Come Luis Enrique sta cambiando il Paris Saint-Germain
Era la squadra europea ricca e sconclusionata per eccellenza, ora ha un progetto ambizioso e piace anche agli osservatori neutrali

Mercoledì sera il Paris Saint-Germain ha battuto 3-1 l’Aston Villa nell’andata dei quarti di finale della Champions League maschile, giocando una partita convincente e confermando di essere una delle squadre migliori in Europa in questo momento. Da due stagioni, da quando se ne sono andati Lionel Messi e Neymar, e poi anche Kylian Mbappé, il Paris Saint-Germain ha cominciato a fare le cose in modo un po’ diverso. Ha smesso di comprare campioni affermati e (pur con una disponibilità economica molto superiore alla media) ha puntato su giocatori più giovani e soprattutto funzionali al suo allenatore, lo spagnolo Luis Enrique, che dal suo arrivo nell’estate del 2023 ha portato avanti un cambiamento culturale, oltre che tattico.
Oggi il Paris Saint-Germain gioca un calcio collettivo, nel quale tutti i giocatori sembrano sapere cosa fare. Commentando la recente vittoria del campionato francese, ottenuta con sei giornate di anticipo e senza perdere nemmeno una partita, il quotidiano sportivo L’Équipe ha elogiato l’intensità del contro-pressing (il tentativo cioè di riprendere subito la palla, una volta persa) e la qualità del possesso palla del Paris Saint-Germain. In un sistema di gioco sempre più consolidato e spettacolare, quasi tutti i calciatori stanno rendendo al meglio: contro l’Aston Villa il diciannovenne Désiré Doué e l’ex attaccante del Napoli Khvicha Kvaratskhelia hanno segnato due gol abbastanza eccezionali, mentre un altro attaccante, il francese Ousmane Dembélé, sta giocando la sua miglior stagione e ha già segnato 33 gol in tutte le competizioni.
Il modo in cui questi calciatori si stanno esprimendo sembra più la conseguenza della struttura che Luis Enrique ha costruito loro attorno: fino a due anni fa invece non era così. Dall’estate del 2011, quando era stato acquistato dal fondo sovrano del Qatar, il Paris Saint-Germain aveva cercato di affermarsi come squadra d’élite in Europa spendendo centinaia di milioni per acquistare i migliori calciatori in circolazione: Zlatan Ibrahimovic e Thiago Silva prima, poi Ángel Di María, Neymar, Mbappé e infine Lionel Messi e Sergio Ramos (e tanti altri in mezzo); l’obiettivo dei nuovi proprietari era diventare la squadra migliore di Francia e soprattutto vincere nelle competizioni europee in tempi brevi. Molto spesso però, anche nelle stagioni migliori (tra 2020 e 2021 giocò una finale e una semifinale di Champions League), il Paris Saint-Germain era sembrato sempre una squadra poco organizzata, che puntava molto sul talento dei suoi campioni, senza badare troppo a costruirsi un’identità di gioco.
Gli highlights della vittoria contro l’Aston Villa, nell’andata dei quarti di finale
Dal suo arrivo «Luis Enrique ha fedelmente aderito al principio secondo cui nessun giocatore o persona è al di sopra della squadra», si leggeva qualche tempo fa sul quotidiano sportivo spagnolo AS. Quando l’estate scorsa Mbappé se ne andò dopo aver segnato 256 gol in 308 partite con il Paris, Luis Enrique disse che la squadra sarebbe diventata più forte senza di lui: sembrava più una provocazione per sottolineare questo nuovo spirito di squadra, e invece è stato effettivamente così. Sono arrivati altri calciatori molto forti (e costosi) per sostituirlo, ma è migliorato soprattutto il gioco.
«Di gran lunga il simbolo più importante della ritrovata unità al PSG è, ovviamente, la squadra: un collettivo aggressivo e instancabile, capace di dominare gli avversari con e senza palla e in cui il pericolo può provenire da quasi tutti i calciatori», ha scritto prima della partita contro l’Aston Villa il sito sportivo The Athletic, secondo cui «raramente, se non mai, nell’era del fondo sovrano qatariota una squadra del PSG ha proiettato una simile immagine di forza collettiva».
Questo cambiamento è stato deciso con una strategia precisa dal club e Luis Enrique ne è diventato il principale fautore. Dopo i vari e dolorosi fallimenti in Champions League, la dirigenza ha abbandonato l’idea di dover acquistare tutti i migliori calciatori del momento e ha puntato su un progetto più a lungo termine, scegliendo un allenatore con idee definite e ambiziose e mettendolo nelle migliori condizioni di poterle sviluppare. Il Paris Saint-Germain sta comunque spendendo molti soldi: solo in questa stagione ha pagato quasi 240 milioni di euro per l’acquisto di nuovi calciatori, ed è sempre la squadra francese che paga nettamente di più per gli stipendi (il monte ingaggi totale, secondo il sito specializzato Capology, è di 197 milioni di euro, quasi il triplo della seconda squadra francese, il Marsiglia).

