo a segno vari colpi, fino quasi ad arrivare a metterlo k.o. Poi Hogan mostrava di sentire l’incitamento del pubblico, si riscuoteva, puntava l’indice verso l’avversario, faceva segno di no con le dita e vinceva l’incontro con il running leg drop, la sua mossa finale.
Anche le storie in cui Hogan veniva coinvolto erano molto simili tra loro. Spesso i suoi avversari rappresentavano una minaccia per gli Stati Uniti: uno dei più memorabili fu Hossein Khosrow Ali Vaziri, pseudonimo di The Iron Sheik. La sua caratterizzazione era piuttosto stereotipata: interpretava il ruolo di un orgoglioso lottatore iraniano che disprezzava gli ideali liberali, e spesso entrava sul ring sventolando la bandiera del suo paese. Era lo heel (il cattivo) perfetto da contrapporre a un personaggio fieramente americano come Hulk Hogan, e i loro incontri sono tra i più ricordati degli anni Ottanta.
L’altro celebre nemico di Hogan fu il francese André the Giant (André Roussimoff), un lottatore che incarnava l’archetipo del gigante: pesava più di 200 chili, superava abbondantemente i 2 metri di altezza e tra gli anni Sessanta e Settanta era diventato un’attrazione globale capace di riempire interi palazzetti.
Roussimoff aveva stabilito prima di Hogan l’asticella della popolarità per un wrestler, e parallelamente alla sua carriera da lottatore era diventato richiestissimo anche dal cinema. Negli anni Ottanta era insomma uno dei pochi che potesse competere con Hogan per fama, riconoscibilità e attenzioni mediatiche.
Nel 1987 McMahon gli propose di partecipare a WrestleMania III, l’evento che avrebbe sancito il successo definitivo della federazione. Hogan era già il personaggio più amato dal pubblico, ma aveva ancora bisogno della consacrazione definitiva che solo un incontro con André the Giant, il grande campione del passato, poteva dargli.
L’incontro si tenne davanti agli oltre 90mila spettatori del Silverdome di Pontiac, in Michigan, fra enormi difficoltà. Roussimoff arrivò sul ring accompagnato da un macchinario e rimase praticamente fermo sul posto per gran parte del combattimento. Durante quell’incontro, Hogan lo sollevò da terra e lo schiantò al suolo, creando un momento che gli appassionati di tutto il mondo ricordano ancora con un certo entusiasmo.
Dopo una decina d’anni, nel 1993, Hogan ebbe un calo di popolarità e decise di prendersi una pausa dai combattimenti per dedicarsi a cinema e televisione. Alla decisione contribuì anche il suo coinvolgimento in uno scandalo sull’uso di steroidi che si rivelò diffuso nella WWE: Hogan ammise di averne fatto uso.
Nel 1994 invece firmò con una lega concorrente, la World Championship Wrestling di Ted Turner, il fondatore della CNN. Qui Hogan riuscì a rilanciare la propria carriera con un’operazione spericolata: diventò Hollywood Hulk Hogan, un personaggio scorretto e cattivissimo che comandava una banda di teppisti chiamati New World Order (Nuovo Ordine Mondiale).
Hogan abbandonò i colori sgargianti degli anni Ottanta per vestirsi interamente di nero e, nella finzione narrativa, insieme ai suoi sgherri riuscì a imporre il dominio sulla federazione corrompendo arbitri, lottatori e dirigenti. Questo cambio di caratterizzazione lo rese nuovamente popolarissimo.
Dagli anni Duemila, con il ritorno nella WWF, il personaggio fu recuperato e continuò a lottare con minore continuità fino al 2012, l’anno del suo ritiro dal wrestling lottato. Hogan rimase all’interno degli show, pur senza combattere, fino al 2015, quando fu licenziato per la pubblicazione di alcune registrazioni di sue conversazioni private in cui si esprimeva in termini fortemente razzisti.
Nel 2012 Hogan aveva fatto causa al popolare sito di news americano Gawker per la pubblicazione di un video in cui veniva mostrato mentre faceva sesso con l’allora moglie di un suo amico: chiese 100 milioni di dollari di danni, la giuria in primo grado condannò Gawker a pagargliene 115, poi prima dell’appello le parti si accordarono per 31. Il processo tra Gawker e Hogan era stato molto discusso, per le sue implicazioni dal punto di vista dell’etica giornalistica e per il fatto che coinvolgeva un sito che si era fatto conoscere soprattutto per la spregiudicatezza e morbosità di alcuni suoi contenuti.
Negli ultimi anni Hogan aveva ciclicamente lamentato problemi di salute, soprattutto riguardanti la schiena, legati alla sua lunga attività sui ring.
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