Un argomento caldo
In giorni come questi la risposta alla domanda “come va?” è quasi sempre la stessa

Il meteo è notoriamente il classico argomento da conversazione spicciola, e lamentarsi del caldo quando fa caldo (molto caldo) è forse la sua declinazione più visibile. Specialmente in questi giorni di temperature molto alte in tutta Italia e non solo: le risposte alla domanda «come stai?» sono spesso «bene, a parte il caldo», o «male, non ne posso più di questo caldo», o variazioni. Molti si lamentano di quelli che si lamentano del caldo, ma poi finiscono a loro volta a commentarlo o a farci battute. Per non parlare di quando si arriva a «non è tanto il caldo quanto l’umidità» o addirittura ad «Anto’, fa caldo».
Secondo Giulio Betti, meteorologo e climatologo del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), i dati ci dicono che già normalmente parliamo moltissimo del meteo nelle nostre vite, e non stupisce quindi che lo si commenti ancora di più con condizioni climatiche estreme come quelle di questi giorni. «Un’ondata di calore come questa ci porta a cambiare le nostre abitudini ma soprattutto, nell’era dei social network, a parlarne in maniera quasi compulsiva. Ne siamo ossessionati, travolti».
In quanto meteorologo, a Betti capita di parlare del tempo con le persone ancora più spesso di quanto capiti a tutti gli altri. Racconta che più di una persona è arrivata al punto di chiedergli se lui non potesse «far nulla contro questo caldo». Ma anche di avere amici e conoscenti che a maggio gli dicono «ma quanto fa freddo», e dopo due giorni di caldo «oh mamma mia che caldo, come si stava meglio prima».
«È vero che non siamo mai contenti», dice, «ma è anche vero che negli ultimi anni, col cambiamento climatico, siamo passati sempre più spesso da eventi estremi a eventi estremi, e ci manca tantissimo quell’andamento meteo fatto di lievi oscillazioni che coccolava la transizione tra una stagione e l’altra». Insomma, non ci sono più le mezze stagioni.
Il fatto che le estati stiano cambiando e che le nuove temperature medie obblighino a ripensare le proprie attività e le proprie giornate è sempre più evidente e assodato, così come il fatto che la crisi climatica abbia conseguenze tangibili sulla vita di tutti i giorni anche per chi non vive su un atollo del Pacifico. Queste consapevolezze e il pessimismo per il futuro sono sempre più presenti nelle conversazioni quotidiane sul caldo, che spesso riguardano i suoi effetti sulle nostre vite quotidiane: sulla nostra dieta, sui nostri impegni e spostamenti, sulla nostra salute, sul nostro umore, sul nostro tempo libero e sul modo in cui ci godiamo l’estate.
«L’estate dovrebbe essere la stagione più accogliente, meno ostile, il massimo da un punto di vista delle attività che ci permette di fare», dice Betti, «ma ovviamente questa certezza vacilla quando ci sono condizioni climatiche estreme e anomale come quelle di questi giorni. Di fronte all’anomalia l’essere umano reagisce parlando: parlarne in continuazione è un modo per “riportare la situazione a noi”, incastonarla in una quotidianità che in realtà non ha niente di quotidiano».
Non ci sono studi rilevanti su quanto lamentarsi del caldo sia utile o meno a sopportarlo meglio: in generale però in psicologia si dice che lamentarsi sia una buona valvola di sfogo nel breve termine, ma a lungo andare renda i pensieri più pessimisti e negativi. Sforzarsi di non parlare del caldo, quindi, potrebbe essere in questo senso una soluzione per non abbattere ulteriormente l’umore collettivo, per distrarsi dalla sofferenza e dal sudore, per adattarsi meglio a una nuova normalità.
Allo stesso tempo però non è detto che una conversazione sul caldo debba necessariamente essere una conversazione superficiale, lagnosa e vuota di contenuti. Come ha scritto l’anno scorso Gilad Edelman sull’Atlantic «il tempo è diventato il simbolo di un repertorio di conversazione limitato, quando è in realtà l’argomento più interessante che abbiamo a disposizione». Ok, forse non è il più interessante: ma sapere che sta per arrivare un temporale è probabilmente un’informazione preziosa per chi non controlla le previsioni da un po’. E da una conversazione superficiale sul caldo possono emergere anche consigli utili su come gestirlo meglio, in casa o in giro, di notte o di giorno, o sul miglior ventilatore da comprare.
Non è neanche detto, d’altra parte, che il caldo sia sempre un argomento “sicuro”, e che non possa invece rivelarsi controverso. Sui social network ci si imbatte facilmente in polemiche sul fatto che il caldo che soffre un muratore in cantiere sia diverso da quello che soffre una persona che lavora in un ufficio con l’aria condizionata (che non avrebbe quindi diritto di lamentarsi); o sul fatto che le persone che non sudano né soffrono il caldo non dovrebbero rallegrarsene per rispetto di chi, per motivi di salute o fisiologici, è invece in grave difficoltà.
Del caldo ci si è sempre lamentati, anche quando le ondate di calore erano meno e meno prolungate di adesso. A differenza di allora però oggi parlarne “non lascia il tempo che trova”, ma ha l’effetto rilevante di contribuire, in alcuni casi, ad alimentare e diffondere una presa di coscienza generale sul tema dell’emergenza climatica.
«È una mia percezione ed è difficile da verificare, ma ho la sensazione che il modo in cui stiamo reagendo in questi giorni, soprattutto nei discorsi dei media e della politica, sia di maggiore consapevolezza: correttamente, stiamo parlando di questa ondata di calore come di un’emergenza, e con la serietà che il tema richiede», dice Ferdinando Cotugno, giornalista e autore della newsletter e del podcast Areale sul cambiamento climatico.
Secondo Cotugno il problema è che «con le prime giornate fresche tutto il discorso fatto fin qui sull’emergenza climatica sparirà. Vale per tutti gli effetti della crisi climatica: lo abbiamo visto con la serietà e la solennità con cui si è parlato delle inondazioni in Emilia-Romagna, o del crollo del ghiacciaio sulla Marmolada nel 2022, poi presto dimenticati non appena è passato il senso di emergenza. Anche in questi giorni io penso che stiamo dicendo le cose giuste, ma che ce le dimenticheremo appena la prossima settimana torneranno a esserci 27 gradi di massima».