La perizia sul caso di Ramy Elgaml che ipotizza una responsabilità dei carabinieri
Il consulente della famiglia dice che poco prima dell'incidente la loro auto ha urtato lo scooter inseguito

Secondo una perizia commissionata dalla difesa della famiglia di Ramy Elgaml, il 19enne morto in un incidente durante un inseguimento dei carabinieri a Milano lo scorso 24 novembre, c’è stato un urto tra l’auto dei carabinieri e lo scooter su cui viaggiavano Elgaml e il suo amico Fares Bouzidi prima della caduta, all’incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta. L’urto, per il consulente tecnico Matteo Villaraggia, ha deviato la traiettoria dello scooter guidato da Bouzidi, che poi avrebbe frenato e perso il controllo del mezzo, cadendo all’altezza dell’incrocio in cui è morto Elgaml.
Un’altra perizia di parte, della procura, aveva invece escluso un urto prima della fase finale dell’incidente, e sostenuto che Elgaml non fosse morto per responsabilità dei carabinieri, ma per via dello scontro con il semaforo all’incrocio tra le due vie e della guida «pericolosa» di Bouzidi. Solo dopo lo scontro col semaforo ci sarebbe stato un contatto tra i due mezzi, e tra l’auto e il corpo di Elgaml, ritenuto inevitabile nonostante la frenata dell’auto dei carabinieri. Villaraggia nella sua perizia non è altrettanto netto nel sostenere la conclusione opposta, ma ipotizza che senza l’urto prima dell’incrocio lo scooter avrebbe potuto proseguire senza cadere.
Nelle sue osservazioni, depositate giovedì dall’avvocata della famiglia Elgaml Barbara Indovina, Villaraggia contesta diverse ricostruzioni della perizia della procura, svolta dall’ingegnere Domenico Romaniello. Villaraggia propone un esame diverso dell’incidente, più in linea con quello ricostruito nei verbali della polizia locale.
Secondo Romaniello il carabiniere alla guida dell’automobile che inseguiva Elgaml avrebbe seguito tutti i protocolli e si sarebbe comportato in maniera adeguata. Bouzidi al contrario avrebbe avuto una «guida spregiudicata ed estremamente pericolosa», che viene individuata come causa principale dell’incidente e della morte di Elgaml. Per Romaniello lo scooter di Bouzidi avrebbe tagliato la strada all’auto dei carabinieri all’ultimo, lasciando al conducente dell’auto meno di un secondo per frenare e cercare di evitare l’impatto, dopo lo scontro con il semaforo.
Se fosse andata così, in base alle simulazioni di Villaraggia fatte con diversi software, su entrambi i veicoli ci sarebbero danni diversi da quelli rilevati e anche le traiettorie dei due mezzi sarebbero differenti. Villaraggia sostiene quindi che il contatto tra i mezzi ci sia stato, e sia avvenuto «in prossimità del palo semaforico».

Un corteo per Ramy Elgaml a Torino, 9 gennaio 2025 (Andrea Alfano/LaPresse)
Secondo la perizia di Villaraggia l’urto tra i due mezzi è avvenuto prima dell’incrocio, in via Ripamonti, che i due veicoli stavano percorrendo in contromano. In quel momento l’auto e lo scooter erano quasi paralleli, come si vede nelle immagini riprese da una telecamera di videosorveglianza e inserite nelle osservazioni alla perizia. Nelle immagini si vede l’auto dei carabinieri spostarsi progressivamente a sinistra, verso lo scooter: a quel punto, scrive Villaraggia, ci sarebbe stata una collisione, definita «tangenziale» e «di lieve entità», che però avrebbe sospinto lo scooter a sinistra. In altre parole, l’urto non avrebbe fatto cadere lo scooter, ma ne avrebbe solo variato la traiettoria, e per questa ragione Bouzidi avrebbe frenato, cadendo subito dopo.
«Magari se il motociclo non fosse stato urtato dall’autoveicolo Alfa Romeo avrebbe proseguito mediante una traiettoria rettilinea, oltrepassando l’incrocio semaforizzato e proseguendo lungo via Ripamonti», ipotizza Villaraggia. L’incrocio con il semaforo è quello in cui è morto Ramy Elgaml.
A suffragare quello che si vede nelle immagini riprese dalla telecamera c’è anche un’analisi dei danni subiti dai due veicoli. Per Villaraggia l’analisi dimostra che i mezzi non si sarebbero scontrati nei punti individuati da Romaniello, e anche che l’angolazione dello scontro sarebbe molto più stretta (solo di 15 gradi invece che di 34 gradi, come sostenuto dalla perizia della procura).
Villaraggia scrive che non è possibile comunque ricostruire in modo dettagliato la dinamica dell’incidente perché mancano alcuni elementi, e perché non è stato fatto un test che avrebbe permesso di stabilire con più esattezza la posizione, la traiettoria e la velocità dei veicoli al momento dell’incidente.
Uno degli aspetti più gravi evidenziati da Villaraggia è che non è stato possibile ispezionare il palo del semaforo: farlo era fondamentale per verificare «l’eventuale urto tra il passeggero e il palo» e l’«eventuale deformazione generata al palo a causa dell’urto con l’autoveicolo». Sarebbe stato utile per capire, scrive il consulente, il modo in cui è caduto Ramy Elgaml e se l’auto dei carabinieri ne avrebbe travolto il corpo in ogni caso. Il palo però non è mai stato a disposizione: secondo fonti investigative dell’agenzia AGI il palo è stato smantellato e smaltito dall’AMSA, l’azienda che gestisce i rifiuti urbani a Milano, prima che qualcuno potesse esaminarlo. Anche gli abiti di Elgaml non sono disponibili.
Ramy Elgaml è morto nella notte tra sabato 23 e domenica 24 novembre. La sua morte aveva suscitato forti proteste soprattutto nel quartiere milanese dove Elgaml viveva, Corvetto. Due carabinieri avevano scritto nel verbale che Fares Bouzidi avrebbe evitato un posto di blocco e che da quel momento sarebbe iniziato un lungo e pericoloso inseguimento per le vie di Milano, che si è concluso con un incidente. I carabinieri sostengono che lo scooter sia scivolato da solo, mentre Bouzidi e un testimone avevano detto che c’era stato un impatto tra l’auto dei carabinieri e lo scooter.
Il carabiniere che guidava l’automobile dell’inseguimento e Bouzidi sono indagati per omicidio stradale. Altri due carabinieri sono indagati per falso in atto pubblico, per aver omesso dal verbale d’arresto l’impatto tra l’auto dei carabinieri e il motorino, e per depistaggio, per aver fatto cancellare un video ripreso da un testimone, come denunciato dal testimone stesso (una perizia della procura ha confermato che il video esisteva). Bouzidi è accusato anche di resistenza a pubblico ufficiale e il processo con rito abbreviato inizierà il 18 aprile. Infine, un mese e mezzo fa Bouzidi ha denunciato quattro carabinieri, che secondo lui lo avrebbero speronato durante l’inseguimento e avrebbero depistato le indagini.



