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  • Giovedì 27 marzo 2025

I due momenti molto diversi di Argentina e Brasile nel calcio

Dieci anni fa entrambe le nazionali erano in crisi, poi una ne è uscita e l’altra no: l’ultima partita lo ha mostrato bene

I giocatori di Argentina e Brasile discutono durante la partita di martedì 25 marzo, Buenos Aires, Argentina (Daniel Jayo/Getty Images)
I calciatori di Argentina e Brasile discutono durante la partita di martedì 25 marzo, Buenos Aires, Argentina (Daniel Jayo/Getty Images)
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Martedì sera la nazionale di calcio dell’Argentina ha battuto il Brasile 4-1 e si è qualificata così ai Mondiali maschili di calcio del 2026: l’ha fatto senza due dei suoi calciatori migliori, Lionel Messi e Lautaro Martínez, entrambi infortunati. Il Brasile, invece, è terzo nella classifica delle qualificazioni sudamericane ai Mondiali a 21 punti, gli stessi di Uruguay e Paraguay e dieci in meno dell’Argentina che è prima (al secondo posto c’è l’Ecuador, e andranno ai Mondiali le prime sei classificate).

La partita di martedì ha mostrato il grande divario che c’è da qualche anno tra il Brasile e l’Argentina, che sono in due momenti molto diversi della loro storia. Dieci anni fa entrambe le nazionali erano in crisi, a causa di una serie di sconfitte dolorose e inaspettate e dell’incapacità di gestire i propri calciatori migliori. Oggi l’Argentina ne è uscita del tutto e ha vinto gli ultimi tre tornei internazionali a cui ha partecipato, tra cui il Mondiale del 2022. Il Brasile, invece, non sembra avere ancora trovato la soluzione ai suoi molti problemi.

Le due squadre hanno una rivalità storica: sono le due nazionali di calcio più vincenti del continente americano e verso le quali, di conseguenza, i tifosi hanno sempre avuto aspettative molto alte. Per loro hanno giocato alcuni dei calciatori migliori della storia, i quali a loro volta sono stati oggetto di numerosi confronti: Pelé per il Brasile e Maradona per l’Argentina, anche se giocarono in epoche diverse, sono l’esempio più illustre. La partita è molto sentita dai calciatori e anche martedì ci sono state varie provocazioni tra di loro.

Il Mondiale del 2014 fu un evento di grosse delusioni per entrambe: il Brasile, che giocava in casa, perse 7-1 la semifinale contro la Germania, contro cui l’Argentina perse poi in finale per 1-0. Entrambe le squadre erano molto incostanti da anni (il Brasile non vinceva un mondiale dal 2002, l’Argentina dal 1986), ma pensavano di poter vincere il torneo: avevano d’altra parte squadre molto forti e alcuni dei calciatori migliori al mondo, su tutti Messi per l’Argentina e Neymar per il Brasile.

Dopo le sconfitte del Mondiale del 2014, sia l’Argentina che il Brasile cambiarono allenatore, senza successo. Nei primi anni successivi il Brasile non riuscì a qualificarsi per una finale di una competizione internazionale, se si escludono le Olimpiadi del 2016, a cui partecipò una selezione under-23 con Neymar come uno dei tre calciatori fuori età (in generale il torneo maschile di calcio alle Olimpiadi è tutta un’altra cosa). L’Argentina invece disputò tornei migliori, ma con esiti forse ancor più deludenti, perché perse altre due finali, cioè quelle del 2015 e del 2016 in Copa América, il torneo in cui solitamente giocano le nazionali sudamericane e alcune nazionali del Centro e del Nord America.

La conseguenza peggiore della crisi fu la decisione di Messi di ritirarsi dalla nazionale, annunciata dopo la sconfitta nella finale del 2016.