I dieci calciatori più pagati del campionato francese giocano tutti nel Paris Saint-Germain (Transfermarkt)
Ha speso però in modo diverso, acquistando giocatori giovani e adatti: la scorsa estate sono arrivati Doué dal Rennes, il centrocampista portoghese João Neves, 20 anni, dal Benfica, e il difensore ecuadoriano Willian Pacho, 23, dall’Eintracht. Dall’estate del 2022 il Paris Saint-Germain ha acquistato undici giocatori di massimo 22 anni e appena tre sopra i 26. Nel frattempo, sono entrati in prima squadra alcuni promettenti calciatori del vivaio come Senny Mayulu e soprattutto Warren Zaïre-Emery (sono entrambi del 2006) .
«A lungo liquidato e deriso come un gruppo irrimediabilmente squilibrato di singole superstar, è diventato una squadra rispettata per la straordinaria complessità del suo calcio e per l’umile brillantezza dei suoi giovani giocatori. Sussurratelo a bassa voce, ma come squadra alcuni osservatori neutrali hanno addirittura iniziato ad apprezzarli», ha sintetizzato The Athletic. Il riferimento è a come si stia modificando anche la percezione del Paris Saint-Germain, fino a poco tempo fa molto inviso alla maggior parte degli appassionati e dei commentatori, che trovavano un certo godimento nel veder fallire (o comunque non vincere la Champions League) una squadra tanto ricca quanto sconclusionata.
Il cambiamento peraltro non è avvenuto solo nel modo di affrontare il calciomercato e di assemblare la squadra, ma è stato più profondo e radicato. Il club ha cominciato puntare di più sulla sua identità francese e parigina: ha chiesto a calciatori e allenatore di sforzarsi di imparare il francese e, alla fine di ogni partita, di salutare e ringraziare i tifosi. Oggi gli ultras parigini, storicamente piuttosto calorosi ma diventati sempre più critici e distanti, percepiscono la squadra come molto più vicina, e a loro volta si sono molto riavvicinati. Anche il costosissimo e moderno centro sportivo inaugurato nell’estate del 2023 riflette la nuova mentalità: il presidente Nasser Al-Khelaïfi per esempio ha preteso che lo spogliatoio della squadra fosse di forma ovale, per favorire lo scambio e la vicinanza tra i giocatori.

Désiré Doué, 19 anni, e Bradley Barcola, 22 (Antonio Borga/Eurasia Sport Images/Getty Images)
Nella scorsa stagione, la prima con Luis Enrique, il Paris Saint-Germain ha vinto campionato, coppa e supercoppa di Francia, mentre in Champions League è arrivato fino alle semifinali, nelle quali è stato eliminato un po’ a sorpresa dal Borussia Dortmund, che era sfavorito. In questa stagione in Champions League, anche a causa del peggior sorteggio possibile, è partito molto male, vincendo solamente una delle prime cinque partite della fase campionato (il nuovo formato che ha sostituito la fase a gironi). Dopo la vittoria nella sesta partita contro il Salisburgo, la settima partita è stata quella della svolta, perché il Paris Saint-Germain stava perdendo 2-0 in casa contro il Manchester City e con quel risultato l’eliminazione sarebbe stata molto probabile. La squadra di Luis Enrique però aveva poi ribaltato il risultato e vinto 4-2.
Quella vittoria le ha dato probabilmente maggior consapevolezza e serenità nelle partite europee: da quel momento in Champions League ha vinto 4-1 contro lo Stoccarda, poi 3-0 e 7-0 contro il Brest ai playoff, mentre agli ottavi di finale ha eliminato il Liverpool, che fino a quel momento aveva vinto tutte le partite di Champions League ed era considerata tra le principali favorite della competizione, se non proprio la più accreditata per la vittoria finale. All’andata, pur giocando decisamente meglio del Liverpool, ha perso 1-0 in casa subendo gol nei minuti finali, e sembrava potesse accadere l’ennesima eliminazione amara e sfortunata; al ritorno però il Paris Saint-Germain, dimostrando ulteriori miglioramenti, ha vinto 1-0 a Liverpool e si è qualificato grazie ai tiri di rigore, nei quali è stato decisivo il suo portiere, l’italiano Gianluigi Donnarumma.
In generale comunque in queste due stagioni ci sono stati anche momenti complicati. Luis Enrique viene descritto da quasi tutti i commentatori come una persona molto seria, appassionata e brillante, ma anche spigolosa e ossessiva, con la quale non è facile avere a che fare. Il suo modo di giocare non sempre si è dimostrato efficace e ci sono stati anche alcuni contrasti con i calciatori; la vicenda di Dembélé è stata raccontata come esemplificativa dell’intransigenza ma anche della lungimiranza dell’allenatore spagnolo.
Lo scorso autunno infatti Luis Enrique decise di escludere Dembélé per un paio di partite dopo che era arrivato in ritardo a un allenamento; successivamente ha cominciato a farlo giocare in un nuovo ruolo, quello di falso centravanti, cioè attaccante centrale ma libero di spostarsi dove meglio crede in base allo sviluppo del gioco. Da quel momento Dembélé, che a 27 anni era considerato un talento incompiuto, è diventato uno dei giocatori più decisivi d’Europa.
In queste compilation sembrano sempre tutti fenomeni, ma Dembélé sta davvero dominando
Per Luis Enrique è stato insomma fondamentale avere tempo e spazio di trasmettere le sue idee alla squadra, e il Paris Saint-Germain glielo sta concedendo: il mese scorso Nasser Al-Khelaïfi aveva ammesso che il piano di vincere la Champions League entro cinque anni (come disse nel 2011 quando acquistò la squadra) fu un errore, e che adesso l’obiettivo non è vincerla a tutti i costi, ma essere competitivi, giocare in modo offensivo e divertente, creare una squadra per il futuro. Il sito sportivo Rivista Undici ci ha visto un’analogia con quanto fatto negli ultimi nove anni dal Manchester City con Pep Guardiola: una società ricchissima che ha dato massima fiducia e libertà di manovra a un allenatore che ha cambiato (e vinto) tutto.



