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  • Lunedì 26 maggio 2025

Dopo le prime due settimane al Giro d’Italia c’è una sorpresa

In maglia rosa c'è il messicano Isaac Del Toro, ma tanti ciclisti potrebbero ancora scalzarlo, tra i quali un suo compagno di squadra

Isaac Del Toro, 21 anni, è all'esordio al Giro d'Italia (Tim de Waele/Getty Images)
Isaac Del Toro, 21 anni, è all'esordio al Giro d'Italia (Tim de Waele/Getty Images)
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Senza Tadej Pogačar, il fenomenale ciclista sloveno che aveva dominato lo scorso Giro d’Italia, in questa edizione della corsa ci si attendevano equilibrio e incertezza, e per ora sta andando proprio così. Nelle prime due settimane sono successe diverse cose inattese, le distanze in classifica generale sono piccole e l’esito è ancora imprevedibile: ora siamo al secondo giorno di riposo prima degli ultimi sei giorni di corsa. Tra il primo e il decimo classificato ci sono 3 minuti e 53 secondi di distacco: lo scorso anno a questo punto della corsa Pogačar aveva 6 minuti e 41 secondi di vantaggio sul secondo e addirittura oltre 13 minuti sul decimo.

Oltre ai distacchi ridotti, sono ancor più sorprendenti i nomi e le posizioni proprio del primo e del decimo classificato, perché in testa c’è il ventunenne messicano Isaac Del Toro, al suo esordio al Giro d’Italia, mentre al decimo posto c’è il trentacinquenne sloveno Primož Roglič, inizialmente considerato il favorito per la vittoria. Del Toro indossa quindi la maglia rosa, quella del leader della classifica generale.

Ciò che non è cambiato rispetto al 2024 è che la squadra migliore è sempre la UAE Team Emirates XRG, la stessa di Pogačar e quella per cui gareggia Del Toro. All’inizio del Giro si pensava sarebbe stato il ventiduenne spagnolo Juan Ayuso il capitano della squadra, cioè colui che avrebbe gareggiato per vincere la corsa. Due settimane dopo, tuttavia, Ayuso è terzo in classifica generale con 1 minuto e 26 secondi di ritardo dal compagno di squadra Del Toro, che finora sta gestendo alla grande la corsa, dimostrando di essere in eccellente forma.

«Manca la terza settimana, quella con le grandi salite, ma per il momento Del Toro pedala con una scioltezza, con una brillantezza e anche con un’autorità veramente impressionanti», ha detto il commentatore del Giro per Eurosport Luca Gregorio nel suo podcast.

La UAE non ha ancora scelto di puntare del tutto sul Del Toro, nel senso che per il momento sta continuando a difendere Ayuso, mantenendo entrambi in gara per la vittoria finale. Nelle prossime tappe, le più dure, dovrà però decidere la strategia da adottare, basandosi soprattutto sulla condizione dei suoi due ciclisti. Nel frattempo dovrà guardarsi dagli avversari che potrebbero recuperare lo svantaggio nelle tappe alpine, a cominciare dal secondo in classifica generale, l’inglese del Team Visma-Lease a Bike Simon Yates, e soprattutto dai due sudamericani Richard Carapaz (ecuadoriano) e Egan Bernal (colombiano).

Entrambi hanno già vinto il Giro d’Italia in passato, Carapaz nel 2019 e Bernal nel 2021, sono due eccellenti scalatori (cioè vanno forte in salita) e in queste prime due settimane sono tornati a gareggiare su ottimi livelli, una cosa non scontata soprattutto per Bernal, che veniva da anni di gravi infortuni; al momento sono rispettivamente quarto e ottavo in classifica generale.

Richard Carapaz, Isaac Del Toro ed Egan Bernal (Tim de Waele/Getty Images)

Isaac Del Toro gareggia tra i professionisti dallo scorso anno e viene ritenuto un ciclista molto promettente almeno da un paio di stagioni, in particolare da quando nel 2023 vinse il Tour de l’Avenir, una prestigiosa corsa a tappe riservata agli under-23 che nel 2018 fu vinta da Pogačar. Ayuso, pur essendo più grande di un solo anno, ha parecchia più esperienza e abitudine a gareggiare ad alti livelli: ha già vinto il Giro d’Italia under-23, è arrivato terzo alla Vuelta a España nel 2022 e quarto nel 2023 e, tra le altre cose, lo scorso marzo ha vinto la Tirreno-Adriatico, una prestigiosa corsa a tappe di una settimana.

