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  • Mercoledì 21 maggio 2025

Com’è possibile che l’impronta di Andrea Sempio sia venuta fuori solo 18 anni dopo

Oggi esiste solo in alcune fotografie scattate nel 2007 nella casa di Chiara Poggi a Garlasco

La piazza all'esterno del tribunale di Pavia, piena di persone
Il tribunale di Pavia durante i nuovi interrogatori sull'omicidio di Chiara Poggi a Garlasco, 20 maggio 2025 (Claudio Furlan/LaPresse)
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L’impronta di una mano destra al centro delle ultime notizie sull’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto nel 2007 a Garlasco, in provincia di Pavia, non esiste più. Ne esistono però delle fotografie: è grazie a quelle che sarebbero stati fatti i confronti con le impronte di Andrea Sempio, indagato da marzo per l’omicidio.

Nelle fasi iniziali delle indagini sull’omicidio di Garlasco furono commessi molti errori. Anche la successiva vicenda giudiziaria per cui fu prima assolto, e poi condannato in via definitiva Alberto Stasi, all’epoca fidanzato di Poggi, fu molto travagliata. Non si può dire con certezza quanto i nuovi sviluppi siano legati a errori nelle prime indagini e quanto invece a progressi scientifici avvenuti nei 18 anni trascorsi dal delitto.

Secondo le informazioni diffuse dalla procura di Pavia (che indaga sul caso) e le ricostruzioni dei giornalisti che seguono da anni la vicenda, nell’agosto del 2007 l’impronta era stata individuata dai tecnici del Reparto Investigazioni Scientifiche (RIS) di Parma, che l’avevano identificata come “traccia di interesse dattiloscopico classificata 33”. Si trovava sul muro delle scale che portano alla cantina di casa di Poggi, il luogo in cui fu trovato il suo corpo.

– Leggi anche: La storia del delitto di Garlasco, dall’inizio

Non era l’unica impronta trovata lungo le scale: ce n’erano anche di Marco Poggi, fratello della giovane donna uccisa, e di un carabiniere. Le prime erano state ritenute irrilevanti dato che Poggi viveva nella stessa casa, mentre quelle del carabiniere, che contrariamente alle regole da seguire sulle scene del crimine non indossava guanti, erano dovute a uno dei vari sbagli commessi nelle indagini.

Le nuove analisi sull’impronta sono state svolte da consulenti incaricati dalla procura, cioè l’accusa, e il loro contenuto è stato poi ottenuto da diversi giornalisti che seguono il caso: bisogna tenerne conto perché entrambe le parti – accusa e difesa – possono avere interessi a far trapelare sui giornali certe informazioni (nelle indagini italiane questo genere di passaggi di informazioni, anche riservate, è piuttosto frequente).

La procura ha fatto sapere che nel 2007 una parte dell’impronta 33 che non aveva elementi che potessero renderla riconoscibile fu tolta dal muro grattando via l’intonaco: è un fatto su cui la procura dice di star indagando ulteriormente. L’altra parte invece poteva essere esaminata, ma all’epoca non ne venne fuori niente: è quella su cui sono stati fatti i nuovi accertamenti a 18 anni di distanza.

All’epoca, ha spiegato il noto cronista di nera Massimo Pisa su Repubblica, l’impronta 33 (o almeno la parte esaminata) era stata giudicata inutile per le indagini dalla consulenza tecnica del RIS, perché non abbastanza dettagliata per permettere confronti con altre impronte. Inoltre era stata sottoposta a un OBTI test, un’analisi praticata in ambito forense per rilevare la presenza di emoglobina umana, e quindi di sangue, che però era risultato negativo.

Ora invece una nuova consulenza, compiuta dal tenente colonnello Gianpaolo Iuliano, comandante della Sezione Impronte del RIS di Roma, e dal dattiloscopista forense Nicola Caprioli, dice che nell’impronta ci sono 15 minuzie sovrapponibili a quelle di Sempio. In dattiloscopia, la scienza che studia le sporgenze cutanee dei polpastrelli e dei palmi delle mani, quelle che generano le impronte, le minuzie sono i punti in cui queste creste hanno forme diverse da persona a persona e possono quindi aiutare a identificarne una specifica.

L’impronta 33 è stata presa in considerazione per le nuove indagini a partire dal 2020, quando i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano chiesero al procuratore aggiunto Mario Venditti di poter indagare per provare a capire se fosse stata lasciata da una mano sporca di sangue. Il procuratore di Pavia, Fabio Napoleone, ha detto che è stato possibile fare nuovi accertamenti sulle impronte che all’epoca furono ritenute non utili grazie alle tecniche più moderne a disposizione.

Dato che l’impronta 33 non esiste più non sono state fatte nuove analisi chimiche, ma le fotografie sono state confrontate con due diverse campionature dell’impronta palmare di Sempio: la prima ottenuta con uno scanner ottico, la seconda con l’inchiostro.

Sempio, amico di Marco Poggi, era già finito al centro delle indagini tra il 2016 e il 2017 per via della presenza del suo DNA riscontrata sulle unghie di Poggi. Al tempo le indagini nei suoi confronti furono archiviate anche perché la quantità di DNA trovata non era stata ritenuta sufficiente per fare una comparazione attendibile. I campioni del DNA di Sempio adesso sono stati analizzati con tecniche più aggiornate rispetto a quelle di allora. Saranno inoltre esaminati altri reperti raccolti nel 2007 su cui erano presenti ulteriori impronte mai analizzate.