Perché in Cina si esportano auto nuove come se fossero usate

In breve: è conveniente, anche se avrebbe poco senso in quasi qualsiasi altro paese, e serve anche a gonfiare i dati di crescita economica

Una fabbrica di automobili elettriche cinesi nel gennaio 2025
Una fabbrica di automobili elettriche cinesi nel gennaio 2025 (Kevin Frayer/Getty Images)
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L’agenzia di stampa Reuters ha pubblicato un’inchiesta in cui mostra come i dati di vendita delle automobili in Cina siano stati in parte gonfiati per migliorare i risultati economici interni. Dal 2019 in Cina si è sviluppato un mercato di aziende che prima acquistano e immatricolano delle auto nuove e poi, senza che siano mai state guidate, le esportano immediatamente all’estero come usate.

Questa strana transazione – che non ha niente di illegale – non avrebbe senso in gran parte del mondo, perché di solito il valore di un’auto nuova è maggiore di quello di un’auto già immatricolata, e un esportatore non avrebbe niente da guadagnare se comprasse un’auto nuova e la rivendesse subito dopo come usata. Ma in Cina ci sono alcuni incentivi economici e politici peculiari che fanno sì che questo sistema sia conveniente e in espansione. Meccanismi come questo contribuiscono alla scarsa fiducia che da qualche tempo l’Occidente ha cominciato a nutrire nei confronti dei dati economici e non solo resi pubblici dalla Cina.

In Cina il mercato delle automobili sta vivendo due fenomeni intrecciati tra loro: la sovrapproduzione e una guerra dei prezzi. In pratica, anche grazie ai forti incentivi statali, le aziende automobilistiche cinesi producono automobili a basso prezzo e in grande quantità, al punto tale che l’offerta supera la domanda. Per convincere i consumatori cinesi ad acquistare le loro auto, le aziende quindi competono al ribasso (la guerra dei prezzi, appunto), proponendo veicoli di grande valore a prezzi ridotti e con margini di guadagno risicati e a volte perfino inesistenti.

In questo contesto è possibile comprare un’auto nuova a prezzi molto bassi in Cina e rivenderla come usata all’estero a prezzi maggiorati, per esempio in Russia, in Asia centrale e in Medio Oriente: è quello che hanno cominciato a fare molte aziende di import-export, con grossi guadagni. Reuters ha parlato per esempio con un venditore di auto elettriche nella città cinese di Chongqing che riesce a comprare automobili elettriche nuove per circa 5.500 dollari e rivenderle in Asia centrale come usate a circa 7.000 dollari.

Secondo un esperto sentito sempre da Reuters, delle 436mila automobili usate esportate dalla Cina nel 2024, il 90 per cento circa era di fatto un’auto nuova, immatricolata e immediatamente rivenduta come usata. Si tratta comunque di una piccola parte dei 6,4 milioni di veicoli totali che la Cina ha esportato nel 2023.

Auto cinesi in attesa di essere caricate in nave nel porto di Lianyungang, nel settembre 2020

Auto cinesi in attesa di essere caricate in nave nel porto di Lianyungang, nel settembre 2020 (TPG/Getty Images)

Le case produttrici normalmente dovrebbero scoraggiare questo sistema, perché rovinerebbe il loro mercato, ma il problema della sovrapproduzione è tale che al contrario favoriscono gli esportatori di auto nuove rivendute come usate, che magari contribuiscono a smerciare all’estero i modelli meno apprezzati sul mercato interno cinese.

Sotto certi punti di vista questa pratica non è tanto differente da quella di molte concessionarie in Italia (e non solo) che vendono automobili “a chilometro zero”. Le auto “a chilometro zero” sono quelle in esposizione nelle concessionarie, oppure auto costruite per rispettare delle quote di produzione, immatricolate e vendute come usate. La differenza è che le auto “a chilometro zero” in Occidente non forniscono un grosso guadagno economico a chi le vende (anzi a volte sono vendute in perdita) e che non vengono esportate.

In Cina c’è anche un forte incentivo politico a fenomeni del genere. Le varie province ed entità amministrative hanno molta autonomia riguardo alle decisioni economiche, e i singoli amministratori locali sono incentivati dal governo centrale a raggiungere certi obiettivi: se lo fanno ricevono promozioni, se li mancano la loro carriera politica viene penalizzata.

Il sistema delle auto comprate nuove e subito esportate è conveniente da questo punto di vista, perché raddoppia il numero delle transazioni e fa aumentare il dato della crescita economica e il Prodotto interno lordo (PIL) della provincia. Per questo decine di province cinesi negli ultimi anni hanno cercato di attrarre nel loro territorio gli esportatori di auto con incentivi e benefit.

Da tempo in Cina ci sono dubbi sull’affidabilità dei dati economici, perché ciascuna provincia ha interesse ad aumentare artificialmente i dati della propria crescita economica. Divenne celebre in questo senso una conversazione rivelata da WikiLeaks in cui Li Keqiang, l’ex premier della Cina, ammetteva una quindicina di anni fa che i dati sulla crescita economica del paese sono inaffidabili, perché si basano su dati provinciali gonfiati. A questo si aggiunge il problema che da quando l’economia del paese è entrata in una fase di difficoltà, il governo ha smesso di rendere pubblici molti dati e statistiche, rendendo più difficile capire come stanno andando davvero le cose.