Ci sarà il primo processo contro una ong per il soccorso di migranti in mare
Mediterranea e l'equipaggio della sua nave Mare Jonio sono accusati di favoreggiamento dell'immigrazione illegale

Per la prima volta in Italia una ong e l’equipaggio di una nave che soccorre migranti nel Mediterraneo saranno processati per un’operazione di soccorso. La giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Ragusa ha infatti rinviato a giudizio l’equipaggio della nave Mare Jonio, gestita dalla ong Mediterranea Saving Humans, con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione illegale, aggravato dal trarne profitto, per aver accolto a bordo un gruppo di migranti nel 2020.
C’erano già state altre ong indagate per vicende simili, ma il processo non era mai arrivato alla fase del dibattimento, che invece in questo caso inizierà a ottobre. Il precedente principale è l’indagine della procura di Trapani contro la nave Iuventa e l’ong Jugend Rettet. Le indagini e le fasi preliminari del processo durarono più di sette anni: nel 2024 però il giudice dell’udienza preliminare prosciolse tutti gli imputati e il processo si chiuse senza rinvio a giudizio e prima della fase del dibattimento, al contrario di quanto accaduto ora. Altre inchieste ancora furono archiviate in fasi precedenti delle indagini, per mancanza di prove che sostenessero l’ipotesi di reato di favoreggiamento dell’immigrazione illegale.
Secondo la legge questo reato riguarda chi «promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri» nel territorio italiano o «procuri illegalmente l’ingresso» in Italia. Da tempo chi critica le attività di soccorso dei migranti delle ong attive nel Mediterraneo cerca di equipararle a questo tipo di reato, solitamente ricorrendo alla teoria secondo cui la presenza di navi di soccorso costituisce un “pull factor”, un fattore attrattivo, per le persone che rischiano la vita per compiere il pericolosissimo viaggio da una sponda all’altra del Mediterraneo. È una teoria che non ha alcun riscontro nei dati, e che tutte le indagini giudiziarie precedenti, così come gli studiosi di migrazioni, hanno trovato priva di fondamento.
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Il caso al centro del processo è in realtà piuttosto atipico. Le persone che a settembre 2020 finirono a bordo della Mare Jonio erano state soccorse in agosto dalla portacontainer danese Maersk Etienne, a cui poi per più di un mese era stato negato il permesso di sbarco in diversi paesi. Maersk Tankers, la società armatrice che possiede l’Etienne, aveva detto che erano state le autorità di Malta a chiedere alla nave di soccorrere i migranti, per poi rifiutarsi di farli sbarcare sul proprio territorio; Malta ha negato di aver fatto la richiesta all’Etienne, dicendo che il salvataggio era avvenuto fuori dalle sue acque territoriali.
Alla fine i 25 migranti – che erano 27 prima che una donna incinta e il marito fossero portati sulla terraferma per motivi sanitari – a bordo della Etienne furono trasferiti sulla Mare Jonio, e poi fatti sbarcare a Pozzallo, in Sicilia. Un mese dopo lo sbarco, la Maersk Tankers aveva donato 125mila euro a Idra Social Shipping, la società armatrice della Mare Jonio, per aiutarla a sostenere le spese legate al soccorso, fra cui il blocco a terra della nave ordinato dalle autorità italiane. La donazione venne fatta con una forma di elargizione prevista dai trattati internazionali in caso di rapporti fra navi di paesi diversi e fu regolarmente rendicontata. Secondo le accuse formulate dalla procura Mediterranea si sarebbe accordata per accogliere i migranti sulla Mare Jonio in cambio di quel denaro: per questo motivo è stata contestata agli indagati l’aggravante di averne tratto profitto, nonostante gli imputati e anche Maersk Tankers avessero ribadito nel corso delle indagini che non fu così.
Fra gli imputati che andranno a processo c’è anche l’attivista Luca Casarini, fondatore di Mediterranea, che recentemente è rimasto coinvolto nel cosiddetto “caso Paragon”: il suo telefono cioè è stato spiato da un governo tramite un software di sorveglianza dell’azienda israeliana Paragon Solutions. La responsabilità dello spionaggio, che ha coinvolto anche altri due membri di Mediterranea, Giuseppe Caccia (a sua volta imputato), e il cappellano Mattia Ferrari, non è ufficialmente stata ricondotta a un governo specifico ma ci sono forti sospetti su quello italiano, che si è difeso in maniera molto confusa e contraddittoria.
Oltre a Casarini e Caccia andranno a processo Pietro Marrone, comandante della nave, Alessandro Metz, rappresentante legale della Idra Social Shipping, e tre componenti dell’equipaggio, Agnese Colpani, Fabrizio Gatti e Georgios Apostolopoulos. Il processo inizierà a ottobre.
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