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  • Giovedì 8 maggio 2025

Perché il Ruanda vuole i richiedenti asilo che non vuole nessuno

Ci sono ragioni sia economiche che politiche: dopo il discusso accordo con il Regno Unito, ora il governo ruandese sta trattando con Trump

Paul Kagame (AP Photo/Jerome Delay)
Paul Kagame (AP Photo/Jerome Delay)
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I governi di Stati Uniti e Ruanda hanno avviato trattative sulla possibilità che il governo ruandese inizi a ricevere alcune delle persone espulse dal territorio statunitense. Al momento i negoziati sono a una fase preliminare e non si hanno maggiori dettagli: non si sa per esempio se le persone obiettivo del provvedimento saranno solo richiedenti protezione internazionale o anche persone con status diversi (i richiedenti protezione internazionale sono coloro che hanno fatto richiesta di asilo politico o di altre forme di protezione e stanno aspettando una risposta dalle autorità competenti).

Se dovessero andare in porto le trattative sarebbe la prima volta che gli Stati Uniti concludono un accordo di questo tipo con un paese africano. In passato l’avevano fatto con vari governi dell’America Latina, tra cui anche quelli considerati poco sicuri, dove cioè le persone espulse rischiano di subire persecuzioni o violenze. Non è invece la prima volta che il Ruanda fa accordi di questo genere, accettando di ricevere persone espulse da altri paesi in cambio di soldi.

Ci sono varie ragioni per cui lo fa. Il Ruanda è spesso citato come un caso virtuoso di crescita economica in Africa, ma il suo debito pubblico è ancora molto alto e la sua economia conta ancora molto sugli aiuti internazionali. Il fatto di ricevere molti soldi è quindi importante e non è da sottovalutare, ma non è l’unico motivo.

Il segretario di Stato americano Marco Rubio (al centro) durante un incontro tra la ministra degli esteri del Congo Therese Kayikwamba Wagner e il suo omologo ruandese Olivier Nduhungirehe, 25 aprile 2025 (AP Photo/Jacquelyn Martin)

Per il presidente Paul Kagame questi accordi sono soprattutto un modo per migliorare la propria reputazione sul piano politico e diplomatico, accreditandosi internazionalmente  come un alleato affidabile e credibile. I problemi legati alla sua reputazione derivano infatti da fattori sia interni che esterni.

Internamente Kagame controlla di fatto il Ruanda dal 1994, ed è presidente dal 2000. Nonostante gli sia stata riconosciuta l’abilità di garantire la stabilità politica e una significativa crescita economica del paese, nel tempo ha adottato metodi sempre più autoritari e repressivi. Per esempio le ultime elezioni presidenziali le ha vinte senza opposizione con il 100% dei voti.

A questo si aggiunge la difficile posizione in cui si trova Kagame rispetto all’attuale guerra nella Repubblica Democratica del Congo (paese che confina con il Ruanda), dove dal 2021 un gruppo paramilitare chiamato M23 sta combattendo contro l’esercito congolese. Il Ruanda è accusato in modo circostanziato di sostenere l’M23, responsabile di gravi violenze contro i civili, tra cui stupri sistematici e saccheggi. Queste accuse, che Kagame ha sempre negato, gli hanno creato diversi problemi sul piano politico e diplomatico.

Per esempio da metà marzo non ha più rapporti diplomatici col Belgio, rischia che venga annullato un importante accordo per lo sfruttamento delle risorse minerarie siglato con l’Unione Europea, è sottoposto a sanzioni sia da parte dell’Unione che delle Nazioni Unite e diversi paesi hanno interrotto gli aiuti umanitari verso il Ruanda.

Per queste ragioni Kagame cerca alleati offrendosi di risolvere una delle questioni più complesse e delicate nei paesi destinazione delle rotte migratorie. Lo ha fatto per esempio con Israele, che tra il 2013 e il 2018 aveva mandato in Ruanda migliaia di richiedenti asilo eritrei e somali, promettendo loro che avrebbero potuto fare richiesta di protezione internazionale una volta arrivati (cosa che poi non è accaduta: il piano aveva provocato molte critiche ed era stato infine interrotto). Ci aveva provato anche con la Danimarca nel 2021 (anche questo accordo era stato sospeso) e soprattutto con il Regno Unito nel 2022.

L’ex primo ministro britannico Rishi Sunak, sinistra, e il presidente del Ruanda Paul Kagame, destra, Londra, giovedì 4 maggio 2023 (AP Photo/Vadim Ghirda)

L’accordo col governo britannico era stato il più noto e discusso, non solo dal parlamento nazionale ma anche dai tribunali britannici ed europei.

Prevedeva il pagamento dell’equivalente di 280 milioni di euro per accogliere i richiedenti asilo arrivati in territorio britannico e in attesa di risposta da parte delle autorità del Regno Unito. In caso poi di risposta negativa, il Ruanda avrebbe potuto decidere se rimandare queste persone nel loro paese di origine o in paesi terzi (violando, in caso di paesi non sicuri, il diritto al non respingimento); in caso di esito positivo, i richiedenti asilo non sarebbero comunque tornati nel Regno Unito ma avrebbero potuto rimanere in territorio ruandese.

L’accordo era stato firmato dai due paesi dopo che il Ruanda era già stato accusato dall’ONU di sostenere l’M23, e aveva avuto l’effetto di ammorbidire molto la posizione del Regno Unito nei confronti della controversa posizione di Kagame.

Allo stesso tempo il patto aveva causato diversi problemi al governo del primo ministro conservatore britannico Rishi Sunak, e una spaccatura all’interno del suo stesso partito. Di fatto il patto era considerato da molti inefficace nel suo intento di fare da deterrente per i migranti che attraversavano la Manica per raggiungere il Regno Unito, e soprattutto era molto criticato dagli esperti di diritto perché contrario alle leggi britanniche e internazionali per la protezione dei richiedenti asilo.

C’erano anche forti dubbi sulle capacità del Ruanda di accogliere le persone in condizioni accettabili e di rispettare i loro diritti fondamentali.

Il paese ospita attualmente oltre 135mila rifugiati, provenienti principalmente da Congo e Burundi. Per le leggi ruandesi hanno accesso al sistema sanitario, al mondo del lavoro e possono muoversi liberamente nel territorio nazionale. Ma il 90 per cento di loro vive in campi sovraffollati e isolati, che si trovano nelle zone rurali del paese. Ci sono stati poi casi di violenze da parte delle forze di sicurezza del Ruanda.

L’accordo era stato infine dichiarato illegale dalla Corte Suprema britannica e abbandonato dal governo laburista di Keir Starmer, succeduto a Sunak. Il governo del Ruanda ha detto che non ha intenzione di restituire i soldi ricevuti.