Quando ha vinto nel primo arrivo in salita, alla settima tappa di questo Giro d’Italia, sembrava confermata l’idea che fosse lui il favorito della UAE, e forse dell’intero Giro. Anche in quella tappa però Del Toro era andato bene, arrivando secondo.

Due giorni dopo, in una tappa con diversi tratti in sterrato con arrivo a Siena, Del Toro ha approfittato di una grossa caduta che ha coinvolto vari “uomini di classifica” (come vengono chiamati i ciclisti competitivi per la vittoria finale), tra i quali Roglič e Ayuso, per prendersi la maglia rosa, gareggiando sempre all’attacco e arrivando secondo al traguardo dietro a Wout Van Aert. Sabato scorso, in una tappa apparentemente innocua con arrivo a Gorizia, un’altra caduta di gruppo (su un tratto di pavé reso scivoloso dalla pioggia) ha consentito a Del Toro di guadagnare ulteriore vantaggio su Ayuso e su altri uomini di classifica. Il ciclista italiano Giulio Ciccone, settimo in classifica generale fino a quel momento, si è dovuto ritirare dopo quella caduta. Antonio Tiberi, terzo prima di quella tappa, ha perso posizioni (ora è settimo con poco più di tre minuti di ritardo, dietro al migliore degli italiani finora, il trentasettenne Damiano Caruso, sesto).

Non sono state solo le cadute degli avversari a consentire a Del Toro di arrivare in testa alla classifica alla fine della seconda settimana, comunque. Il messicano ci ha messo parecchio del suo, facendosi trovare pronto a ogni attacco nei tratti in salita, e anzi a volte attaccando lui stesso i suoi avversari, senza bisogno del sostegno della squadra, spesso impegnata a difendere Ayuso. «Del Toro pedala troppo facile, il Giro è nelle mani della UAE e di Del Toro: per me vince lui, lo dico da tempi non sospetti. Oggi Del Toro poteva anche sfruttare la squadra e non l’ha fatto, ha risposto in prima persona e questo disarma un po’ gli avversari», ha detto domenica Riccardo Magrini, che affianca Gregorio nel commento al Giro su Eurosport.

Durante la quindicesima tappa, Carapaz e Bernal hanno provato in diverse occasioni a staccare Del Toro, che però ha tenuto il passo senza troppa fatica. Ne ha risentito invece Roglič, che è arrivato al traguardo con quasi due minuti di ritardo e che, si dice, potrebbe anche decidere di ritirarsi, non essendo in ottime condizioni fisiche.

Primož Roglič arriva in ritardo al traguardo della quindicesima tappa, scortato dal compagno di squadra Giulio Pellizzari (Dario Belingheri/Getty Images)

Nel ciclismo si dice spesso che i grandi giri (Giro d’Italia, Tour de France e Vuelta a España) si decidono nella terza settimana, l’ultima, quella nella quale di solito sono concentrate le tappe con le altimetrie più impegnative. Sarà così anche questa volta: Yates, Carapaz, Bernal, e probabilmente anche Ayuso, proveranno ad attaccare Del Toro nelle quattro tappe di montagna rimanenti, in particolare quella di martedì, con quattro salite e 4.900 metri di dislivello, e poi quelle di venerdì e sabato prossimo, prima dell’arrivo finale a Roma di domenica primo giugno.

Il messicano dovrà difendersi per diventare il più giovane vincitore del Giro d’Italia in oltre ottant’anni, da quando cioè Fausto Coppi lo vinse nel 1940 a 20 anni e 8 mesi.

Nei due rimanenti arrivi in volata, invece, il danese Mads Pedersen proverà a eguagliare le sei vittorie di tappa ottenute da Pogačar lo scorso anno: per il momento ne ha vinte quattro e sta correndo un Giro d’Italia davvero notevole (non compete però per la vittoria della classifica generale, perché non è un ciclista particolarmente forte in salita).