In Bosnia Erzegovina c’è una nuova grossa crisi
Con al centro il presidente della Republika Srpska, che dopo essere stato condannato da un tribunale bosniaco ha cominciato ad approvare leggi contrarie alla Costituzione

Negli ultimi giorni in Bosnia Erzegovina la situazione politica si è deteriorata, dopo che la scorsa settimana la Corte di stato aveva giudicato colpevole Milorad Dodik, il presidente della Republika Srpska, accusato di avere fatto resistenza nell’applicare le decisioni dell’Alto Rappresentante. La Republika Srpska è una delle due entità in cui è suddivisa la Bosnia Erzegovina, ed è abitata in prevalenza da serbi bosniaci; l’Alto Rappresentante è un funzionario internazionale incaricato di garantire il rispetto dell’accordo di pace che mise fine alla guerra degli anni Novanta, e che può prendere decisioni che hanno valore di legge.
Il 26 febbraio Dodik era stato condannato in primo grado a un anno di reclusione (che è possibile tramutare in una sanzione pecuniaria) e a sei anni di interdizione dagli incarichi pubblici. La sentenza non è definitiva, e quindi finora non ha prodotto alcun effetto legale. Ha avuto però notevoli conseguenze politiche, e sta generando una grossa crisi.
Dopo la sentenza, l’Assemblea nazionale della Republika Srpska ha approvato diverse leggi apertamente contrarie alla Costituzione bosniaca: nell’Assemblea, cioè il parlamento locale, il partito di Milorad Dodik, l’Alleanza dei Social-Democratici Indipendenti, ha una maggioranza piuttosto confortevole.
Tra le altre cose, queste leggi vietano alle istituzioni giudiziarie statali, tra cui la Corte e la Procura di Bosnia Erzegovina e l’Agenzia statale per l’Investigazione e la Protezione (SIPA, l’unica forza di polizia che opera in tutta la Bosnia), di operare in Republika Srpska. Altre leggi hanno creato un registro per le organizzazioni non governative, simile a quello che esiste in Russia; e altre ancora hanno obbligato i funzionari pubblici che risiedono in Republika Srpska e lavorano nelle istituzioni bosniache di rispettare le decisioni delle autorità della Republika Srpska. Se non lo fanno, rischiano il carcere.
Le leggi sono state approvate il 27 febbraio, subito dopo la sentenza, e sono entrate in vigore il 6 marzo. Secondo diversi esperti bosniaci, sarebbero un attacco diretto contro l’ordine costituzionale della Bosnia Erzegovina, ed equivarrebbero a “una quasi-secessione” dell’entità serba.
La struttura istituzionale della Bosnia Erzegovina è stata stabilita dall’accordo di pace di Dayton nel 1995, che di fatto ha creato una struttura molto complessa per garantire una specie di equilibrio tra i tre gruppi nazionali principali del paese (bosgnacchi, serbi e croati) che si erano combattuti durante la guerra: il paese è formato da due entità, la Republika Srpska e la Federazione di Bosnia Erzegovina (a sua volta formata da dieci cantoni), e da un distretto autonomo.
La maggior parte delle competenze è esercitata dalle entità, e nella Federazione dai cantoni, mentre il governo centrale è sempre stato piuttosto debole. Gli accordi di pace del 1995 gli riconoscevano pochissime competenze, sebbene nel corso degli anni sia riuscito a rafforzarsi anche grazie al sostegno della comunità internazionale e dell’Alto Rappresentante.
Negli anni, Milorad Dodik, un politico nazionalista e filorusso, ha dichiarato in più occasioni che il suo obiettivo è aumentare l’autonomia della Republika Srpska, ritornando alla situazione che esisteva nel 1995. Ha contestato l’autorità dell’Alto Rappresentante, l’attuale è Christian Schmidt, e minacciato più volte la secessione della Republika Srpska. Dodik non ha mai riconosciuto il potere della Corte di Bosnia Erzegovina e ha definito il processo contro di lui «una persecuzione politica». Subito dopo la sentenza, ha dichiarato che «la Bosnia Erzegovina non esiste più».
Negli anni è capitato diverse volte che le autorità della Republika Srpska entrassero in conflitto con l’autorità dello stato bosniaco.
Già da diversi mesi la Procura di Bosnia Erzegovina sta indagando Milorad Dodik con l’accusa di avere attaccato l’ordine costituzionale del paese. La Procura aveva chiesto a Dodik di presentarsi oggi, 7 marzo, per dare alcune dichiarazioni collegate all’accusa: Dodik però non si è presentato, e adesso teoricamente la Procura potrebbe chiederne l’arresto. Nei giorni scorsi, come effetto delle leggi approvate la scorsa settimana, il ministero dell’Interno della Republika Srpska aveva ordinato ai dipendenti della forza di polizia bosniaca provenienti dalla Republika Srpska di abbandonarla e di unirsi alla polizia locale. Diversi dipendenti lo hanno già fatto. Il ministero aveva anche ordinato alla polizia bosniaca di lasciare il territorio dell’entità.
Un diplomatico che lavora in Bosnia Erzegovina da diversi anni e conosce molto bene la situazione del paese ha detto al Post che questa crisi è diversa da altre simili che ci sono state in passato (il diplomatico ha voluto rimanere anonimo): «c’è una paura diffusa nella popolazione», anche se ha precisato che al momento dal suo punto di vista «non ci sono segnali» che la crisi possa mettere a rischio la sicurezza del paese. «Dodik al momento sta mobilitando tutte le risorse a sua disposizione per riuscire a sopravvivere politicamente: facendo questo ha approvato delle leggi che sono apertamente contrarie alla Costituzione, e che configurano una secessione di fatto».
Secondo diversi osservatori, è probabile che la crisi attuale dipenda anche dagli atteggiamenti della nuova amministrazione statunitense di Donald Trump, che si sta avvicinando alla Russia e sta mettendo in discussione le posizioni della politica estera degli Stati Uniti.
Dall’indipendenza della Bosnia Erzegovina nel 1991, gli Stati Uniti hanno sempre sostenuto l’autorità del governo centrale di Sarajevo e quella dell’Alto Rappresentante: non è chiaro, però, se in futuro continueranno questa politica, ha spiegato un altro diplomatico che lavora in Bosnia Erzegovina (anche lui ha voluto rimanere anonimo), notando che «nelle ultime settimane l’ordine internazionale è stato messo abbastanza sottosopra» e che l’attuale crisi in Bosnia Erzegovina potrebbe essere un tentativo da parte di Dodik di approfittare della confusione.



