Le prime dimissioni per il caso dei referti istologici in ritardo a Trapani
Il direttore generale dell'azienda sanitaria, Ferdinando Croce, ha anticipato una decisione di cui si discuteva da tempo

Mercoledì il direttore generale dell’azienda sanitaria provinciale (ASP) di Trapani Ferdinando Croce ha annunciato le dimissioni per il caso delle migliaia di referti istologici mai consegnati a oltre 3mila pazienti: è una vicenda iniziata mesi fa e che ha gradualmente assunto una rilevanza prima regionale e poi nazionale, diventando un po’ un simbolo di molte cose che non funzionano nella sanità pubblica. Finora nessun dirigente o persona con responsabilità istituzionali si era dimesso o era stato rimosso dal suo incarico per questo caso.
Per via del suo ruolo Croce è stato fin da subito considerato uno dei primi responsabili: a marzo era stato temporaneamente sospeso e la Regione aveva avviato un procedimento di decadenza (cioè di rimozione dall’incarico) nei suoi confronti per quelle che aveva definito «gravi responsabilità gestionali».
Croce si è dimesso poche ore prima di un’audizione alla commissione sanità della Regione, in cui avrebbe dovuto rendere conto del proprio operato e al termine della quale la commissione avrebbe dovuto esprimere un parere sulla sua decadenza. Il parere della commissione non sarebbe stato vincolante, ma la rimozione di Croce dall’incarico era considerata imminente. Dell’opportunità delle sue dimissioni si discuteva da mesi.
Il procedimento di decadenza nei confronti di Croce era stato avviato a fine marzo dal presidente della Regione Renato Schifani, di Forza Italia e alla guida di una giunta di centrodestra, su proposta dell’assessora regionale alla Salute Daniela Faraoni.
Il caso dei referti istologici ha riguardato 3.313 referti mai consegnati ai pazienti: 1.405 per esami svolti nel 2024 e 1.908 per esami svolti nel 2025. A Trapani il problema era noto da tempo, ma ha assunto una rilevanza mediatica e nazionale dopo due interrogazioni parlamentari presentate dal vicepresidente della Camera Giorgio Mulè, di Forza Italia, a partire dalla storia di Maria Cristina Gallo, una donna di 56 anni che aveva atteso per otto mesi, nonostante ripetute telefonate, il referto istologico con cui poi aveva scoperto che aveva un tumore già al quarto stadio, la fase terminale.
Secondo l’ASP i ritardi sarebbero stati dovuti a una carenza di medici specialisti in anatomia patologica. Secondo dati della Regione relativi ai referti mai consegnati, 206 contenevano rilevazioni di tumori: è un dato da prendere con cautela perché non è stato stabilito se esista un nesso causale tra la rilevazione del tumore, il ritardo nella consegna del referto e le conseguenze dello stesso tumore sulla salute dei singoli pazienti. Il caso però ha provocato proteste, contestazioni e fatto emergere molti altri problemi nella sanità locale.
A Croce è stato contestato di non aver mai informato la Regione sulle difficoltà che la sua azienda stava avendo nello smaltimento degli esami, in modo da poter cercare una soluzione. Annunciando l’avvio della procedura di decadenza nei suoi confronti, la Regione aveva parlato di «omissioni di atti obbligatori per legge e violazioni dei principi di efficacia, efficienza e buon andamento dell’amministrazione».
Sul caso però è ancora in corso un’ispezione del ministero della Salute, e ci sono diversi punti non chiari su come siano andate le cose: secondo approfondimenti fatti dalla stampa locale, la scorsa estate Croce avrebbe in realtà inviato all’assessorato regionale alla Salute e al dipartimento per la Pianificazione strategica una PEC in cui parlava delle difficoltà della sua ASP nello smaltimento degli arretrati. Nell’email Croce avrebbe anche chiesto l’autorizzazione necessaria a poter sforare il tetto di spesa previsto e a esternalizzare l’analisi dei referti.
Sempre secondo la stampa locale, la Regione non avrebbe mai risposto a Croce, il quale si sarebbe mosso in autonomia stipulando convenzioni con altre aziende sanitarie provinciali e anche con enti privati per smaltire i referti.