La Svezia ha limitato molto OnlyFans
È il primo paese europeo a farlo: una nuova legge ridurrà drasticamente una delle principali fonti di ricavo di chi lavora sul sito

Martedì in Svezia il parlamento ha approvato una legge che limita fortemente l’utilizzo nel paese di OnlyFans, la piattaforma online che permette di ricevere dei compensi in cambio di contenuti sessualmente espliciti, molto diffusa in Europa e negli Stati Uniti.
La legge, che entrerà in vigore il 1° luglio, rende illegale l’acquisto di atti sessuali a distanza (in cui non c’è contatto fisico fra chi compra e chi compie l’atto) la cui realizzazione è richiesta o influenzata dalla persona che paga. OnlyFans è già totalmente vietata in alcuni paesi, come la Turchia o l’Arabia Saudita, ma la Svezia è il primo paese occidentale ad applicare dei limiti di questo tipo.
Il governo svedese sostiene che la legge serva a limitare lo sfruttamento della prostituzione, che ormai avviene anche online, estendendo il cosiddetto “modello nordico” già in vigore nel paese, in cui a essere perseguibile è il cliente e non la persona che si prostituisce. Tuttavia secondo molte persone che lavorano con OnlyFans la misura avrà come principale effetto una drastica riduzione dei loro guadagni e non tutelerà adeguatamente le persone sfruttate.
La legge non riguarda soltanto OnlyFans ma nel testo la cita esplicitamente, essendo di gran lunga la piattaforma più diffusa nel suo genere. In fase di discussione parlamentare peraltro OnlyFans aveva più volte chiesto alla maggioranza di governo di modificarla, senza successo.
Le sex worker e i sex worker che creano contenuti su OnlyFans offrono al loro pubblico principalmente tre servizi, a cui si accede solitamente pagando un abbonamento base: dei contenuti generici (foto o video) caricati sui loro profili e accessibili con l’abbonamento iniziale o pagando una somma per il singolo contenuto; delle dirette video in cui è possibile commentare e lasciare delle “mance”; dei contenuti personalizzati sulla base di richieste di singoli utenti (e accessibili solo a loro), pagati separatamente e il cui costo varia in base alla richiesta.
La legge non entra nello specifico di quali contenuti diventeranno sicuramente illegali, ma secondo molti limiterà ampiamente il secondo tipo di contenuti e renderà completamente illegale il terzo, i cosiddetti contenuti personalizzati, che per molte persone che lavorano su OnlyFans è la principale forma di guadagno. I contenuti generici, quelli che cioè rientrano nella prima categoria, rimarranno invece legali.
Secondo Yigit Aydin, esponente dell’Alleanza europea per i diritti dei lavoratori del sesso, un’associazione che ne riunisce altre 100 in 30 paesi fra l’Europa e l’Asia centrale, questa legge spingerà le persone che oggi lavorano su OnlyFans fuori da una piattaforma regolamentata in cui possono «lavorare in modo indipendente, stabilire dei limiti ed evitare i rischi associati al lavoro di strada o di persona».
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In diversi paesi occidentali si sta discutendo di limitare le attività su OnlyFans, o per lo meno di regolamentarle. Una possibilità è che la legge svedese venga presa come esempio, come successe con quella sulla prostituzione più di vent’anni fa.
Nel 1999 infatti la Svezia fu il primo paese ad applicare quello che oggi è conosciuto come il “modello nordico”, che criminalizza l’acquisto dell’atto sessuale, e quindi rende perseguibile il cliente. Fu poi seguita dalla Norvegia, dall’Islanda e dalla Francia. Il modello si basa sul ragionamento (oggi esteso anche a OnlyFans dal governo svedese) secondo cui la maggior parte delle persone che si prostituiscono, che sono soprattutto donne, non lo fa per scelta ma per costrizione: e che quindi il modo più efficace per combattere questo fenomeno sia quello di intervenire sui clienti (oltre a perseguire chi obbliga le persone a prostituirsi).
Molte persone che lavorano in questo campo e le associazioni che se ne occupano sostengono però che questo modello non riesca a ridurre davvero né la prostituzione né la tratta di esseri umani, ma che sposti semplicemente queste attività dalla strada ai locali chiusi. Questo non protegge le persone costrette a prostituirsi, ma in certi casi le rende ancora più dipendenti dalle persone che le sfruttano.
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