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  • Lunedì 21 aprile 2025

Papa Francesco ha nominato gran parte dei cardinali che sceglieranno il suo successore

Molti di loro provengono dall'ala progressista della Chiesa, cosa che nel conclave potrebbe avere un certo peso

Papa Francesco cammina davanti ad alcuni cardinali dopo una messa per la Pentecoste, 9 giugno 2019 (AP Photo/Gregorio Borgia)
Papa Francesco cammina davanti ad alcuni cardinali dopo una messa per la Pentecoste, 9 giugno 2019 (AP Photo/Gregorio Borgia)

Quando un papa si dimette o muore, il suo successore viene eletto da una commissione di cardinali, cioè i più importanti leader della Chiesa cattolica. L’incarico di cardinale non si ottiene in modo automatico, per anzianità: è il papa che li nomina personalmente, solitamente in base a quelli che sente più vicini o meritevoli di essere promossi ma tenendo in considerazione anche la rappresentanza geografica e di diverse correnti all’interno della Chiesa.

I papi che rimangono in carica più a lungo o che per ragioni contingenti riescono a nominare più cardinali – perché magari durante il proprio mandato ne muoiono parecchi – hanno quindi la possibilità di influenzare pesantemente la scelta del proprio successore. È esattamente la condizione che si è costruito papa Francesco: nei suoi 12 anni di papato ha nominato 108 cardinali fra i 135 che sceglieranno il suo successore, circa l’80 per cento. Dei rimanenti 27 cardinali, 22 sono stati indicati da Benedetto XVI, il suo precedessore, e 5 da Giovanni Paolo II.

Esiste una buona possibilità, insomma, che il prossimo papa provenga dalla fazione progressista della Chiesa, esattamente come Francesco, anche se ovviamente le dinamiche della commissione di cardinali che elegge il nuovo papa – che si chiama conclave – sono sempre piuttosto insondabili da fuori. Non esiste alcun automatismo, insomma: anche i cardinali nominati da papa Francesco potrebbero infine scegliere di eleggere un cardinale della fazione conservatrice, per via di altri elementi che tradizionalmente hanno un peso nella scelta del papa (la provenienza geografica, l’età o la passata esperienza in un certo settore).

Di solito però i papi che rimangono in carica per molto tempo e quindi nominano parecchi cardinali riescono ad assicurarsi che chi gli succederà appartenga alla propria fazione; dopo papati più brevi le maggioranze cambiano e si rimescolano. Nel conclave del 2005 sui 115 cardinali che parteciparono alla votazione – hanno diritto di voto tutti quelli che hanno meno di 80 anni – 113 erano stati nominati da Giovanni Paolo II e solo 2 da Paolo VI, in carica fra il 1963 e il 1978.

Giovanni Paolo II apparteneva all’ala più radicale della fazione conservatrice e grazie a questi numeri riuscì a fare eleggere senza troppi problemi un altro conservatore, Benedetto XVI. Il quale era un filo meno ideologico di Giovanni Paolo II: anche grazie alle sue nomine, infatti, nel 2013 venne eletto papa Francesco. Sulla sua indicazione pesò soprattutto la provenienza geografica, dato che prima di lui non era mai stato eletto un papa sudamericano: quasi nessuno, inoltre, si aspettava che papa Francesco sarebbe stato un papa così progressista, su diversi temi.

Papa Giovanni Paolo II, a sinistra, con accanto il futuro papa Benedetto XVI in una foto scattata nel 1983 (Bettmann/Getty Images)

Oggi nel conclave ci sono molti più cardinali della fazione progressista rispetto ad allora. «Papa Francesco ha rinnovato il conclave trascurando i capi di importanti arcidiocesi come Los Angeles, Venezia e Milano e scegliendo invece di nominare come cardinali uomini dalle periferie che riflettono il suo stesso orientamento pastorale e le sue attenzioni per i poveri», ha scritto qualche tempo fa America, la rivista dei gesuiti statunitensi (lo stesso ordine a cui apparteneva papa Francesco).

Fra i cardinali eletti da papa Francesco per esempio c’è anche lo statunitense Robert W. McElroy, ex vescovo di San Diego e da pochi mesi arcivescovo di Washington, D.C. McElroy è un noto critico del nuovo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Il quotidiano statunitense USA Today lo ha definito «una delle figure del cattolicesimo statunitense più attente ai diritti dei migranti, e promotore di varie altre cause vicine al mondo progressista».

Papa Francesco ha anche cercato di nominare cardinali che non provenissero soltanto dall’Occidente, cioè l’area geografica da cui sono stati originari tutti i papi contemporanei tranne lui. Nelle sue nomine «ha preferito figure emergenti dal cosiddetto Sud Globale: sono diventati cardinali, per esempio, vescovi dal Brasile, dalla Costa d’Avorio, dall’Algeria e dall’Iran», ha notato il New Yorker. Per la prima volta nella storia della Chiesa cattolica la maggioranza dei cardinali proverrà da paesi fuori dall’Europa. Quando fu eletto Pio XII, nel 1939, soltanto un cardinale su 10 non era europeo.

Alcuni fra i nuovi cardinali non si aspettavano minimamente di essere nominati. Deutsche Welle racconta che lo scorso ottobre l’arcivescovo di Tokyo, Tarcisius Isao Kikuchi, si trovava a Roma per l’ultimo Sinodo dei vescovi quando il papa ha annunciato la sua nomina durante un’omelia. Kikuchi non lo stava ascoltando, e quando qualcuno gli ha fatto le congratulazioni inizialmente ha pensato a uno scherzo.

Papa Francesco ha anche scelto cardinali piuttosto giovani rispetto alla media del conclave: oggi l’età media è 72 anni, mentre quella dei cardinali nominati da papa Francesco è di 62. Il più giovane è il capo della chiesa greco-cattolica ucraina di Melbourne, Australia: si chiama Mykola Byčok e ha 45 anni.