Nel 2016 entrambe le nazionali cambiarono di nuovo allenatore. Per qualche anno il Brasile sembrò aver fatto la scelta migliore: arrivò Tite, ex allenatore di diverse squadre brasiliane, che portò il Brasile a vincere la Copa América nel 2019 (non la vinceva dal 2007). L’Argentina invece scelse Edgardo Bauza, che ebbe il merito di convincere Messi a tornare in nazionale ma venne sostituito l’anno dopo da Jorge Sampaoli: anche lui fu poi licenziato, dopo l’eliminazione dell’Argentina ai Mondiali del 2018.

Per l’Argentina venne chiamato temporaneamente come allenatore Lionel Scaloni, il vice di Bauza, un ex calciatore che fino ad allora non aveva mai allenato alcuna squadra. Dopo qualche partita vinta, nel 2019 Scaloni venne confermato: con il senno di poi, fu una scelta molto azzeccata per l’Argentina. In quel momento sembrava essere in una situazione peggiore del Brasile, che da lì a poco avrebbe vinto la Copa América.

A differenza dei suoi predecessori, Scaloni portò avanti un progetto di ricostruzione della nazionale ragionato e paziente. Dal 2018 convocò in Argentina molti nuovi calciatori, tra i quali l’allora centrocampista dell’Udinese Rodrigo de Paul e il giovanissimo portiere Emiliano Martínez. Riuscì a formare un gruppo coeso fatto dai nuovi calciatori e da quelli che giocavano in nazionale da più tempo, primi tra tutti Lionel Messi o Ángel Di María. Diversi commentatori e addetti ai lavori hanno spesso sottolineato tra i pregi di Scaloni proprio la sua grande capacità di comunicare con i calciatori per creare un sistema di gioco in cui tutti si sentissero a proprio agio: lui stesso ha detto di non essere un allenatore che impone alcun sistema di gioco ai suoi calciatori.

La crisi dell’Argentina si può considerare finita a partire dal 2021, quando vinse la Copa América: fu anche il primo trofeo internazionale per Messi, che fino ad allora aveva vinto tutto con il Barcellona, ma ancora niente con la nazionale. Da allora, probabilmente anche grazie alla diminuzione della grossa pressione che c’era stata fino a quel momento, l’Argentina ha vinto il Mondiale del 2022, in cui il Brasile venne eliminato ai quarti di finale e Tite fu esonerato, e poi la Copa América del 2024.

Gli highlights della finale di Copa América del 2021, che si giocò senza tifosi per la pandemia

Il grande momento dell’Argentina è dovuto, insomma, in primo luogo alla grande abilità dell’allenatore di far giocare bene sia i nuovi arrivati, come i talentuosi centrocampisti Enzo Fernández e Alexis Mac Allister, sia i giocatori più storici, primo tra tutti Messi, che prima di Scaloni aveva spesso fatto fatica a giocare bene in nazionale. Il Brasile, che sulla carta non ha giocatori più deboli rispetto a quelli argentini (ci giocano per esempio Vinícius Jr. e Raphinha), negli ultimi anni non è riuscito a valorizzare i suoi giocatori più forti e rappresentativi come Neymar Jr. e Thiago Silva, e sembra ancora molto indietro nel processo di ricostruzione della squadra, anche per la mancanza di una guida tecnica definita.

Da quando se n’è andato Tite il Brasile ha già avuto tre allenatori: l’ultimo, Dorival Júnior, è arrivato dopo che era fallito in modo maldestro il tentativo della federazione brasiliana di assumere Carlo Ancelotti, l’allenatore italiano del Real Madrid. Ancelotti sarebbe stato probabilmente un’ottima scelta per il Brasile, dato che è un allenatore capace di creare un gruppo forte e coeso ed è considerato il migliore in circolazione nel mettere i calciatori talentuosi nelle condizioni di giocare al meglio: non a caso è uno degli allenatori a cui Scaloni dice di ispirarsi.

Ora mentre l’Argentina sta dominando le qualificazioni per i Mondiali del 2026 tra le nazionali sudamericane, il Brasile finora ha faticato. La vittoria per 2-1 di giovedì scorso contro la Colombia, ottenuta con un gol all’ultimo minuto, ha comunque migliorato la situazione: per qualificarsi gli basterà vincerà due delle quattro partite rimanenti

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