È morto il fotografo brasiliano Sebastião Salgado
Uno dei più conosciuti al mondo: aveva 81 anni

altre
foto
Sebastião Salgado, uno dei più importanti fotografi del Novecento, famoso per le sue foto in bianco e nero che raccontavano storie di lavoratori, migranti, povertà e cambiamenti climatici, è morto a 81 anni. L’Instituto Terra, che aveva fondato insieme alla moglie, ha confermato la notizia venerdì, e successivamente la sua famiglia ha detto all’Agence France-Press che la causa della morte è stata una leucemia.
Citato spesso insieme ad altri grandi fotografi come Robert Capa, Henri Cartier Bresson e Robert Frank, nella sua carriera durata più di mezzo secolo Salgado ha documentato con uno sguardo molto personale e una grande sensibilità verso le classi sociali meno privilegiate alcuni dei più profondi mutamenti sociali, economici e ambientali del nostro tempo.
Il suo stile inconfondibile, il suo uso peculiare del bianco e nero e i suoi progetti indipendenti hanno avuto un impatto significativo sulla fotografia sociale e documentaristica. Nella prima parte della sua carriera lavorò per alcune delle agenzie più importanti al mondo, e come reporter fu testimone di alcuni degli eventi più importanti dello scorso secolo, tra cui i primi cento giorni della presidenza di Ronald Reagan negli Stati Uniti, compreso l’attentato del 30 marzo del 1981 a Washington.
Successivamente lavorò soprattutto come fotografo indipendente, realizzando lunghi reportage in giro per il mondo e affermandosi come uno straordinario ritrattista.
Il più noto è Workers, una retrospettiva sul lavoro manuale e sui modi in cui quest’ultimo definisce e trasforma la vita degli individui e delle comunità in tutto il mondo. Realizzato nell’arco di sei anni attraversando 26 paesi, tra cui Brasile, Ruanda, India, Kuwait, Polonia e Bangladesh, è considerato uno dei più importanti reportage d’impegno sociale del Dopoguerra.
Gli altri due temi a cui l’opera di Salgado è solitamente associata sono le migrazioni e l’ambiente. Il primo fu esplorato in Migrations, realizzato nell’arco di 15 anni e dedicato alle persone che abbandonano la campagna per trasferirsi in città e che comprende fotografie scattate in 43 paesi.
A partire dai primi anni Duemila Salgado cominciò a occuparsi soprattutto di ambiente, abbandonando parzialmente il ritrattismo per dedicarsi alle foto di paesaggi. Lo fece soprattutto nel progetto Genesi, realizzato tra il 2004 e il 2011 e composto da centinaia di fotografie che hanno a che fare col rapporto tra uomo e ambiente, la bellezza della natura e di cosa ne rimane oggi nonostante distruzioni e modificazioni.
Salgado era nato in Brasile nel 1944. Dopo aver studiato economia a San Paolo, si era trasferito a Parigi per un master e poi a Londra per lavorare come economista. Viaggiò in Africa per conto della World Bank e iniziò a scattare le sue prime fotografie. Nel 1964 conobbe l’autrice e produttrice cinematografica Lélia Wanick, che sposò tre anni dopo e con cui collaborò per tutta la sua carriera. Nel 1972 lasciò il lavoro e tornò a Parigi con la moglie per fare il fotografo. Dopo qualche anno da freelance, nel 1979 cominciò a lavorare per l’agenzia fotografica Magnum Photos, una delle più importanti del mondo.
Nel 1994 Salgado lasciò la Magnum e fondò insieme a sua moglie Lélia Wanick Salgado la Amazonas Images, un’agenzia fotografica che rappresentava solo Salgado. Visse per oltre cinquant’anni con problemi alla colonna vertebrale a causa dell’esplosione di una mina nel 1974, che lo colpì mentre viaggiava in auto in Mozambico, dove era andato per documentare la guerra per l’indipendenza. Nel 2014 il regista tedesco Wim Wenders dedicò alla vita di Salgado il documentario Il sale della terra, che l’anno successivo ottenne una nomination agli Oscar.