Le polemiche intorno al Remigration Summit
Cioè il problematico raduno internazionale dell'estrema destra a Gallarate, dove si è parlato della necessità di espellere le persone straniere

Oggi, in un teatro di Gallarate, in provincia di Varese, si è tenuto il Remigration Summit, un raduno dell’estrema destra europea sul tema della cosiddetta “remigrazione”. È una parola che in Italia si sente da poco tempo ma che in altri paesi europei è ormai diventata un motto per la destra più radicale, e che in breve fa riferimento all’idea di espellere con la forza tutte le persone straniere che si trovano anche regolarmente in un paese, ma la cui presenza è ritenuta problematica.
Su questo raduno ci sono state molte attenzioni e polemiche, ovviamente per le idee che proponeva ma anche per questioni di sicurezza legate a come in passato si erano comportati alcuni dei partecipanti. Un esempio: giovedì all’aeroporto di Malpensa è stato fermato ed espulso Rasmus Paludan, 43 anni, politico danese di estrema destra noto per aver organizzato diverse manifestazioni antislamiche bruciando delle copie del Corano, il testo sacro dell’Islam. Paludan era arrivato in Italia probabilmente proprio per partecipare al raduno.
Gli organizzatori hanno comunicato ai partecipanti l’effettivo luogo di incontro solo sabato mattina alle 7:30 per email, un’ora e mezza prima dell’inizio previsto: «potrebbero esserci manifestazioni o disordini all’esterno della sede. Si prega di mantenere la calma e di agire con cautela», hanno scritto. Gli organizzatori del raduno sostengono che l’evento sia andato sold out: il teatro in cui si svolgeva ha poco più di 600 posti, ma dalle foto postate dagli organizzatori sembra che ci fossero parecchi posti vuoti. Diversi giornali parlano di circa 400 partecipanti complessivi, tra politici, attivisti e spettatori provenienti da diversi paesi europei.
Stamattina c’è stato nella stessa Gallarate un flash mob di protesta, con circa 200 persone.
Nel pomeriggio a Milano ci sono state alcune contromanifestazioni organizzate da sindacati e associazioni di sinistra. Quella più grande era in piazza San Babila, dove sono arrivati anche il sindaco di Milano e la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein.
In un altro corteo, quello che partiva da piazza Cairoli, ci sono stati alcuni scontri tra manifestanti e polizia.

Un momento di scontro tra manifestanti e poliziotti, a Milano (ANSA / PAOLO SALMOIRAGO)
Diversi esponenti della sinistra avevano chiesto di vietare il Remigration Summit al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che sabato mattina ha detto: «Io da ministro dell’Interno ho l’obbligo di garantire la libera espressione del pensiero da parte di chiunque», e che «in democrazia c’è bisogno di tutti i contributi e di tutte le componenti rispetto a fenomeni così complessi».

Presidio a Gallarate contro il Remigration Summit (ANSA / AGENZIA BLITZ / DOMENICO GHIOTTO)
La parola remigrazione viene usata da poco nel linguaggio della Lega, a cui Piantedosi è ritenuto vicino. Il leader del partito Matteo Salvini ha detto: «Non capisco perché si dovrebbe vietare a priori il libero pensiero di qualcuno. Mica siamo in Unione Sovietica». Il vicesegretario del partito ed europarlamentare Roberto Vannacci ha detto venerdì in un’intervista alla Stampa che sarebbe «andato con grande piacere», ma che ha dovuto declinare per altri impegni. Ha però inviato un video di sostegno, in cui dice che «la remigrazione non è uno slogan ma una proposta concreta», «una battaglia di libertà e civiltà, di sicurezza».
Il presidente della Lombardia Attilio Fontana, sempre della Lega, ha detto di non vedere «sinceramente quali possano essere i problemi»; il sindaco di Milano Beppe Sala, di centrosinistra, ha detto di essere «già contento che il summit non sia in città». Il sindaco di Gallarate Andrea Cassani, leghista, non lo ha vietato: sabato mattina ha detto che «le misure per garantire l’ordine pubblico prese da questura e prefettura sono imponenti e adeguate. Mi auguro che vada tutto bene perché è giusto che tutti possano manifestare le proprie idee». Non ci sono stati invece commenti di Fratelli d’Italia e di Forza Italia, gli altri due partiti al governo.
La remigrazione è un’idea che se applicata violerebbe qualche decina di norme nazionali ed europee, che genererebbe sofferenze fisiche e psicologiche a milioni di persone, e che ha una natura razzista: per l’estrema destra europea gli stranieri problematici sono invariabilmente le persone non bianche, la cui lingua madre non è quella dello stato in cui vivono e che praticano una religione diversa dal cristianesimo.
Esponenti dell’estrema destra tedesca e austriaca ne parlano apertamente da tempo, così come i loro colleghi francesi. Ultimamente si è iniziato a parlare di remigrazione anche in Italia, e la parola è usata soprattutto da diversi parlamentari ed europarlamentari della Lega e su alcuni giornali di destra. Fino a qualche tempo fa il termine “remigrazione” era però usato quasi solo nell’ambiente accademico.
Gli esperti di migrazione tedeschi e olandesi lo hanno usato per indicare il ritorno volontario di una persona migrante nel proprio paese di origine, oppure una seconda migrazione dopo un primo spostamento. In altre occasioni la remigrazione è stata associata alla decisione delle persone ebree di trasferirsi nel neonato Stato di Israele, da qualsiasi parte del mondo provenissero, dopo la Seconda guerra mondiale (Israele fu fondato nel 1948).
I primi a trasformare la parola in una proposta politica sono stati gli attivisti di Les Identitaires, un movimento francese neofascista la cui sezione giovanile, Generazione Identitaria, negli anni scorsi si era fatta notare fra le altre cose per aver raccolto dei fondi con l’obiettivo di mettere in mare una nave che bloccasse le attività delle ong che soccorrono i migranti nel Mediterraneo (il progetto fallì dopo poco). Nel novembre del 2023 il concetto di “remigrazione” entrò al centro del programma di Alternative für Deutschland (AfD), il principale partito dell’estrema destra tedesca che in queste settimane è stato definito un pericolo per la democrazia dai servizi segreti, e ora rischia di venire sciolto.
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