• Mondo
  • Sabato 28 giugno 2025

Le grandi proteste antigovernative in Kenya, spiegate

Si manifesta per l'omicidio di un blogger politico ma anche per altro: al centro di tutto c'è il presidente William Ruto

Una barricata in fiamme, Nairobi, 25 giugno 2025 (EPA/STR)
Una barricata in fiamme, Nairobi, 25 giugno 2025 (EPA/STR)
Caricamento player

Da giorni in diverse città del Kenya ci sono proteste antigovernative molto partecipate, nonostante i tentativi del governo keniano di limitare la loro copertura giornalistica oscurando le cronache televisive. Ci sono stati anche scontri con la polizia, in cui sono stati uccisi almeno sedici manifestanti. I motivi delle proteste sono tutti riconducibili sostanzialmente a una cosa sola: il diffuso e ormai duraturo malcontento verso l’operato del presidente William Ruto.

Il governo keniano è infatti contestato fin dal suo insediamento, nel 2022, per questioni che hanno a che fare con il suo crescente autoritarismo e con l’economia.

Facciamo un passo indietro, a tre anni fa, quando Ruto fu eletto presidente tra molte accuse di brogli, ma con un apparente ampio sostegno dei giovani che oggi lo contestano. Allora Ruto prometteva di risanare i conti dello stato, di ridurre l’enorme debito pubblico, il deficit fiscale e soprattutto di migliorare le condizioni economiche dei più poveri e della classe media in difficoltà per l’aumento del costo della vita. Si presentava anche come un leader capace di dare stabilità politica, e un riformatore.

Alcuni manifestanti spostano un ferito, 25 giugno 2024 (AP Photo/Andrew Kasuku)

Per raggiungere questi obiettivi, però, negli ultimi tre anni ha adottato misure impopolari, tra cui un aumento delle tasse su diversi beni, come il pane, e l’eliminazione dei sussidi statali per il carburante. Le proteste del 2023 e del 2024 erano iniziate proprio per contestare queste misure. Secondo Giovanni Carbone, professore ordinario dell’Università degli Studi di Milano e head del Programma Africa dell’ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale), le proteste erano e sono ancora «un conflitto tra prospettive di breve termine (non riesco ad arrivare a fine giornata) e quelle di lungo termine (miglioramento graduale di strade, sanità, crescita, lavoro, ecc.)».

Le proteste dello scorso anno sono state le più partecipate e violente finora. Secondo la Commissione nazionale keniana per i diritti umani, furono uccise 60 persone e altre 80 vennero rapite da personale che si ritiene facesse parte delle forze di sicurezza nazionali. La mobilitazione ebbe anche altre conseguenze. Anzitutto Ruto fu costretto a fare un passo indietro sull’aumento delle tasse, di fatto ritirando i precedenti provvedimenti. Allo stesso tempo però rispose alle proteste con la forza, provocando ulteriore malcontento.

Le manifestazioni per commemorare i fatti del 2024 si sono aggiunte in questi ultimi giorni ad altre proteste, sempre dirette contro il governo e iniziate a causa di un altro episodio violento: l’omicidio del blogger politico 31enne Albert Ojwang, arrestato con l’accusa di aver diffamato un poliziotto sui social e trovato poi morto in una centrale di polizia di Nairobi, ucciso in un pestaggio per il quale sono state accusate le forze di sicurezza keniane.

Un manifestante con un cartello che dice «Sarò il prossimo? Non siamo al sicuro», Nairobi, 25 giugno 2025 (Credit Image: © Boniface Muthoni/SOPA Images via ZUMA Press Wire)

C’è stato poi un ultimo elemento, più recente, che ha rafforzato ulteriormente le critiche verso il governo. Negli ultimi giorni Ruto ha reintrodotto le imposte su alcuni beni essenziali, come il pane, di fatto riproponendo le misure che era stato costretto a cancellare dopo le proteste del 2024.

Le ultime manifestazioni sono state commentate da Ruto in maniera molto dura. Il presidente keniano ha accusato i manifestanti di essere «tribalisti senza un piano» e ha aggiunto: «non possiamo consegnare il paese a questa gente». Molti tra gli esponenti di opposizione hanno interpretato questa frase (e altre di tono simile pronunciate da suoi alleati) come un modo per preparare l’opinione pubblica al fatto che Ruto tenterà di restare al potere in tutti i modi, a prescindere dal risultato delle prossime elezioni, previste per il 2027.