Le università non sanno dove mettere gli studenti di medicina
L’abolizione del test di ingresso gonfierà il numero di iscritti al primo semestre, e non c’è letteralmente spazio per tutti

Negli ultimi due mesi i rettori di molte università italiane hanno affrontato un problema inedito: capire dove mettere tutti gli studenti che si iscriveranno ai corsi di laurea di medicina. Per la prima volta dopo più di 25 anni, infatti, in Italia non ci sarà un test di ingresso e tutti gli iscritti potranno frequentare le lezioni del primo semestre in vista della selezione prevista tra novembre e dicembre. Già quando era stata approvata la riforma, nel marzo di quest’anno, molti rettori avevano avvertito il governo delle difficoltà a cui le università sarebbero andate incontro, in particolare sulla mancanza di spazi adeguati per accogliere tutti gli studenti.
Fino a un anno fa chi voleva iscriversi a medicina, odontoiatria o veterinaria doveva partecipare a un test di ingresso di 60 domande con 5 possibili risposte, da risolvere in 100 minuti. Da quest’anno invece il test è stato abolito e chiunque potrà iscriversi al primo semestre dei tre corsi di laurea, e in questo periodo frequentare i corsi comuni a tutte e tre. I corsi comuni da frequentare nel semestre chiamato “filtro” sono Chimica (più precisamente Chimica e propedeutica biochimica), Fisica e Biologia. Le lezioni inizieranno il 1° settembre e termineranno il 30 novembre. La tassa universitaria è di 250 euro.
Alla fine del primo semestre gli studenti dovranno sostenere i relativi esami, in programma il 20 novembre e il 10 dicembre. Ogni prova prevede 31 domande (15 a risposta multipla e 16 a completamento) a cui rispondere in 45 minuti. Il punteggio massimo è 93 punti e a ogni risposta sbagliata verranno tolti 0,25 punti. Verrà quindi formata una graduatoria nazionale e saranno ammessi a continuare circa 25mila studenti.
Ogni studente dovrà subito scegliere uno dei tre corsi di laurea (medicina, odontoiatria o veterinaria), ma anche iscriversi contemporaneamente a un corso di laurea alternativo, chiamato “corso affine”, dove potrà proseguire gli studi se non dovesse superare il “semestre filtro”. I corsi affini sono Biotecnologie, Scienze biologiche, Farmacia e farmacia industriale, e Scienze zootecniche e tecnologie delle produzioni animali.
Durante la discussione della riforma il governo ha parlato più volte di «abolizione del numero chiuso». In realtà, come si capisce dal modo in cui è strutturato il semestre filtro, la selezione non è stata abolita, bensì spostata.
La differenza per le università però sarà significativa. Un anno fa si iscrissero al test circa 72mila studenti e ne furono selezionati poco più di 20mila, che poi frequentarono i corsi. Se quest’anno verranno confermati i numeri del 2024 (il termine delle iscrizioni è stato fissato al 25 luglio), alle lezioni parteciperanno da subito circa 70mila persone, oltre tre volte quelle selezionate lo scorso anno.
Dopo una breve ricognizione, molte università hanno deciso che l’unico modo per tenere le lezioni per così tante persone è la DAD, la didattica a distanza, lo stesso metodo usato durante la pandemia da coronavirus.

L’inaugurazione dell’anno accademico dell’università di Bologna, con il rettore Giovanni Molari e la ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini, il primo marzo 2025 (Guido Calamosca/LaPresse)
L’università di Bologna aveva pensato di affittare un cinema dove tenere le lezioni, ipotesi poi scartata anche per non costringere migliaia di studenti a cercare casa per pochi mesi in una città dove è quasi impossibile trovare appartamenti liberi in affitto.
Elisabetta Poluzzi, coordinatrice del corso di laurea di medicina, ha detto a Repubblica che alla fine è stata scelta la didattica a distanza con un po’ di dispiacere, sia per una questione di spazi, sia perché «l’abbiamo ritenuto più corretto nei confronti dei fuorisede: trovare casa a Bologna è difficile e oneroso, figurarsi doverla cercare per due mesi e mezzo». A Bologna le lezioni saranno online, sei ore al giorno fino alla fine di ottobre. Anche a Padova si va verso la didattica online.
Alla Sapienza di Roma si prevede che gli iscritti al primo semestre saranno almeno 4.000, oltre 1.500 all’università Tor Vergata. Proprio a Tor Vergata le lezioni saranno in modalità mista: i professori saranno sempre in aula, mentre gli studenti potranno scegliere se seguirle in presenza oppure online, rimanendo a casa ed evitando di sostenere i costi dell’affitto, se fuorisede. Anche alla Sapienza sarà data la possibilità di seguire le lezioni a distanza, anche se si stanno cercando spazi adeguati per ospitare il maggior numero di persone possibili.
Riccardo Zucchi, rettore dell’università di Pisa, ha detto alla Nazione che il primo semestre rischia di essere solo un maxi corso di preparazione all’esame. «Per essere davvero efficace dovrebbe valutare non soltanto le conoscenze di fisica, chimica e biologia ma anche competenze fondamentali per un medico, come l’empatia o la capacità di relazione», ha detto. Anche a Pisa ci sarà molta flessibilità: le lezioni potranno essere seguite sia in presenza che online, ma verranno organizzati turni per l’accesso alle aule. Lo stesso accadrà all’università di Firenze.

Il “Padiglione Blu” del Porto Antico dove potrebbero essere organizzati gli esami dell’università di Genova (AGC Glass Europe, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons)
Più complesso il sistema che si sta studiando a Genova, dove una delle ipotesi è organizzare un mese di lezioni in presenza per tutti con un doppio turno, mattutino e pomeridiano, nelle aule più grandi dove in totale possono stare circa 700 persone. Da ottobre invece si pensa di dividere gli spazi con una modalità mista a rotazione: una metà degli studenti presente in classe e l’altra collegata da remoto. Per gli esami, invece, sono stati avviati contatti con il Porto Antico per capire se potranno essere organizzati in un grande padiglione progettato dall’architetto Jean Nouvel.
Quasi tutte le università si stanno preparando alla DAD, o comunque a una didattica mista, anche perché avrebbe poco senso fare investimenti su spazi molto più grandi per un solo semestre di lezioni.



